mercoledì 16 aprile 2014

Due passi per liberarsi dalle responsabilità



Il mondo occidentale è caratterizzato da quello che il filosofo Diego Fusaro ha ben definito “idiotismo specialistico”. Vale a dire, sempre meno si accettano discipline di studio che approccino la realtà presa nella sua Totalità e sempre più si incoraggia un approccio alla Parzialità con discipline sempre più specialistiche. Il drammatico risultato è la proliferazione di esperti e accademici che conoscono a memoria la propria ristrettissima nicchia di competenza ma sono del tutto incapaci di contestualizzarla nel quadro più generale cui in realtà appartiene. Questo è il motivo per cui, guardando specificamente a una cosa, un problema, un’idea, ci si può costruire su di essa una certa opinione, ma contestualizzandola se ne ricava spesso un’impressione del tutto contraria.
La crescente specializzazione lavora palesemente per il motivo opposto a quello preteso, ossia, anziché favorire la conoscenza, se ne allontana e allontana gli stessi studiosi e le persone. I primi perché vittime del loro stesso idiotismo specialistico, i secondi perché prigionieri della convinzione che solo i primi, in virtù di titoli di studio sempre più altisonanti, siano gli incontestabili depositari del sapere.
Quest’ultima condizione in particolare ha ingabbiato la conoscenza e l’ha spostata dal popolo ai vertici negando alla gente comune il diritto a farsi un’opinione e quindi espropriandola gradatamente della possibilità di intervenire nei processi decisionali in un modo che l’ipocrita Occidente definirebbe “democratico”.
Ecco quindi che solo un economista impegnato nelle aule universitarie ha diritto a parlare di economia mentre un cittadino, che l’economia la vive sulla propria pelle, non si può esprimere anche quando avesse appreso da sé migliori conoscenze. Un medico che non ha strutturalmente prospettive di diverso approccio alla salute ha diritto a parlare di medicina, mentre questo diritto non l’ha una persona che di nuovo può aver acquisito un sapere maggiore e più vario. Presto solo gli ingegneri e i fisici nucleari potranno esprimersi in referendum sull’energia atomica in quanto solo loro competenti in materia.
Non che questo esproprio sia avvenuto esclusivamente a causa di un’azione di forza dei vertici contro il popolo. Anche quest’ultimo ha giocato la sua parte lasciandosi depredare così da soddisfare un’antica tentazione umana: la fuga dalle responsabilità. Delegare l’esclusiva del sapere agli specialisti infatti significa anche delegare loro la responsabilità delle scelte su questi argomenti ed essere quindi al riparo da critiche oltre che avere una giustificazione per il proprio disimpegno politico e sociale. 

Illuminanti, perché collegate senza alibi alla quotidianità, sono i casi riguardanti la medicina e due atteggiamenti di doppiopesismo possono aiutare a capire la gravità della cosa.

Vi sono per fortuna coppie di genitori che decidono per l’obiezione risparmiando ai propri figli le vaccinazioni obbligatorie. Ma la critica esplicita o velata che viene rivolta a questi genitori è che essi non avrebbero il diritto di decidere per gli altri, per i propri figli. Naturalmente si tratta di un’assurdità che affonda le radici proprio nella fede che l’uomo ha nella specializzazione altrui e nella delega che gli si da a decidere. Se infatti è vero che sono i genitori obiettori a decidere per i figli - e del resto non si capisce perché non dovrebbero farlo -, vale altrettanto per quei genitori che invece decidono di vaccinare. Sono loro, e non i medici come illusoriamente vogliono credere autoconvincendosi della cosa, a decidere che il proprio bambino di pochi mesi deve essere sottoposto all’inoculazione di qualcosa che non si conosce. Pertanto imputare agli obiettori un abuso per aver deciso qualcosa è accusa assolutamente inconsistente. Ciò che in realtà succede, e che costituisce una differenza che fa ben sperare nel caso specifico, è che qualcuno ha consapevolmente deciso, anziché aver inconsapevolmente delegato altri a farlo.

Un secondo atteggiamento dubbio può valere per l’esempio precedente ma meglio ancora per un altro esempio che possiamo portare, come il consigliare a una persona a noi prossima una cura da seguire per il cancro. Sarebbe facile, nel momento della paura e del bisogno di “certezze” immediate, affidare la persona a una procedura ufficialmente accettata, come la chemioterapia o la radioterapia. Si affiderebbe in tutto e per tutto il nostro caro ad altri e se, come altamente probabile, l’esito fosse fatale, ci si sentirebbe la coscienza a posto. La colpa non è nostra, che abbiamo consigliato la cosa sbagliata, e nemmeno dei medici, depositari del sapere, o della procedura adottata, riconosciuta negli ambienti scientifici, ma è della malattia, troppo forte per essere sconfitta. La persona che dovrebbe assumersi la responsabilità delle cose, prendendo nelle proprie mani quanto gli compete, è invece completamente deresponsabilizzata perché è questo ciò che vuole. Se al contrario si indirizzasse il proprio caro a una terapia non riconosciuta su di noi, agli occhi degli altri, graverebbe il peso della decisione. Se quella persona non dovesse farcela, i criteri di giudizio precedenti sarebbero inspiegabilmente ribaltati. La colpa non sarebbe più della malattia, magari davvero troppo forte per essere eradicata, ma della terapia scelta, chiaramente inefficace, di chi l’ha applicata, incompetente e mangiasoldi, e soprattutto nostra poiché irresponsabilmente l’abbiamo consigliata. Così come del resto, per collegarsi all’esempio precedente, se un bimbo dovesse subire un (estremamente improbabile) danno da non-vaccino i genitori finirebbero sotto il fuoco incrociato della pubblica opinione (che improvvisamente si riscoprirebbe capace di pensare), mentre nel caso dei numerosi bambini danneggiati per sempre dalle vaccinazioni i loro genitori non sarebbero additati quali responsabili di una scelta scellerata ma al contrario ritenuti vittime perché essi avrebbero solo fatto quello che diceva la medicina. Ossia quello che diceva qualcun altro che ha o avrebbe deciso per loro.

La vecchia saggezza popolare metteva in guardia sul non prendere a scatola chiusa le indicazioni dei saccenti chiedendo “e se si butta nel fosso ti butti anche tu?”. Ma quella era una saggezza appunto “popolare”, cioè di tutti, condivisa e quindi l’esatto opposto dell’idiotismo specialistico imposto, con la complicità del popolo, affinché il popolo stesso sia pronto più che mai a gettarsi nel fosso della deresponsabilizzazione e della delega.

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