di Simone Boscali
Prosegue da Il complottista commericiale (1a parte)
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Complottisti, ossia autolesionisti volontari
Il quarto punto ci
riporta invece ad una dimensione psicologica e riguarda la presunta
volontà individuale che il cosidetto complottista avrebbe di
credere al fatto che sia tutto architettato da forze occulte. Questo
permetterebbe all'individuo di accettare con più tranquillità gli
eventi in quanto la loro versione ufficiale sarebbe troppo spaventosa
e difficile da metabolizzare.
Per esempio, ci illumina
l'autore di Medbunker con un altro parallelismo con Paolo
Attivissimo6,
sarebbe troppo brutto credere che un movimento terroristico possa
essere così potente e crudele da organizzare sanguinosi attentati
quali quelli dell'11 settembre 2001. Pertanto, dicono, sarebbe più
rassicurante costruirsi una realtà alternativa e ritenere che i veri
responsabili sono potenti agenzie deviate. L'idea che tutto sia
preordinato al di là della nostra capacità di afferrare le cose ci
dovrebbe tranquillizzare.
Tuttavia se prendiamo in
esame metodo e merito di questo esempio fatto, ripeto, dai debunkers,
ci accorgiamo che rappresenta una totale eterogenesi della realtà.
Prima di tutto, quanto al metodo, la realtà ufficiale è decisamente
più rassicurante di una realtà "complottista" in quanto
basata su personalità, fatti e dinamiche immediate e quindi sotto il
nostro controllo. Realmente inquietante è invece l'idea che i
grandi eventi del nostro tempo siano a monte studiati e attuati da
organizzazioni che sfuggono il nostro controllo in quanto il problema
viene spostato su un piano in cui non può facilemente essere
combattuto. Certo, un debunkers potrebbe a questo punto ribaltare
completamente la frittata a proprio favore e sostenere che in realtà
è proprio ciò che il complottista vuole: portare il nemico laddove
non può essere combattuto per dare un'alibi alla propria incapacità
di affrontare i problemi e deresponsabilizzarsi. Sarebbe un
clamoroso voltafaccia ma se avvenisse sarebbe utile ricordare che la
deresponsabilizzazione è atteggiamento tipico non di questo o quel
tipo umano, ma dell'uomo in quanto tale. Per cui, se credere in
ipotesi complottiste fosse il dito dietro cui una persona nasconde la
propria fuga dalle responsabilità, allora queste teorie dovrebbero
andare per la maggiore presso l'opinione pubblica proprio perché
la gente tende per natura a deresponsabilizzare se stessa. Sappiamo
al contrario che non è così e che anzi le ricostruzioni non
ufficiali degli avvenimenti sono patrimonio di una minoranza.
Inoltre, passando al
merito, l'esempio dell'11 settembre è proprio il più sbagliato che
gli autori in questione potessero citare quanto al metodo scelto. La
nostra società è artificialmente islamofoba. Il mussulmano in
generale e l'arabo in particolare sono visti con paura, diffidenza,
sono incompresi per ignoranza e per effetto di una propaganda
culturale che va ben al di là degli angusti limiti di certe sponde
politiche buffonesche. Pertanto il fatto che presunti terroristi
islamici compiano attentati di immense proporzioni quali quelli
dell'11/9 non solo non risulta troppo spaventoso da accettare, ma al
contrario non fa che mettere il cappello allo sciagurato luogo comune
che l'occidentale ha dell'islamico. Addirittura esso sarebbe la
conferma tanto attesa della "vera" natura dei mussulmani e
quindi un nulla osta a reiterare verso di loro quella xenofobia che
sino a prima non si poteva razionalmente giustificare.
