lunedì 2 dicembre 2013

Il NOM: un gigante dai piedi d'argilla



Questo articolo potrebbe sembrare a qualcuno come l'ingenuo tentativo di guardarsi allo specchio dicendosi “sei forte, ce la farai” per farsi coraggio solo perché si ha razionalmente poco cui appigliarsi.
E in parte lo scopo è anche questo.
Tuttavia la funzionalità dell'analisi che segue quale training autogeno di massa sta a valle, e non a monte, di una situazione soggettiva della quale occorre prendere atto perché, fortunatamente, le notizie non sono sempre cattive.

La costituzione di un Nuovo Ordine Mondiale fondato su un superstato globale unitario e totalitario, processo allo stesso tempo compiuto ma in divenire nel suo perfezionamento, vive oggi al suo interno due apparenti contraddizioni che si spiegano in realtà con una difficoltà strategica nel perseguire il progetto. Una difficoltà, si badi bene, dovuta più a fattori endogeni che ad una resistenza interna ancora olografica.

La prima situazione vissuta all'interno del NOM è chiaramente l'inasprimento della cattiveria e della repressione al proprio interno. Questa ulteriore accelerazione totalitaria, contraria alla stessa teoria del totalitarismo per gradi di liberale fattura, sta prendendo forma sia a livello legale che culturale e mediatico. In Europa abbiamo vissuto negli ultimi due anni il varo di provvedimenti come il Fiscal Compact, il MES e l'istituzione della Eurogenfor, di natura economica i primi due e poliziesca il secondo. A livello mediatico invece si ripetono sempre più mantra tanto assillanti da essere ormai appena percepiti quali “ce lo chiede l'Europa”, “non c'è alternativa” o “la globalizzazione non si può contrastare ma solo governare”. Culturalmente la fornace della filmografia specialmente hollywoodiana sta producendo a ritmi serrati film di una portata propagandistica assolutamente infantile che mirano a riproporre nella mente assuefatta degli spettatori luoghi comuni e fantasmi antichi quanto la nostra scuola e lo stesso dicasi per il piccolo schermo, dove trasmissioni e serie tv hanno mutato il linguaggio impoverendolo nei dialoghi e nelle presentazioni così da fornire sempre e con pochi termini da “neolingua” la stessa proiezione della realtà. Non si dimentichi inoltre l'ultimo ritrovato dell'ingegneria sociale mondialista ossia la strumentalizzazione dell'emancipazione degli omosessuali, una causa che, giusta nelle sue origini come legittima rivendicazione di diritti di coppia, è ora degenerata in un fuoco incrociato contro ogni struttura familiare, legislativa e nazionale allo scopo non di promuovere la tranquilla esistenza di coppie omosessuali riconosciute al loro interno, quanto di atomizzare ogni livello sociale in modo irreversibile e chissà, un domani, avere sotto controllo in provetta ogni bambino concepito1. Il favoreggiamento dei diritti dei gay contro la legislazione per una famiglia normale è diventato pretesto di attacco a quella parte del mondo che ancora non vuole prendere ordini dal Rockefeller Center.

