Siria,
una guerra alla capacità critica?
Il probabile attacco militare che
l'Occidente si prepara a sferrare contro la Siria, "coerente"
seguito all'attacco terroristico già in corso d'opera dal 20111,
racchiude elementi inquietanti sulla capacità critica dell'opinione
pubblica occidentale a percepire ed analizzare la logica e la
successione degli eventi.
E' tutt'altro che raro, nella
storia dell'Europa e degli Stati Uniti in particolare ma di tutti i
popoli del mondo in generale, che l'opinione pubblica di un paese
percepisca i fatti di contesti lontani in modo parziale, vuoi per la
tendenza di chi riceve l'informazione, tutto sommato naturale,
a voler aggiustare gli accadimenti in modo da sentirsi dalla parte
della ragione, vuoi per una distorsione volutamente applicata da chi
produce l'informazione al fine di compattare i destinatari
della stessa intorno a una causa cara al [presunto] interesse
nazionale.
Lo studio della storia permette
spesso di guardare indietro di anni a un determinato evento con una
prospettiva diversa e forse più onesta e ragionevole rispetto a chi
quell'evento lo aveva vissuto a caldo e senza spazi di discussione
adeguata, ragion per cui diventa più facile, grazie a un libro o
alla raccolta di documenti a posteriori, farsi di un accadimento
storico un'opinione del tutto differente rispetto a chi
quell'accadimento lo aveva vissuto pur trovandosi dallo stesso lato
della barricata. Per fare un esempio è abbastanza facile che un
russo dei nostri tempi esprima un giudizio negativo sull'aggressione
sovietica alla Finlandia del 1939-40 e che un sudafricano bianco di
oggi condanni il regime dell'apartheid attuato in passato nel suo
paese in quanto il russo e il sudafricano di oggi hanno a
disposizione elementi tali da conferire loro una possibilità di un
giudizio maggiormente ponderato su quei fatti rispetto ai loro
omologhi del passato che possono essere stati favorevoli vuoi
all'aggressione contro la Finlandia piuttosto che alla ghettizzazione
dei sudafricani neri.
Ciò che sorprende è che, a
dispetto delle lezioni accumulate e delle esperienze dirette che i
cittadini occidentali hanno fatto in questi ultimi anni in campo di
eventi drammatici, alla maggior capacità di ponderare i giudizi sul
passato non faccia seguito una maggior lucidità, o perlomeno una
maggior prudenza, nel ponderare i giudizi sul presente. Ciò che
accade, e come anticipato la Siria ne da un clamoroso esempio, è un
reiterare l'antico errore umano di giudicare un fatto troppo
frettolosamente per poi accorgersi ad anni di distanza di aver
commesso un tragico sbaglio quando, alla luce del retaggio storico e
delle capacità e della cultura acquisite, si sarebbe fin dall'inizio
potuto maturare un'idea ben più consona.
Per esempio la maggior parte di
coloro che stanno leggendo si ricorderanno della Guerra del Golfo del
1991 o almeno avranno studiato quel conflitto inquadrandolo come
evento contemporaneo a noi estremamente vicino.
All'epoca l'opinione pubblica
europea e nordamericana era schierata in modo quasi monolitico a
favore della guerra all'Iraq per motivazioni basilari ufficiali,
ossia la necessità di scacciare un nemico, Saddam Hussein, che aveva
invaso senza alcuna giustificazione lo stato sovrano del Kuwait. Nel
corso di questa occupazione inoltre gli iraqeni si sarebbero
macchiati di crimini terribili, cosa che ancor di più pesava a
favore di un intervento armato di vasta proporzione.
Il passare degli anni ha portato
alla luce in primo luogo la povertà di quelle motivazioni e messo in
rilievo le vere ragioni del conflitto da parte occidentale, quali la
necessità di preservare il petrolio del Kuwait, salvaguardare il
ruolo filo-occidentale dell'Arabia Saudita nel Golfo Persico e
impedire la risoluzione del contenzioso sullo Shatt-el-Arab tra Iraq
e Iran scongiurando così un pericoloso asse Baghdad-Teheran.
