lunedì 10 marzo 2014

Il complottista commerciale (2a parte)








4) Complottisti, ossia autolesionisti volontari
Il quarto punto ci riporta invece ad una dimensione psicologica e riguarda la presunta volontà individuale che il cosidetto complottista avrebbe di credere al fatto che sia tutto architettato da forze occulte. Questo permetterebbe all'individuo di accettare con più tranquillità gli eventi in quanto la loro versione ufficiale sarebbe troppo spaventosa e difficile da metabolizzare.
Per esempio, ci illumina l'autore di Medbunker con un altro parallelismo con Paolo Attivissimo6, sarebbe troppo brutto credere che un movimento terroristico possa essere così potente e crudele da organizzare sanguinosi attentati quali quelli dell'11 settembre 2001. Pertanto, dicono, sarebbe più rassicurante costruirsi una realtà alternativa e ritenere che i veri responsabili sono potenti agenzie deviate. L'idea che tutto sia preordinato al di là della nostra capacità di afferrare le cose ci dovrebbe tranquillizzare.
Tuttavia se prendiamo in esame metodo e merito di questo esempio fatto, ripeto, dai debunkers, ci accorgiamo che rappresenta una totale eterogenesi della realtà. Prima di tutto, quanto al metodo, la realtà ufficiale è decisamente più rassicurante di una realtà "complottista" in quanto basata su personalità, fatti e dinamiche immediate e quindi sotto il nostro controllo. Realmente inquietante è invece l'idea che i grandi eventi del nostro tempo siano a monte studiati e attuati da organizzazioni che sfuggono il nostro controllo in quanto il problema viene spostato su un piano in cui non può facilemente essere combattuto. Certo, un debunkers potrebbe a questo punto ribaltare completamente la frittata a proprio favore e sostenere che in realtà è proprio ciò che il complottista vuole: portare il nemico laddove non può essere combattuto per dare un'alibi alla propria incapacità di affrontare i problemi e deresponsabilizzarsi. Sarebbe un clamoroso voltafaccia ma se avvenisse sarebbe utile ricordare che la deresponsabilizzazione è atteggiamento tipico non di questo o quel tipo umano, ma dell'uomo in quanto tale. Per cui, se credere in ipotesi complottiste fosse il dito dietro cui una persona nasconde la propria fuga dalle responsabilità, allora queste teorie dovrebbero andare per la maggiore presso l'opinione pubblica proprio perché la gente tende per natura a deresponsabilizzare se stessa. Sappiamo al contrario che non è così e che anzi le ricostruzioni non ufficiali degli avvenimenti sono patrimonio di una minoranza.
Inoltre, passando al merito, l'esempio dell'11 settembre è proprio il più sbagliato che gli autori in questione potessero citare quanto al metodo scelto. La nostra società è artificialmente islamofoba. Il mussulmano in generale e l'arabo in particolare sono visti con paura, diffidenza, sono incompresi per ignoranza e per effetto di una propaganda culturale che va ben al di là degli angusti limiti di certe sponde politiche buffonesche. Pertanto il fatto che presunti terroristi islamici compiano attentati di immense proporzioni quali quelli dell'11/9 non solo non risulta troppo spaventoso da accettare, ma al contrario non fa che mettere il cappello allo sciagurato luogo comune che l'occidentale ha dell'islamico. Addirittura esso sarebbe la conferma tanto attesa della "vera" natura dei mussulmani e quindi un nulla osta a reiterare verso di loro quella xenofobia che sino a prima non si poteva razionalmente giustificare.
Quindi, contrariamente a quanto affermato dai debunkers (in mala fede, aggiungo, perché non possono non aver fatto simili considerazioni) accettare la versione ufficiale di quegli eventi sarebbe assolutamente spontaneo anche in totale mancanza di ogni prova razionale, e in effetti è proprio ciò che è avvenuto, mentre è assolutamente contrario a ogni nostro sentire comune accettare l'idea che un gruppo di potenti occidentali, addirittura connazionali delle vittime possa aver architettato questo. Se, nel corso degli anni, molti sono arrivati con cognizione di causa a formulare questo pensiero è stato alla fine di un percorso di studio e raccolta di elementi, e non per una pregiudiziale psicanalitica per cui sarebbe stato meno traumatico accettare la spegazione più artificiosa.

5) Le prove esistenti
Un quinto punto molto importante e che ci porta di nuovo a credere che vi sia parecchia malafede nelle contestazioni alle strategie di dominio, è la reiterata affermazione secondo cui non ci sarebbero mai prove a sostegno delle stesse, lasciando di riflesso supporre che ogni versione ufficiale degli eventi sia invece suffragata al di là di ogni dubbio. Ho parlato di malafede perché queste contestazioni non vengono semplicemente dai creduloni della porta accanto (la cui faciloneria nell'abboccare a tutto non è giustificabile ma resta comprensibile), ma da gente molto, molto informata, come i già citati Attivissimo, Medbunker e gli autori del Cicap. E' da escludere in ogni modo che queste persone, restando ai propri campi di competenza, non sappiamo come stiano realmente le cose. Paolo Attivissimo non può non sapere che la spiegazione ufficiale dell'11/9 ha lo stesso rigore scientifico di una barzelletta così come Medbunker non può non sapere che le vaccinazioni non si poggiano su alcuna evidenza medica o che la dieta onnivora sia estranea all'organismo umano. Parallelamente entrambi non possono non sapere che conclusioni ben più fondate su questi temi – e che i due signori liquidano ironicamente come complottiste – sono state raggiunte da personaggi che non rispondono certo al ritratto del cospirazionista da circo che vorrebbero dipingere.
Di nuovo, perché mentire sapendo di farlo quando si hanno in mano tutti gli elementi che indicano la verità o che, quantomeno, piantano il seme del dubbio su quale essa sia? Perché quando ciascuno di noi vuole diffondere qualcosa, un prodotto da vendere o un'idea da far circolare, si sceglie un pubblico e in base al pubblico si determinano contenuto e contenitore. Il pubblico individuato dai debunkers non è quello degli scettici, ma quello delle persone che hanno bisogno di un mondo dalle solide basi. Brutto o bello non è importante, esso deve essere comprensibile e trasparente e soprattutto dotato di autorità delle quali ci si possa fidare. Se volessimo tornare ai discorsi psicanalitici citati in precedenza potremmo interrogarci su quale sia il quadro psicologico di questa massa di individui, ma quello che più interessa è sapere che questo pubblico accoglierà per autorità quanto viene loro spiegato da chi si presenta con una formale patente di legittimità a parlare, e non indagherà mai sulle fonti. E questo i debunkers lo sanno bene, sanno che dipingendo i complottisti come degli spostati mentali, dei falliti, dei frustrati, il loro pubblico accetterà acriticamente questa affermazione e non risalirà mai la corrente per scoprire che in realtà tra loro vi sono eccellenti professionisti, medici, economisti, professori, piloti, architetti e ingegneri.