Quindi, contrariamente a
quanto affermato dai debunkers (in mala fede, aggiungo, perché non
possono non aver fatto simili considerazioni) accettare la versione
ufficiale di quegli eventi sarebbe assolutamente spontaneo anche in
totale mancanza di ogni prova razionale, e in effetti è proprio ciò
che è avvenuto, mentre è assolutamente contrario a ogni nostro
sentire comune accettare l'idea che un gruppo di potenti occidentali,
addirittura connazionali delle vittime possa aver architettato
questo. Se, nel corso degli anni, molti sono arrivati con cognizione
di causa a formulare questo pensiero è stato alla fine di un
percorso di studio e raccolta di elementi, e non per una
pregiudiziale psicanalitica per cui sarebbe stato meno traumatico
accettare la spegazione più artificiosa.
5)
Le prove esistenti
Un quinto punto molto
importante e che ci porta di nuovo a credere che vi sia parecchia
malafede nelle contestazioni alle strategie di dominio, è la
reiterata affermazione secondo cui non ci sarebbero mai prove a
sostegno delle stesse, lasciando di riflesso supporre che ogni
versione ufficiale degli eventi sia invece suffragata al di là di
ogni dubbio. Ho parlato di malafede perché queste contestazioni non
vengono semplicemente dai creduloni della porta accanto (la cui
faciloneria nell'abboccare a tutto non è giustificabile ma resta
comprensibile), ma da gente molto, molto informata, come i già
citati Attivissimo, Medbunker e gli autori del Cicap. E' da escludere
in ogni modo che queste persone, restando ai propri campi di
competenza, non sappiamo come stiano realmente le cose. Paolo
Attivissimo non può non sapere che la spiegazione ufficiale
dell'11/9 ha lo stesso rigore scientifico di una barzelletta così
come Medbunker non può non sapere che le vaccinazioni non si
poggiano su alcuna evidenza medica o che la dieta onnivora sia
estranea all'organismo umano. Parallelamente entrambi non possono
non sapere che conclusioni ben più fondate su questi temi – e che
i due signori liquidano ironicamente come complottiste – sono state
raggiunte da personaggi che non rispondono certo al ritratto del
cospirazionista da circo che vorrebbero dipingere.
Di nuovo, perché mentire
sapendo di farlo quando si hanno in mano tutti gli elementi che
indicano la verità o che, quantomeno, piantano il seme del dubbio su
quale essa sia? Perché quando ciascuno di noi vuole diffondere
qualcosa, un prodotto da vendere o un'idea da far circolare, si
sceglie un pubblico e in base al pubblico si determinano contenuto e
contenitore. Il pubblico individuato dai debunkers non è quello
degli scettici, ma quello delle persone che hanno bisogno di un mondo
dalle solide basi. Brutto o bello non è importante, esso deve
essere comprensibile e trasparente e soprattutto dotato di autorità
delle quali ci si possa fidare. Se volessimo tornare ai discorsi
psicanalitici citati in precedenza potremmo interrogarci su quale sia
il quadro psicologico di questa massa di individui, ma quello che più
interessa è sapere che questo pubblico accoglierà per autorità
quanto viene loro spiegato da chi si presenta con una formale patente
di legittimità a parlare, e non indagherà mai sulle fonti. E questo
i debunkers lo sanno bene, sanno che dipingendo i complottisti come
degli spostati mentali, dei falliti, dei frustrati, il loro pubblico
accetterà acriticamente questa affermazione e non risalirà mai la
corrente per scoprire che in realtà tra loro vi sono eccellenti
professionisti, medici, economisti, professori, piloti, architetti e
ingegneri.
Conflitto
asimmetrico e complottisti commerciali
E' questo, di fondo, il
sale del conflitto asimmetrico tra i debunkers e chi invece
ricerca la verità. I primi hanno infatti un immenso vantaggio poiché
si presentano, e di fatto è vero, come difensori dell'autorità
ufficiale, un'autorità pubblica (stati, agenzie, forze armate, etc)
verso la quale il cittadino può nutrire anche una grande disistima
ma senza concepire che possa essere in realtà una cellula deviata. I
secondi invece sono dei contestatori di quella autorità, di quelle
certezze che risiedono nella nostra cultura millenaria, prima ancora
che nelle strategie di dominio occulto, da qui la loro fatica di
avere sempre qualcosa da dimostrare.