Inoltre sono emerse con grande
imbarazzo dell'Occidente le oggettive ragioni dell'Iraq,
comprensibilmente indispettito dalle probabili trivellazioni oblique
di uno stato confinante ostile volte a spillare (o meglio, rubare)
petrolio dai pozzi iraqeni2
e sulle quali la comunità internazionale non si espresse. Le accuse
di crimini perpetrati dai soldati di Baghdad contro il Kuwait si sono
inoltre rivelate essere falsità accuratamente artefatte dagli
alleati prima della campagna militare3.
A distanza di qualche anno,
immemore di questa terribile gaffe che la portò a schierarsi dalla
parte sbagliata, l'opinione pubblica dell'Occidente ha ripetuto il
medesimo errore sia prendendo posizione contro l'Afghanistan (2001)
che nuovamente contro l'Iraq nella seconda guerra a quel paese
(2003).
In entrambi i casi si credette
frettolosamente alle motivazioni ufficiali dei conflitti accettando
l'immagine di quei paesi quali sostenitori del terrorismo
internazionale islamico e potenzialmente in grado di lenire
ulteriormente l'incolumità dei paesi occidentali.
Pochi anni dopo gli elementi
emersi hanno ampiamente documentato che non solo l'Afghanistan dei
Taliban e l'Iraq di Saddam Hussein erano ben lontani dall'essere un
santuario del terrorismo, ma che addirittura quest'ultimo altro non
era che uno strumento diretto da apparati dell'Occidente stesso al
fine di destabilizzare il Medioriente4.
In ordine di tempo l'esempio
storico più vicino sul quale basare le proprie riflessioni è
costituito dalla guerra contro la Libia di Muhammar Gheddafi e la sua
Giamahiria. Se negli esempi citati in precedenza è stato necessario
qualche anno di sedimentazione e raccolta delle informazioni per
capire come la realtà fosse drasticamente diversa rispetto a quanto
ufficialmente raccontato mentre gli eventi si svolgevano, nel caso
della Libia sin dall'inizio si è avuta ben chiara la sensazione che
qualcosa non andasse e che il quadro ufficiale fosse un barcollante
castello di falsità tra le cui mura sono fin da subito filtrate le
verità oggettive della situazione sul campo. Rispetto a quanto si è
raccontato sui giornali e le tv in quei mesi del 2011, e che verrà
riportato sui libri di storia, sin da subito si è in realtà capito
che la sommossa armata contro Gheddafi era stata integralmente
portata avanti da mercenari stranieri5
i cui unici sponsor locali erano un manipolo di estremisti islamici o
nostalgici della monarchia pre-rivoluzionaria. La OTAN aveva
giustificato il proprio intervento militare con la necessità di
proteggere la popolazione libica dalla ferocia della repressione del
regime di Gheddafi quando in realtà era sin troppo chiaro che quella
popolazione libica che si voleva proteggere era invece compattamente
schierata dalla parte del Colonnello e che la OTAN stava invece
spingendo per un regime change favorevole agli interessi
petroliferi, strategici e di governance mondialista dei propri
membri.
Con un simile bagaglio di
esperienze storiche alle spalle, alcune delle quali recentissime, la
capacità di giudizio di un'opinione pubblica dovrebbe essersi fatta
particolarmente acuta, sottile, impossibile da ingannare a meno di
clamorose maccinazioni.
E invece oggi, nonostante la
potenziale capacità critica acquisita, la memoria del passato
recente e non, il ventaglio di informazioni disponibili, la pubblica
opinione occidentale si appresta a commettere un altro drammatico
errore avallando un prossimo intervento militare contro la Siria
socialista. Tutti sappiamo ormai che le informazioni forniteci dai
promotori di un conflitto nelle fasi che precedono lo stesso si
rivelano nel tempo menzogne artefatte: Iraq, Afghanistan e Libia
docent. A questo si aggiunga che già oggi, senza che sia
necessaria una riflessione per i prossimi anni, si sa con certezza
che in Siria non è in atto alcuna guerra civile tra lealisti e
ribelli, ma una guerra tra siriani e infiltrati stranieri6
in cui i primi cercano legittimamente di reprimere i secondi, agenti
di un potere estero che ha sin qui cercato con la violenza di
scalzare un governo scomodo alla propria agenda. Nemmeno reggono le
giustificazioni di tipo umanitario, del resto già utilizzate e poi
smentite sia nel contesto iraqeno che in quello libico, a proposito
di un presunto utilizzo di armi chimiche da parte dell'esercito
siriano in una fase del conflitto in questo si trova in netta
posizione di forza7.
