di Simone Boscali
1a parte (nb. seguiranno, nella versione pdf scaricabile, le note a piè di pagina)
Ho pensato per diversi giorni se fosse o meno il caso di comporre questo saggio.
Non perché abbia dei
dubbi sui contenuti ma perché mi rendo conto che il
controargomentare qualcosa già detto in precedenza da altri, e che
si ritiene assolutamente non corretto, non fa che dare visibilità
alle tesi dell'avversario che invece si vorrebbe far passare in
secondo piano.
Tuttavia ho deciso che il
gioco valeva la candela utilizzando i giusti linguaggi e metodi.
Quello che vado a
scrivere è una mia risposta, nei contenuti e non alla persona, a un
articolo di dubbia buona fede che ho letto in Rete1,
un testo di fonte debunker in cui si alimenta lo stereotipo del
"complottista" come elemento sociale problematico in base
ad argomenti che lasciano davvero parecchie perplessità.
Ritengo quindi opportuno
chiarire una serie di punti fondamentali affinché l'approccio
critico alla realtà che ci viene venduta dal mainstream non sia
inquinata da derisioni e maldicenze simili.
Una premessa. Mentre per
altri autori utilizzerò nome e cognome quando necessario, per quanto
riguarda il "ricercatore" dell'articolo citato mi limiterò
a chiamarlo "Medbunker", dal nome del suo blog, non avendo
la certezza del suo vero nome e non ritenendo necessario un
investimento di tempo per chiarirlo.
Questa esposizione,
chiosata con una tesi finale, si articolerà in una serie di
obiezioni precise.
1)
Il complottismo: categoria inventata dai debunkers
Per prima cosa è bene
dire che già l'uso della categoria "complottismo" è
tipico di chi vuole attaccare una mente che è semplciemente aperta a
ogni possibilità, etichettandola come propensa al complotto a monte
di ogni prova o indizio che la indichi come tale. Io verrei
sicuramente incluso in questa categoria per esempio da un Paolo
Attivissimo o dal Cicap, ma personalmente la rifiuto. Non esistono
complotti, per riprendere l'adagio di un articolo da poco letto2,
esistono strategie. Strategie messe in atto per governare
l'andare delle cose ignorando strutturalmente ogni volontà popolare.
L'idea di "complotto"
non fa che soddisfare un'immagine buffonesca cara ai debunkers di
paranoidi alla continua ricerca sempre e comunque di cospiratori
rinchiusi chissà dove ad architettare chissà cosa.
Vedremo alla fine qualche
personaggio che sfugge clamorosamente a queste etichettature (e che
non a caso i debunkers preferiscono non citare mai nelle loro
critiche).
Ma questa era solo una
lieve premessa di linguaggio.
2)
Richiami politici alla psichiatria...
La seconda obiezione è
più sostanziale riguarda il facile ricorso alla psicologia e alla
psichiatria per attaccare ogni contestazione alle versioni ufficiali.
In base a queste discipline il complottista (daje...) sarebbe
nulla più che una persona con disagi personali, frustrazioni,
insoddisfazioni. In base a questo il soggetto cercherebbe di
scaricare le proprie incapacità addosso a un nemico immaginario
responsabile di ogni fallimento che in realtà è personale. E'
facile ribattere a questa visione ricordando che la psicologia e la
psichiatria accademiche all'oggi non sono affatto discipline
scientifiche3
bensì convenzioni pure il cui scopo è quello di dare a
posteriori una giustificazione presumibilmente
psicologico-psichiatrica alle posizioni che nel corso del tempo
la politica ha deciso di trasmettere alla società.
Un esempio, pur uscendo
leggermente dal seminato, può dare un'idea di questo processo e
riguarda la necessità attuale della politica di imporre un
appiattimento delle diversità, anche sessuali, ragion per cui a
posteriori la psicologia viene chiamata a sentenziare, in
ossequio alla volontà politica, che uomo e donna si differenziano
solo per un accidente biologico ma che nel complesso non esistono
identità e caratteristiche maschili e femminili e queste sarebbero
solo il frutto dell'educazione ricevuta.
Possiamo inoltre ben dire
che la psichiatria è anche a detta di molti professionisti del
settore una non-scienza organicamente costruita al solo fine di
conservazione sociopolitica4.
Per cui il voler dire
che un complottista altro non è che un disagiato non è che un
facile accomodamento in una categoria preconfezionata e senza
supporti scientifici per poter aprioristicamente considerare fandonia
tutto ciò che racconta: se un pazzo è considerato tale prima di
esprimersi, e non dopo, qualunque discorso interessante possa fare
sarà percepito come il discorso di un pazzo e quindi non solo
rimarrà inascoltato ma anzi servirà a confermarne la pazzia in un
circolo senza uscita che non ha nulla di scientifico.
Sarei inoltre curioso di
sapere quali sono i criteri in base ai quali sono state (s)tirate
queste conclusioni. Il mondo dei complottisti ('n'altra volta...)
