Articolo originale su Associazione Caposaldo.
Poche settimane fa il
sindaco leghista di Cascina (Pisa) Susanna Ceccardi si
è guadagnata l'onore delle cronache per la sua determinazione a non
celebrare le unioni civili tra coppie dello stesso sesso. Inoltre il
primo cittadino ha deciso di creare una squadra di legali che si
battesse per l'ottenimento di un'obiezione di coscienza per tutti
quegli amminsitratori contrari a celebrare questo nuovo istituto.
Fin qui nulla di
sbagliato, indipendentemente dalla qualità della signora Ceccardi
che non possiamo giudicare come amminstratrice non avendo alcuna
conoscenza a riguardo.
Ciò che invece
disapproviamo e che ci fa preoccupare in vista dell'espansione della
battaglia per la difesa dell'unicità della famiglia è il suo dubbio
retroterra cultural-politico, un retroterra altamente discutibile e
che sembra tutt'altro che estraneo tra i gruppi di ispirazione
cattolica che condividono la posizione del sindaco di Cascina.
Susanna Ceccardi infatti
– qui
il suo pensiero originale - considera l'istituto delle unioni
civili un'invasione di campo da parte dello Stato nella vita privata
dei cittadini e delle coppie e considera questo modo di procedere
"illiberale".
Noi dissentiamo
totalmente da questa visione delle cose e riteniamo che essa possa
portare fuori strada il movimento pro-famiglia nel momento in cui
esso fosse chiamato a una più generale lotta politica in cui
inquadrare il discorso familiare in un progetto più complesso. Il
nostro timore è che, a fronte di una comprensione corretta
dell'attacco che viene portato alla famiglia, non vi sia però una
comprensione più generale di come il sistema (capitalista) si muova.
Noi non crediamo
assolutamente che il riconoscimento da parte dello Stato delle unioni
civili alle persone dello stesso sesso rappresenti un'imposizione
illiberale. Crediamo al contrario che esso sia un omaggio al
liberalismo più sfrenato, quasi anarchico. Proprio in questo momento
e su questo punto infatti lo Stato capitola dal proprio ruolo
principale di custode, forte ma giusto, rappresentativo dei valori
delle Comunità che costituiscono la Nazione per far spazio, in modo
assolutamente liberale, a ogni concessione e disvalore, anche alle
aperture più autodistruttive per la popolazione. A differenza di
quanto sostiene la Ceccardi, non è che lo Stato voglia imporre
illiberalmente ogni sorta di para-famiglia. Semmai esso rinuncia a
tutelare l'unicità dell'istituto familiare avviando un processo
culturale fuori dal controllo della politica. Lo Stato passa quindi
dall'essere garante dei diritti e delle tradizioni comunitarie a
semplice spettatore passivo e sottoscrittore di ogni istanza e
capriccio individualista.
La Ceccardi sembra
proprio scivolare verso l'individualismo e l'apoteosi dei diritti
individuali a scapito di quelli comunitari (un individualismo e
anticomunitarismo che il sindaco di Cascina non comprende essere
proprio la causa di quel male cui lei vorrebbe opporsi) anche in
diverse e successive prese di posizioni. Afferma "[...] una
volta individuati i diritti che si ritiene un soggetto debba poter
esercitare, quei diritti gli vadano riconosciuti in quanto individuo
[...]" culminando nel "La pensione uno la lasci a chi gli
pare [...]". Non ci siamo proprio e tra l'altro il primo
cittadino toscano dimostra di avere una scarsa cognizione
dell'istituto familiare. I benefici economici concessi a un uomo e
una donna, come detrazioni fiscali per familiari a carico, assegni
familiari e, in ultimo, la reversibilità della pensione al coniuge,
sono aiuti che lo Stato mette in campo per agevolare la coppia in uno
dei suoi compiti: garantire la continuità della Comunità attraverso
figli e nipoti. Ma lo Stato, per potersi impegnare in questo sforzo
economico, ha bisogno di una garanzia da parte dell'uomo e della
donna, di una promessa pubblica che è appunto il matrimonio.
Altro quindi che
invasione di campo illiberale, altro che "stato guardone"
che costringe il cittadino "a mettere per iscritto con chi va a
letto". Questi istituti, oltre che avere una derivazione
spirituale sacrale, sono da un punto di vista giuridico la tutela che
l'Io collettivo, lo Stato padre e non padrone, mette in campo a
favore di tutti i
cittadini.
La reversibilità della
pensione, oggi quanto mai traballante, è qualcosa che non può
essere assegnata a chi ci pare ma è il diritto che spetta a chi di
fronte ai propri concittadini ha promesso solennemente di impegnarsi
a rinnovare la propria Comunità e quindi per tale scopo deve essere
fruita, passando quindi il beneficio economico dal coniuge scomparso
all'altro in vita affinché come genitore, nonno o altro continui la
propria opera sociale.
Del resto questa
incongruenza interna a Susanna Ceccardi (criticare una specifica
espressione del sistema senza aver compreso il sistema in sé) sembra
essere figlia di una precisa fissazione del sindaco di Cascina. In
un'altra occasione, quando ancora non era stata eletta a guidare il
comune pisano, aveva espresso su Facebook la propria opinione sulla
canzone "Imagine" di John Lennon disprezzandola come inno
al comunismo. Di nuovo possiamo essere d'accordo con lei nel non
apprezzare la canzone in sé, ma in base a contenuti del tutto
diversi. "Imagine" è infatti un inno mondialista, un inno
all'appiattimento e all'abbattimento di ogni specificità umana in un
mondo in cui i significanti sono rovesciati secondo la tipica
comunicazione massonica e a regnare è il capriccio individuale
laddove non vi sia più nulla per cui valga la pena vivere. Questo,
ahimé, non è comunismo ma al contrario l'apoteosi dell'ordine
mondiale capitalista rispetto al quale il comunismo è stato nella
peggiore delle ipotesi un complice che ne ha favorito l'ascesa, ma
ideologicamente c'entra veramente poco.
Questo per dire come
un'impreparazione politica sui contenuti di questo o quel sistema
possa portare anche una persona di indubbie buone intenzioni come la
Ceccardi a toppare clamorosamente l'analisi.
Non è certo contro il
sindaco in questione che vogliamo infierire. In quanto leghista non
possiamo certo considerarla una dei nostri, anzi, ma nemmeno è
nostro interesse sparare a zero contro quello che per noi sarebbe un
bersaglio di bassissima importanza. Ci interessa invece prendere a
modello e analizzare la sua analisi di una questione delicata,
un'analisi che non esitiamo a definire schizofrenica e dissociata a
dispetto della conclusione condivisibile alla quale giunge in qualche
modo (la possibilità di obiezione di coscienza di fronte alle unioni
omosessuali).
Guai, diciamo, guai
davvero a esprimersi a spezzoni sulle singole espressioni del sistema
in cui viviamo senza averlo compreso. Peggio ancora guai a fare
questo percependo il sistema come l'esatto contrario di ciò che è
(nel caso specifico, illiberale quando è liberalissimo).
Così facendo il
drammatico risultato che ci attenderebbe, se anche il sistema
crollasse, sarebbe quello di riprodurlo, non avendo in sé la piena
coscienza della natura di quanto avremmo appena sconfitto.
La pianificazione di un
futuro migliore, di un'alternativa, di un cambiamento radicale passa
necessariamente per una paradossale "pars destruens
costruttiva", una distruzione consapevole, una coscienza di cosa
si sta distruggendo affinché non si ripresenti mai più, liberando
così l'umanità da un fardello che non merita.
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