Vi è stato probabilmente
un tempo, in qualche luogo del mondo, in cui la guerra ha avuto una
sua morale, quand'anche fosse combattuta da uomini in larga parte
immorali.
La tipologia di guerra
contemporanea, combattuta avendo sullo sfondo il capitalismo
anglosassone, è per definizione qualcosa che non può includere
alcuna componente che non sia squisitamente materiale. Dalle
motivazioni che la generano alle strategie con le quali è combattuta
sul campo, la guerra capitalista non lascia spazio ad alcuna
componente etica mentre ogni singola sfaccettatura è il frutto di un
mero calcolo razionalista.
E non potrebbe essere
diversamente se si considera che la guerra, così come la società
occidentale che la promuove e come lo stesso sistema capitalista,
altro non è che uno dei prodotti di quell'illuminismo (il minuscolo
non è un errore di battitura) che ha scomposto le ancestrali
componenti emotive della Persona per lasciare il posto a un Individuo
costituito da razionalità pura.
Una razionalità
asservita al potere.
Questa distorsione ha
portato l'Occidente a combattere conflitti che nell'esasperare il
razionalismo al servizio del capitale hanno del tutto perso di vista
la semplice logica portando gli stati promotori di queste
guerre a enormi perdite economiche laddove uno dei motivi per cui le
guerre erano intraprese (ufficioso e sottaciuto per i falchi,
ufficiale e condannato per le colombe) era proprio l'opportunità di
fare guadagni coinvolgendo grandi aziende nazionali nei conflitti.
Per esempio paesi come
gli Stati Uniti e i loro coatti alleati hanno intrapreso le avventure
militari in Afghanistan (2001) e Iraq (2004) non tanto per aggiungere
un tassello alla presunta “lotta al terrorismo” quanto per
compiacere proprie aziende militari e civili1
che avrebbero beneficiato delle enormi spese pubbliche in armamenti e
ricostruzione per fare grandi guadagni e, indirettamente, portare
beneficio alle economie nazionali in genere.
Una simile motivazione
oltre a mancare di morale fin dalle premesse (scatenare una guerra
per promuovere il proprio sviluppo economico non è certo la via
migliore per guadagnarsi il Paradiso) pecca di logica anche negli
sviluppi dell'azione e lo si può dedurre esaminando poche cifre
intorno ai conflitti di cui si è parlato.
La guerra all'Afghanistan
aveva lo scopo di rimuovere il regime dei Taliban contrario alla
realizzazione di un gasdotto da parte della compagnia statunitense
Unocal, e consentire a quest'ultima di portare avanti il proprio
lavoro una volta insediato a Kabul un amministratore delegato per
conto della Casa Bianca.
Se il progetto è
sostanzialmente fallito, i danni economici rimangono a dispetto delle
intenzioni iniziali. La guerra in Afghanistan ha presentato un conto
sempre crescente che ha toccato i 190 miliardi di dollari tra il 2001
e il 2010 per i soli Stati Uniti, con un picco di 105 miliardi nel
solo 2010. Se riconsideriamo le motivazioni ufficiose della campagna
(consentire alla Unocal di costruire il proprio gasdotto) sarebbe
logico credere che la compagnia in questione abbia ricavato dalla
guerra un giro d'affari superiore ai costi del conflitto facendo
quindi in modo che il gioco valesse la candela.
Così non è stato,
almeno sullo scenario afghano, mentre i costi del conflitto
continueranno ad aumentare sia in relazione delle forze militari
presenti che delle spese indirette gravanti oggi e negli anni a
venire sul bilancio federale USA (pensioni ai militari, spese
sanitarie per i reduci, interessi sul debito pubblico2
contratto per finanziare la guerra) tanto che alcuni esperti, pur
nelle difficoltà di scorporare le spese per l'Afghanistan a da
quelle per l'Iraq, hanno calcolato un costo finale e complessivo dei
due conflitti di 3.700 miliardi di dollari entro il 20203.
Basta considerare che
l'attuale debito pubblico USA ha superato i 16.000 miliardi di
dollari4
per rendersi conto del peso che questo conflitto ha avuto nella
costruzione dell'attuale crisi economica e finanziaria a stelle e
strisce e, di conseguenza, in tutto l'Occidente a guida americana.
Di contro, anche
ammettendo che a parte la già citata Unocal, altre corporations
statunitensi possono aver beneficiato delle spese di guerra facendo
cadere dal tavolo qualche briciola a favore dei propri lavoratori e
del resto dell'economia, appare chiaro che i denari investiti nel
conflitto non hanno generato alcun ritorno economico strategico e
appaiono invece come un drammatico regalo a pochi potentati
economici.
Se ne conclude che le
presunte motivazioni economiche di una guerra non sono di per sé
sufficienti a giustificarla ma vanno riviste in modo più profondo. I
paesi occidentali sono disposti a entrare in una guerra spendendo 100
per far sì che le proprie oligarchie economiche ricavino anche solo
50. La differenza la pagheranno i cittadini col proprio lavoro
adeguatamente tassato e le vittime del conflitto attraverso un
rinnovato sfruttamento delle risorse del proprio paese.
