Stato italiano
spendaccione, inefficiente, sprecone?
Italiani incapaci di
correggere le falle della spesa pubblica e di chiudere con bilanci
finanziari in ordine?
Sciocchezze.
E' lo stesso sistema
economico che ci mette a disposizione almeno uno strumento – e
stavolta, apparentemente, logico – per smentire questo luogo
comune. Parliamo del cosidetto bilancio primario, ossia il
bilancio economico dello stato tra entrate e uscite al netto degli
interessi passivi da corrispondere sul debito pubblico, ossia
defalcando questa voce dalle uscite.
Ebbene è stato proprio
il ministero del tesoro a comunicare pochi mesi fa1
che l'Italia si sta confermando da vent'anni tra i paesi più
virtuosi al mondo nel chiudere questo bilancio con un avanzo
primario. Sostanzialmente, se il bilancio fosse costituito da
sole entrate e uscite reali (o quasi), l'Italia lo chiuderebbe
largamente in attivo e sarebbe quindi in grado di affrontare una
serie di spese produttive di cui il paese ha tanto bisogno e di
destinare maggiori risorse alle tutele sociali e alle pensioni.
Stiamo parlando di una
somma enorme, intorno al 4/5% del Pil, perché corrisponde proprio il
5% del prodotto interno lordo la somma che normalmente lo Stato
italiano deve spendere per il pagamento dei soli interessi
sull'incostituzionale2
debito pubblico.
E tutto questo mentre
altri paesi ritenuti pregiudizialmente più virtuosi sono finiti non
di rado in passivo già al momento del bilancio primario.
Evidentemente le strette
fiscali e finanziarie che i vari governi italiani hanno imposto al
paese da tempo unite agli "incoraggiamenti" in tal senso
arrivati dai poteri forti come Unione Europea, Bce e Fmi, hanno
ottenuto un qualche pur doloroso risultato.
Il problema dei conti
pubblici italiani è che in un secondo momento, dovendo comunque
corrispondere gli interessi sui titoli a scadenza, il bilancio va
infine in passivo, producendo un deficit che si somma al debito
pubblico pregresso e producendo una spirale di passività e
indebitamento destinata a ripetersi l'anno successivo.
Il cittadino italiano
dovrebbe a questo punto chiedersi perché non sia possibile
interrompere questo non-senso economico e monetario. Se i conti
agganciati alle entrate e alle spese reali dello Stato, a furia di
tagli e inasprimenti fiscali, sono in ordine, perché il nostro paese
deve sempre e comunque essere tra i più sofferenti al mondo e
additato negativamente dai grandi dell'Eurozona? Perché anche
riordinando le voci di bilancio un paese come il nostro deve
continuare a perseguire un ulteriore risanamento che non arriva mai
rinunciando agli investimenti strutturali e alle politiche sociali
fondamentali per un concreto rilancio dell'Italia?
Non vogliamo prendere
nemmeno in considerazione le tesi di chi, basandosi su presupposti
giuridico-finanziari errati, risponderebbe che si tratta
dell'inevitabile sorte di un paese in cui le classi politiche
passate, vuoi per prodigalità vuoi per offrire ai nostri nonni un
tenore di vita più elevato del dovuto, avrebbero costruito il
colossale debito pubblico sul quale si pagano appunto i suddetti e
pesantissimi interessi.
Meglio invece
focalizzarsi sulla stessa politica monetaria europea che si configura
come una politica di moneta acquistata dagli stati ormai direttamente
sui mercati, dove i titoli sono ceduti alle banche a mezzo di
intermediari specializzati. Questo genera quindi l'indebitamento
pubblico e il tasso di interesse che grava sui titoli, per quanto
possa essere basso, costituisce un boomerang finanziario destinato a
rendere il debito tecnicamente inestinguibile anche alla luce,
evidentemente, dei debiti pubblici contratti dai paese europei, e
quindi anche dall'Italia, nei decenni precedenti l'avvento dell'euro.
L'unico modo per spezzare
questo circolo vizioso, oltre a un ripudio del debito (giuridicamente
possibile tramite il principio internazionalmente riconosciuto del
"debito detestabile"3)
è quello di creare le condizioni affinché una siffatta spirale non
si ripeta e quindi la conquista da parte dello stato della sovranità
monetaria.
Oggi più che mai è
necessario spendere qualche momento per chiarire cosa realmente
significhi questa espressione che negli ultimi anni è stata
(volutamente???) distorta da alcuni studiosi del tema, da politici
opportunisti e maldestri e, ovviamente, dai media che l'hanno citata
a sproposito.