Terminata la carrellata dei
retaggi storico-culturale che nella normalità dovrebbe portare alla
costruzione di opinioni in una certa direzione, occorre prendere atto
che questo purtroppo non avviene e dall'umano errare si cade
nel diabolico perseverare. Ma un aspetto ancora più
inquietante è che l'opinione pubblica occidentale sembra aver
sviluppato un anticorpo semplice ma efficiace a queste tragiche e
frequenti amnesie e miopie. Un anticorpo che agisce nella coscienza e
va a lenire l'inevitabile senso di colpa e il rimorso che si
dovrebbero provare quando ci si rende conto di aver assunto una
posizione così terribilmente sbagliata a fronte di fatti tanto
decisivi nella vita di tutta l'umanità. E questo anticorpo altro non
è che l'oblio, oblio misto a disinteresse che insieme costituiscono
una vera fuga dalla realtà. Questo modo di agire, che si riflette
nel rapido e costante disimpegno dell'opinione pubblica dalla
cosa pubblica, consente al singolo e alla massa di evitare il
confronto coi fatti delegando ad altri la responsabilità della
scelta e delle conseguenze che ne derivano contribuendo in modo
determinante a impoverire di significato l'esercizio della politica8
e a lasciare in poche e inaffidabili mani gli affari nazionali e
popolari.
1http://www.informarexresistere.fr/2013/08/29/la-vera-storia-della-siria-2/
2http://www.larapedia.com/storia-guerre/seconda-guerra-del-golfo.html
3http://www.disinformazione.it/venderelaguerra.htm
4http://www.youtube.com/watch?v=oFuUfCOPYI4;
http://www.disinformazione.it/bzrezinski.htm
5http://www.wallstreetitalia.com/article/1218700/libia-portavoce-gheddafi-catturati-mercenari-stranieri.aspx
6http://aurorasito.wordpress.com/2013/07/02/qatar-fantoccio-degli-usa-nella-guerra-terroristica-alla-siria/;
http://www.statopotenza.eu/7126/la-siria-e-la-trappola-israeliana
7http://www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Siria-Damasco-sopralluogo-ispettori-Onu-rinviato-per-colpa-ribelli_32530955257.html
8Beninteso
che chi scrive considera questo impoverimento non tanto una stortura
del sistema quando un suo fine scientificamente perseguito
4 commenti:
Il problema oggi è che le persone, pur essendo consapevoli delle porcherie che i grossi potentati economici stanno facendo, sono stordite, dai problemi quotidiani di sopravvivenza. Prima c'è lo stress sul lavoro, poi problemi con il traffico per tornare a casa, poi per preparare cena e affini, e per l'informazione c'è solo qualche piccolo flash captato dai notiziari. Chi è consapevole sa che non può fare quasi nulla e tutto sembra uno show televisivo....forse fino al grande BOOM finale...poi ci sveglieremo????
analisi esemplare e semplicemente veritiera, purtroppo. Mostra quanto siamo miseri celebralmente...
@ Marco
Capisco la situazione che descrivi. Ma aggiungo che fede e volontà spianano le montagne. Oggi ho timbrato l'entrata al lavoro alle 6.00 e l'uscita alle 18.30 in continuato eppure ora eccomi qui. Dove sono altre persone che hanno fatto molto meno? Perché, proprio a causa del poco tempo disponibile, non ne migliorano l'uso in termini di qualità?
@ Barbara
Rieccoti sorellina.
Ti avevo proposto la newsletter o siamo a posto così? Pian piano sto tornando...
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