Fin qui le – apparenti – cattive notizie, perché le buone novelle qui di seguito getteranno una nuova luce anche su quanto già scritto.
Se al proprio interno il dominio globalista si sta facendo sempre più duro è altrettanto vero che nell'ultimo decennio ha incassato all'esterno sonore sconfitte dai suoi avversari dopo settant'anni di avanzate apparentemente incontrastabili. E prima di rispondere alle osservazioni che seguiranno con l'ironia di chi vuole derubricare queste sconfitte a frenate insignificanti (il che implicherebbe comunque l'ammissione che un governo globalista è effettivamente in divenire e che qualche nazione sovrana lo sta contrastando...) è bene ricordare che in passato potenti imperi come quello romano o l'Unione Sovietica sono crollati dopo pochi anni di apparentemente secondarie sconfitte contingenti le quali in realtà costituivano l'accelerazione verso un tracollo le cui cause invisibili erano maturate decenni addietro.
Lungo il limes dell'Eurasia, ossia quella che per decenni è stata la principale preda geopolitica del Nuovo Ordine Mondiale e nella quale non a caso sono situati i suoi principali avversari (non raramente indicati dall'Occidente come “stati canaglia”) sempre più paesi hanno contrapposto agli Usa e agli alleati dell'OTAN un'efficace resistenza militare, battendo il nemico proprio là dove sembrava invincibile. Ma anche dal punto di vista della tenuta interna di sistemi e regimi rispetto alle infiltrazioni e alle destabilizzazioni promosse dagli Usa e dall'Occidente in generale i risultati sono stati estremamente positivi. Dopo la vittoria alle presidenziali del 2010 di Victor Janucovic e la decisa svolta filorussa di questi giorni, l'Ucraina sta rientrando nella sfera d'influenza di Mosca dopo la pericolosa infiltrazione colorata manovrata da Washington. Anche la crisi nordcoreana, nonostante permanga la pericolosa esposizione di Pyongyang a un'invasione dal sud, si è risolta dando probabilmente al Nord il tempo sufficiente a un drastico rilancio dello stato popolare. In Iraq e Afghanistan, nonostante la permanenza di un'occupazione militare OTAN, la disfatta militare occidentale si fa sempre più evidente nelle perdite umane, economiche, nella graduale perdita di controllo del territorio e soprattutto nella legittimazione de facto di quelli che erano un tempo nemici da cancellare anche dal vocabolario, i Taliban2. La tenuta del sistema in Iran è stata tanto disarmante per gli Usa e i loro alleati-sudditi da costringerli a rivedere drasticamente la propria politica verso Teheran e, dopo un'iniziale tentazione per l'opzione militare, l'Occidente è stato costretto dalle circostanze a più miti consigli e alla trattativa sul nucleare iraniano. L'elezione alla presidenza di Rohani, il quale con perizia e abilità sta portando avanti quella che è stata in sostanza la medesima politica di Ahmadinejead3, ha permesso a Obama e agli americani di salvare la faccia sostenendo mediaticamente che con il nuovo presidente il dialogo fosse possibile, quando la realtà è che gli iraniani sono sempre stati aperti a questa possibilità, ciò che è cambiato è che l'Occidente non è più nella posizione di rischiare un intervento militare e ha trovato giusto il modo per nascondere questa marcia indietro. In Siria dopo che tutto sembrava giocare contro Assad – dalla preponderanza di mezzi per i terroristi foraggiati da israele, Usa e Arabia Saudita, all'apparente inattività di Russia e Cina – dal 2011 a oggi la situazione è drasticamente ribaltata e l'esercito regolare, pur tra difficoltà contingenti, sta inesorabilmente recuperando al legittimo governo il controllo del paese. L'aver provocato un drammatico esodo di profughi e la messa in scena di un attacco chimico da attribuire schizofrenicamente al governo di Assad, si sono ritorti mediaticamente contro gli americani stessi, maldestri più che mai nell'impacchettare la notizia e impreparati alla collaborazione militare che la Marina russa ha fornito ai siriani nel proteggere il proprio spazio aereo.

Ma dove il disegno globalista sta maggiormente fallendo, sebbene nell'immediato non sembri essere questa la chiave di lettura principale, è l'Egitto. Anche qui movimenti eterodiretti da oltreoceano avevano tentato di incanalare l'effettivo dissenso al vecchio Quisling Mubarak per rimpiazzarlo con un regime democratico altrettanto filoccidentale ma senza l'esposizione mediatica di un dittatore. Archiviata la stagione delle cosidette Primavere arabe, ciò che oggi sorprende non è tanto il sostanziale fallimento del progetto globalista sull'Egitto quanto il fatto che il tentativo di incanalare in una determinata direzione il dissenso a Mubarak abbia finito sul lungo periodo per portare al potere un'autocrazia militare che a fronte dello scetticismo di Washington si sta appoggiando sempre più esplicitamente alla Federazione Russa4. In sintesi, l'America ha dato vita a una sommossa politica perché ne nascesse un governo proprio vassallo e sta ottenendo l'esatto opposto.

La chiara perdita di potere all'esterno e la cattiveria sempre più marcata all'interno sono i chiari segni distintivi di un concorrente che sta perdendo forze e si sente sempre più messo all'angolo. Consapevole delle proprie forze in calo, un giocatore in queste condizioni non può fare altro che spremere rabbiosamente quanto è sotto il suo controllo sperando che nulla gli sfugga dalle mani e soprattutto che gli antagonisti esterni, fuor di metafora, Russia, Cina, Iran, non guadagnino forza sufficiente a far crollare da fuori il gigante dai piedi d'argilla.