La moneta sovrana è
quella moneta che all'atto dell'emissione appartiene alla
collettività e viene creata e messa in circolazione senza alcuna
contropartita di debito pubblico. Non hanno alcun fondamento le
critiche di chi vede in questa politica monetaria un pericolo di
inflazione perché tale critica, oltre a confondere ingenuamente lo
strumento con un suo cattivo utilizzo, dimentica che le crisi
monetarie e creditizie dell'ultimo secolo sono state causate dalle
modalità di emissione attualmente in vigore (ossia con contropartite
di debito) e sono pertanto quest'ultima e il sistema bancario a dover
essere messi sotto processo e non la loro correzione.
E' invece bene
specificare che la sovranità monetaria non ha nulla a che vedere con
il ritorno a una valuta nazionale in quanto la sovranità inerisce le
modalità di emissione e non il contesto geografico di validità
della moneta. Questa può indistintamente essere sovrana a livello
comunale (in caso di moneta locale) o continentale (come moneta
sovrana sovranazionale emessa da un insieme di stati).
Paradossalmente invece, la vecchia lira, così come ogni altra divisa
europea o l'attuale sterlina inglese, non erano e non sono monete
sovrane bensì monete emesse a debito.
Possono pertanto
essere derubricati al rango di ciarlatani, demagoghi e mentitori
approfittatori personaggi del calibro di Matteo Salvini
o Claudio Borghi Aquilini che vorrebbero spacciare
l'uscita dall'euro e il ritorno alla lira sic et simpliciter
come una riconquistata sovranità.
Addirittura peggiore è
la posizione di elementi come Paolo Barnard e i
sostenitori della Modern Money Theory (MMT) i quali non solo
denigrano, in base agli stessi frantintendimenti giuridici del
sistema, la proposta di una moneta realmente sovrana, ma addirittura
si appropriano dell'espressione "sovranità monetaria" per
definire tale la loro ricetta. Ricetta che, in estrema sintesi, si
riduce a un ritorno alla lira da un lato e dall'altro alla
conversione della Banca d'Italia in prestatore di ultima istanza in
grado di emettere moneta a volontà ma sempre con debito in
contropartita, qualcosa di simile alla situazione italiana precedente
il divorzio tra Banca d'Italia e Tesoro degli anni '80. In pratica,
una politica monetaria non sovrana che gattopardescamente cambierebbe
tutto senza cambiare niente.
In realtà a fronte dei
gemelli della demagogia Salvini e Barnard sarebbe più realistico
proporre, riconosciamolo, con una certa dose di provocazione, uno
slogan opposto allo sbandierato "No euro", ossia "Euro
sovrano". Se infatti l'area in cui la valuta ha corso legale
non ha nulla a che vedere col fatto che la valuta stessa sia sovrana
o no, risulta molto più in linea
con la battaglia sovranista non il ritorno a una divisa nazionale
data in pasto ai banchieri ma la nazionalizzazione dell'attuale
valuta in circolazione, l'euro appunto.
Mantenere valida questa
moneta, con tutte le condizioni di accettazione globale di cui già
gode, liberando però gli stati dell'eurozona dal peso degli
interessi sul debito pubblico e, in conclusione possiamo dirlo, dello
stesso capitale del debito4,
permetterebbe una prima liberazione nazionale e continentale
da proseguire poi, certamente, con l'eventuale
definizione di politiche monetarie dei singoli stati.
Se ne ricordino bene i
fanfaroni della "spesa pubblica incontrollata", dei "conti
pubblici in disordine" e del "debito pubblico
insostenibile".
Se ne ricordino bene i
popolini che pendono dalle loro labbra pensando che siano i messia
della moneta e dell'economia.
1http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2014/11/18/-tesoroitalia-tra-primi-per-avanzo-primario-da-20-anni-_b978bbb1-1622-4e7e-b8c0-66e6c84c9899.html
2L'articolo
3 della Costituzione afferma che la sovranità appartiene al popolo.
Il debito pubblico risulta quindi incostituzionale in quanto nasce
dalla prassi dello Stato di acquistare valuta da un soggetto esterno
(da una banca centrale prima, sul mercato presso le banche private
ora) in cambio di titoli di stato ormai detenuti all'86% proprio da
banche, assicurazioni e fondi di investimento.
3https://it.wikipedia.org/wiki/Debito_odioso
4L'86%
del debito pubblico italiano, come riportano alla nota 2, è
detenuto da soggetti privati che hanno acquistato ciò che non
poteva esser costituzionalmente loro ceduto e, per legge, non
possono pertanto esigere alcun rimborso come spiegato dall'avv.to
Marco Della Luna nel libro "Euroschiavi".
2 commenti:
Ottima analisi ...
Grazie Daniele.
So che in tema di moneta la pensiamo allo stesso modo. Non sei disposto a fare attività associativa in Bergamo su questo discorso?
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