è obiettivamente molto variegato... proprio come lo è tutto il
genere umano, altra grande scoperta scientifica che i professori in
questione potrebbero annotare. Ragion per cui se per tracciare simili
bilanci vengono presi in considerazione soggetti un po' "colorati",
con la carta stagnola in testa per non farsi leggere le onde
cerebrali dagli alieni... chiaro che il risultato ottenuto
corrisponderà a quello che a monte si voleva ottenere, ossia,
vediamo ancora una volta, l'inverso di una ricerca scientifica
razionale.
Personalmente ricordo di
aver sempre approcciato e poi condiviso questo sistema di strategie
di dominio politico in periodi di particolare pace, soddisfazione
professionale, materiale e familiare. Al contrario determinati disagi
possono essere subentrati dopo l'aver accolto questa visione.
Per esempio, da giovane giornalista in erba e in rapida ascesa (ed
era il lavoro che avevo sempre voluto fare), ho volontariamente
abbandonato la professione dopo aver appreso dei legami
particolari tra editoria, politica e poteri forti. Per cui
sicuramente, direi all'autore di Medbunker, ho sofferto anche
insoddisfazioni ma ribaltando clamorosamente il rapporto di causa
effetto tracciato da lui e da quelli che la raccontano come lui. E la
storia si è poi ripetuta nel corso degli anni.
Certamente io sono un
caso singolo e non un campione rapppresentativo. Le decine di persone
che conosco che hanno un vissuto simile al mio oppure anche più
roseo – che hanno cioè accettato il compromesso ed hanno una
posizione sociale di successo ma consapevoli della strategia di
dominio soprastante – sicuramente sarebbero un nucleo che,
sottoposto a seria indagine psicologica, darebbe un quadro ben più
dignitoso dei complottisti da fumetto che si vuole far passarre
ufficialmente.
Infine, per concludere
questa osservazione con un sorriso, sarebbe facile chiedersi quale
genere di disagio possa affliggere un elettore di Matteo Renzi, un
fan di Lady Gaga, un telespettatore di Daria Bignardi, un seguace New
Age, considerati i contenuti alquanto discutibili dei loro "lavori".
3)
Un pastone di idee senza riscontri nella realtà
Un terzo punto alquanto
discutibile adottato nel denigrare il complottismo (mo' basta!)
riguarda la mescolanza assolutamente arbitraria tra diversi temi e
personalità, ragion per cui il complottista non accetta un'unica
teoria cospirativa, le accetta tutte (proprio questo si afferma
sempre qui5).
Evidentemente si tratta di un luogo comune che non ha riscontro nella
realtà e che, riguardando al massimo alcuni gruppi di persone, viene
esteso a rappresentare tutta la galassia complottista così come ai
debunkers piace immaginarla. E si tratta di qualcosa già fatto per
esempio dallo stesso Paolo Attivissimo.
Questa teoria è tanto
più fantasiosa nel momento in cui vengono messe insieme (dai
debunkers, si intende) presunte teorie cospirative assolutamente
lontane, le prime analizzate in modo serio e dal peso rilevante per
la nostra storia, quali l'11 settembre o i vaccini, le seconde
demenziali e di alcun peso specifico, come i rettiliani o la morte di
Elvis.
E' evidente che c'è una
dose di consapevole malafede in quell'autore che fa un pastone
indistinto nel denigrare una diversa ricostruzione degli attentati
dell'11 settembre (fatto di per sé esiziale e su cui sono state
fatte ricerche serie) e la morte di Lady Diana dovuta alla sua
conoscenza dell'identità rettile della regale suocera (da far ridere
se non facesse piangere e comunque chissenefrega di Diana).
Ma perché, di nuovo,
questa mancanza di scientificità nel metodo e questa produzione a
monte di un quadro che andrebbe invece scovato con rigore a valle?
Ovviamente la comodità nel rilanciare la figura di un complottista
come allocco che crede per fede ad ogni sciocchezza che venga messa
sul mercato fa molto più comodo ed è più spendibile rispetto
all'immagine di uno scettico, di un critico che non accetta la verità
per decreto e che si limita a dubitare con cognizione di causa. Ed è
un'immagine di allocco assolutamente in linea col quadro, a sua volta
ascientifico, delineato nel secondo punto di questa analisi. Mi
occupo di determinati temi da qualche anno e non ho mai rilevato
alcuna sovrapposizione di conclusioni tale per cui configurare un
totalitarismo complottisa.
Semmai, ma qui la
controanalisi sta prendendo contorni sgradevoli, inizia a prendere
corpo l'immagine di un complottista commerciale, una figura
vendibile da blog e libri di debunkers e che rispecchia l'idea
che loro hanno rispetto a chi approccia la realtà
diversamente ma che non ha nulla a che vedere con la formazione e il
pensiero delle persone appunto reali.
(Continua...)
(Continua...)
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