1http://www.statopotenza.eu/8954/geosessualita-del-mondo-moderno
2http://www.massimofini.it/articoli/e-adesso-gli-usa-trattano-la-pace-con-i-criminali-talebani
3http://www.statopotenza.eu/9058/rohuani-apologia-di-un-intransigente-che-la-sa-lunga
4http://www.statopotenza.eu/9151/il-capo-dellintelligence-russa-arriva-al-cairo; http://italian.ruvr.ru/2013_11_11/L-Egitto-chiede-di-nuovo-armi-alla-Russia/

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Alcune osservazioni in merito.

1)Il cosiddetto nuovo ordine momdiale, che prelude ad un "governo mondiale" neocapitalistico unificantore del mondo, non mi sembra proprio alle corde, nonstanete una perdita di potenza da parte degli usa. L'unione europoide è ancora in piedi e funziona lo strumento di dominio e oppressione dell'euro. L'esperimento europeo, vero volto degli "stati uniti d'europa", postula la costituzione di un governo sopranazionale europoide sottratto completamente alla volontà dei popoli e delle nazioni. Fino ad ora, l'"esperimento" elitistico-europoide non ha incontrato ostacoli di rilievo. Ottimo banco di prova per un futuro governo mondiale. Con moneta unica e privata, come l'euro? Che probabilmente non sarà né l'euro né il dollaro ...

2) Toglierei la Cina dalla lista dei "buoni". La Cina è l'alfiere della globalizzazione economica, avendo costruito le sue fortune, oltre che sulla "joint-venture" con il grande capitale finanziario occiedentale e sullo sfruttamento del lavoro di oltre un miliardo di dominati, sulle produzioni di bassa qualità e a basso costo per l'esportazione. La Cina è un truce esempio di creatura neocapitalistica, di schiavizzazione del lavoro, di distruzione dell'ambiente.

3) La questione dell'Egitto. I militari sono al potere, in Egitto, dal 1952, anno in cui il giovane re filo-albionico ha abbandonato e se n'è andato a vivere in Europa in cambio di un ricco vitalizio (concessogli dai militari stessi). Nel 1953 è stato raggiunto dal figlioletto perchè i militari hanno abolito anche la monarchia costituzionale. I militari egiziani di oggi, cioè gli "eredi" dei Liberi Ufficiali di Naguib e Sadat, si sono semplicemente ripresi il potere ("vendicando" Tantawi) temporaneamente occupato dai pessimi fratelli mussulmani. L'Egitto è sicuramente importante, ma non decisivo a livello mondiale. E' importante per il cosiddetto mondo arabo, del quale costituisce ancora oggi la prima potenza, il centro, il discrimine fra Magrheb (occidente)e Mashrek (oriente).

Cari saluti

Eugenio Orso

Simone ha detto...

@ Eugenio

L'analisi che ho fatto è abbastanza precisa e indicavo come migliori motivi di fiducia più la resistenza esterna che quella interna. All'interno noto appunto i segni di un arrabbiatura di chi non si sente più tanto sicuro perché, come in questo caso, non ci si riesce più a imporre all'esterno.

Per quanto riguarda la Cina dobbiamo chiarire che anti-NOM non significa necessariamente "buono", al limite "utile". La Cina incarna oggi un modello capitalista con dirigismo statale e globalizzazione quale vettore della propria influenza economica nel mondo e in questo le premesse lasscerebbero intravedere una sua diarchia con gli USA. Per certi aspetti quanto detto sulla Cina vale anche per la Russia di Putin che non è per noi certo un modello politico da imitare. Ma mquesti paesi hanno una caratteristica che l'Occidente non ha: la SOVRANITA'.
Nessuno dice a Pechino, o a Mosca, quale deve essere l'agenda politica da seguire perché in quei paesi la politica ha ancora il primato. Fino a quando questo starà in piedi ci sarà la possibilità che in Cina (e, ripeto, in Russia) salga al potere un governo di nuovo tipo magari di posizioni antagoniste simili alle nostre. Questo, in Europa o negli USA, non puà strutturalmente accadere per le ragioni che sappiamo.

Sull'Egitto, come indicavano settimane fa gli amici di Stato & Potenza, spesso esistono anche le contraddizioni ed ecco che l'esercito, tradizionale alleato degli USA, dopo una defecazione colorata a guida americana prende il potere e inizia a fare mosse filo-russe proprio mentre gli USA si impantanano nell'area anche sulla questione siriana: qualcosa deve pur dire.
Se l'Asse della Resistenza, Iran-Siria-Hezbollah guadagnasse anche l'Egitto contro i camerieri di israele, Arabia Esaurita, Qatar e compagnia bella, i giochi si farebbero estremamente interessanti.