Conflitto asimmetrico e complottisti commerciali
E' questo, di fondo, il sale del conflitto asimmetrico tra i debunkers e chi invece ricerca la verità. I primi hanno infatti un immenso vantaggio poiché si presentano, e di fatto è vero, come difensori dell'autorità ufficiale, un'autorità pubblica (stati, agenzie, forze armate, etc) verso la quale il cittadino può nutrire anche una grande disistima ma senza concepire che possa essere in realtà una cellula deviata. I secondi invece sono dei contestatori di quella autorità, di quelle certezze che risiedono nella nostra cultura millenaria, prima ancora che nelle strategie di dominio occulto, da qui la loro fatica di avere sempre qualcosa da dimostrare.
Ai primi non si richiedono prove, ai secondi sì, ed è ovviamente sulla prima parte che ci si sbaglia.
L'accettazione aprioristica delle versioni ufficiali, che in un mondo razionale necessiterebbero di prove e dimostrazioni tanto quanto le versioni contestative, ha portato a conseguenze terribili nella storia anche recentissima dell'umanità.
Il mondo ha creduto all'idea che l'Iraq di Saddam Hussein, un paese sprofondato nella miseria estrema a partire dalla guerra del 1991, disponesse di armi di distruzione di massa e che fosse un pericolo per la sicurezza dell'Occidente. Questo è stato accettato per una pura applicazione del concetto dell'ipse dixit, dell'autorità incondizionata, non è stata chiesta alcuna prova del crimine (disonorando la nostra tradizione del diritto) e nemmeno si è chiesto in che modo un paese alla fame potesse costituire un pericolo tanto da doverne seppellire i rimasugli sotto una nuova guerra. Ci si è creduto, si è creduto alla versione ufficiale solo perché era rassicurante e perché questa rassicurazione era rivolta a una moltitudine di individui realmente acritici che l'hanno accettata. Questo quadro assomiglia molto a quello che i debunkers hanno dipinto rispetto alla (ormai presunta) galassia complottista, con la differenza che va applicato proprio a loro perché questo è il vergognoso mondo, il vergognoso sistema di potere e oppressione che difendono reiterando il loro modo di fare disinformazione.

Ma la conclusione ancora più grave che voglio tracciare qui e che ricalca un punto già accennato nel testo, è la volontà da parte dei debunkers di creare e imporre una figura che renda ancora più difficile per ogni serio studioso di strategie la diffusione dei propri punti di vista, anche quando perfettamente documentati. Quella, come si è detto, del complottista commerciale. Complottista perché incline a vedere a priori e senza necessità, se non la sua pochezza mentale, complotti dietro ogni importante evento storico. E commerciale non perché farebbe questo per vendere le proprie teorie (attraverso libri, dvd, conferenze) ma al contrario perché essa è una figura vendibile proprio dai debunkers: vendibile, se non economicamente, proprio a livello di propaganda, il che è forsa la cosa che sta più a cuore alla disinformazione.
Nel momento in cui i debunkers impongono questa immagine pagliaccesca secondo i criteri sopra esposti, ossia senza la necessità di dover giustificare o provare le proprie affermazioni poiché si sa di avere un pubblico che le accoglierà come verità per decreto, ogni contestatore delle verità ufficiali sarà poi automaticamente ricondotto a questo stereotipo e quindi ogni sua informazione e conclusione, anche la più razionale e documentata, finirà nel calderone del complottismo da circo e la loro ripetizione da parte di altri personaggi, a loro volta identificati pregiudizialmente come complottisti, creerà un circolo dal quale sarà impossibile uscire.

Mi chiedo e vi chiedo, evidentemente, se personaggi come Bruno Amoroso, Eugenio Benettazzo, Maurice Allais, Nino Galloni, Eugenio Serravalle, Roberto Gava, ufficiali e piloti dell'Aeronautica Militare Italiana, i professionisti di Architects & Engineers for 9/11 Truth, Ron Paul, Jum Tucker, Daniel Estulin, possano rientrare nella categoria di complottista commerciale sopra descritta.
Evidentemente no.
Evidentemente, così come non esiste il complottismo nella forma che ci viene predicata dai debunkers, non esistono nemmeno i complottisti. L'immagine artefatta di questi ultimi, se ben può descrivere qualche Pierino esaltato per nulla rappresentativo, costituisce pura e semplice disinformazione di debunkers più abili a screditare i contenitori che i contenuti.

E tutto questo, chiaramente, non è un complotto.


















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