Ai primi non si
richiedono prove, ai secondi sì, ed è ovviamente sulla prima parte
che ci si sbaglia.
L'accettazione
aprioristica delle versioni ufficiali, che in un mondo razionale
necessiterebbero di prove e dimostrazioni tanto quanto le versioni
contestative, ha portato a conseguenze terribili nella storia anche
recentissima dell'umanità.
Il mondo ha creduto
all'idea che l'Iraq di Saddam Hussein, un paese sprofondato nella
miseria estrema a partire dalla guerra del 1991, disponesse di armi
di distruzione di massa e che fosse un pericolo per la sicurezza
dell'Occidente. Questo è stato accettato per una pura applicazione
del concetto dell'ipse dixit, dell'autorità incondizionata,
non è stata chiesta alcuna prova del crimine (disonorando la nostra
tradizione del diritto) e nemmeno si è chiesto in che modo un paese
alla fame potesse costituire un pericolo tanto da doverne seppellire
i rimasugli sotto una nuova guerra. Ci si è creduto, si è creduto
alla versione ufficiale solo perché era rassicurante e perché
questa rassicurazione era rivolta a una moltitudine di individui
realmente acritici che l'hanno accettata. Questo quadro assomiglia
molto a quello che i debunkers hanno dipinto rispetto alla (ormai
presunta) galassia complottista, con la differenza che va applicato
proprio a loro perché questo è il vergognoso mondo, il vergognoso
sistema di potere e oppressione che difendono reiterando il loro modo
di fare disinformazione.
Ma la conclusione ancora
più grave che voglio tracciare qui e che ricalca un punto già
accennato nel testo, è la volontà da parte dei debunkers di creare
e imporre una figura che renda ancora più difficile per ogni serio
studioso di strategie la diffusione dei propri punti di vista, anche
quando perfettamente documentati. Quella, come si è detto, del
complottista commerciale. Complottista perché incline
a vedere a priori e senza necessità, se non la sua pochezza mentale,
complotti dietro ogni importante evento storico. E commerciale non
perché farebbe questo per vendere le proprie teorie (attraverso
libri, dvd, conferenze) ma al contrario perché essa è una
figura vendibile proprio dai debunkers: vendibile, se non
economicamente, proprio a livello di propaganda, il che è forsa la
cosa che sta più a cuore alla disinformazione.
Nel momento in cui i
debunkers impongono questa immagine pagliaccesca secondo i criteri
sopra esposti, ossia senza la necessità di dover giustificare o
provare le proprie affermazioni poiché si sa di avere un pubblico
che le accoglierà come verità per decreto, ogni contestatore delle
verità ufficiali sarà poi automaticamente ricondotto a questo
stereotipo e quindi ogni sua informazione e conclusione, anche la più
razionale e documentata, finirà nel calderone del complottismo da
circo e la loro ripetizione da parte di altri personaggi, a loro
volta identificati pregiudizialmente come complottisti, creerà un
circolo dal quale sarà impossibile uscire.
Mi chiedo e vi chiedo,
evidentemente, se personaggi come Bruno Amoroso, Eugenio Benettazzo,
Maurice Allais, Nino Galloni, Eugenio Serravalle, Roberto Gava,
ufficiali e piloti dell'Aeronautica Militare Italiana, i
professionisti di Architects & Engineers for 9/11 Truth,
Ron Paul, Jum Tucker, Daniel Estulin, possano rientrare nella
categoria di complottista commerciale sopra descritta.
Evidentemente no.
Evidentemente, così come
non esiste il complottismo nella forma che ci viene predicata dai
debunkers, non esistono nemmeno i complottisti. L'immagine artefatta
di questi ultimi, se ben può descrivere qualche Pierino esaltato per
nulla rappresentativo, costituisce pura e semplice disinformazione di
debunkers più abili a screditare i contenitori che i contenuti.
E tutto questo,
chiaramente, non è un complotto.
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