La domanda che ne
consegue avrà il sapore della retorica per chi la leggerà da una
prospettiva capitalista e illuminista, ossia la stessa prospettiva
che ha portato a combattere guerre assurde anche da un punto di vista
meramente economico.
E invece si tratta di un interrogativo
assolutamente tecnico che ben dovrebbe comprendere chi ha fatto del
calcolo l'unico criterio di valutazione del bene e del male.
Stabilito che se gli Stati Uniti, e i loro alleati a ruota, hanno
potuto stanziare fondi stratosferici per combattere queste guerre ciò
significa che tali risorse esistevano, fossero reali o frutto di un
indebitamento pubblico. E allora, spendere per spendere con la
speranza di rilanciare l'economia, non sarebbe stato meglio gettare
questi soldi letteralmente fuori della finestra regalandoli ai
cittadini e alle aziende affinché se ne servissero risparmiandoci il
doloroso passaggio di una guerra?
1
La vecchia sinistra europea avrebbe parlato anche di “complesso
militare-industriale”
2A
proposito si potrebbe aggiungere il problema del signoraggio
primario, per cui negli USA l'emissione di dollari necessari a
finanziare investimenti pubblici genera automaticamente debito.
3http://www.osservatorioafghanistan.org/2011/07/i-costi-della-guerra-in-afghanistan-iraq-e-pakistan/
4http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-11-07/debito-pubblico-superato-trilioni-220411.shtml?uuid=Abcb100G
4 commenti:
sono doppiamente vigliacchi poichè tenendo una buona sacca di povertà interna e senza assistenza sanitaria, con l'esercito si sistemano un po' di persone e così lo sciacallaggio è doppio all'esterno contro gli altri popoli e all'interno sfruttando anche la propria popolazione: c'è anche la canzone: http://www.youtube.com/watch?v=MaiCuSTwg24
Assolutamente. Infatti buona parte dei soldati italiani, ad esempio, sono giovani meridionali senza fiducia nel futuro mentre l'esercito USA è composto in larga parte da afroamericani dei quartieri poveri, ispanici e spesso da immigrati dotati della semplce Carta Verde che col servizio militare vogliono guadagnarsi proprio la cittadinanza.
Saluto tutti.
Per quanto mi riguarda le tipologie di guerra neocapitalistica sono almeno due. Si tratta di conflitti condotti parallelamente:
1) Guerra sociale interna contro i dominati e i lavoratori, in corso da almeno vent'anni. Il risultato è la de-emancipazione di massa e il trasferimento di risorse sempre più ingenti dal lavoro al capitale (finanziario). Questa guerra non si vale dei tradizionali strumenti, ma dei media, del giuslavorismo complice, del lavoro precario capillarmente diffuso (svalutazione economica e culturale del lavoro), del gioco d’azzardo di massa (abbondanza di slot ovunque), della droga, degli psicofarmaci, del consumo di cibo-spazzatura (nel quadro di una generale diminuzione dell’essere umano), eccetera, eccetera. In questa guerra i bombardamenti sono propagandistici, pubblicitari. Ci sono i morti, ma sono coloro che si sopprimono per ragioni economiche, quelli che in esplosioni di follia individuale sterminano la famiglia e poi si ammazzano, e via elencando. La guerra sociale interna – condotta dagli agenti strategici neocapitalistici e dai loro “sgherri” nei cosiddetti paesi ricchi (oggi almeno in parte ex-ricchi) – è a senso unico, perché le élite global-finanziarie hanno da qualche tempo acquisito il monopolio della (vecchia) lotta di classe. Le masse sono in buona parte inerti e subiscono (almeno per ora) senza reagire, oppure reagendo in modo frammentato e insufficiente, non mettendo veramente in pericolo il sistema. Questo discorso, com’è ovvio, non riguarda solo l’Italia.
2) Guerra tradizionale, di conquista e di origine “imperialista”, combattuta con strumenti militari, per piegare i paesi ribelli (e i loro governi) fuori dal cerchio più interno del “mondo globalizzato e neocapitalistico”. Afghanistan, Iraq, Libia ne sono altrettanti esempi. In Siria ci sono mercenari infiltrati, armati anche dai globalisti occidentali (gli altri “padrini” sono le monarchie arabo-islamiche del golfo e gli israeliano-sionisti), che stanno sconquassando quel piccolo paese.
Ri-saluti
Eugenio Orso
@ Eugenio
I tuoi commenti implementano l'articolo in modo prezioso. Ovviamente quanto dici rientra più nell'ambito di una sorta di guerra sociologica, una paralisi cerebrale indotta e a mio avviso un vero tentativo di far involvere biologicamente la razza umana, combinando questa guerra con pratiche quali vaccinazioni e scie chimiche (bio e geoingegneria).
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