martedì 4 marzo 2014

Il complottista commerciale (1a parte)


di Simone Boscali

1a parte (nb. seguiranno, nella versione pdf scaricabile, le note a piè di pagina)

Ho pensato per diversi giorni se fosse o meno il caso di comporre questo saggio.
Non perché abbia dei dubbi sui contenuti ma perché mi rendo conto che il controargomentare qualcosa già detto in precedenza da altri, e che si ritiene assolutamente non corretto, non fa che dare visibilità alle tesi dell'avversario che invece si vorrebbe far passare in secondo piano.
Tuttavia ho deciso che il gioco valeva la candela utilizzando i giusti linguaggi e metodi.

Quello che vado a scrivere è una mia risposta, nei contenuti e non alla persona, a un articolo di dubbia buona fede che ho letto in Rete1, un testo di fonte debunker in cui si alimenta lo stereotipo del "complottista" come elemento sociale problematico in base ad argomenti che lasciano davvero parecchie perplessità.
Ritengo quindi opportuno chiarire una serie di punti fondamentali affinché l'approccio critico alla realtà che ci viene venduta dal mainstream non sia inquinata da derisioni e maldicenze simili.
Una premessa. Mentre per altri autori utilizzerò nome e cognome quando necessario, per quanto riguarda il "ricercatore" dell'articolo citato mi limiterò a chiamarlo "Medbunker", dal nome del suo blog, non avendo la certezza del suo vero nome e non ritenendo necessario un investimento di tempo per chiarirlo.

Questa esposizione, chiosata con una tesi finale, si articolerà in una serie di obiezioni precise.




1) Il complottismo: categoria inventata dai debunkers
Per prima cosa è bene dire che già l'uso della categoria "complottismo" è tipico di chi vuole attaccare una mente che è semplciemente aperta a ogni possibilità, etichettandola come propensa al complotto a monte di ogni prova o indizio che la indichi come tale. Io verrei sicuramente incluso in questa categoria per esempio da un Paolo Attivissimo o dal Cicap, ma personalmente la rifiuto. Non esistono complotti, per riprendere l'adagio di un articolo da poco letto2, esistono strategie. Strategie messe in atto per governare l'andare delle cose ignorando strutturalmente ogni volontà popolare.
L'idea di "complotto" non fa che soddisfare un'immagine buffonesca cara ai debunkers di paranoidi alla continua ricerca sempre e comunque di cospiratori rinchiusi chissà dove ad architettare chissà cosa.
Vedremo alla fine qualche personaggio che sfugge clamorosamente a queste etichettature (e che non a caso i debunkers preferiscono non citare mai nelle loro critiche).
Ma questa era solo una lieve premessa di linguaggio.

2) Richiami politici alla psichiatria...
La seconda obiezione è più sostanziale riguarda il facile ricorso alla psicologia e alla psichiatria per attaccare ogni contestazione alle versioni ufficiali. In base a queste discipline il complottista (daje...) sarebbe nulla più che una persona con disagi personali, frustrazioni, insoddisfazioni. In base a questo il soggetto cercherebbe di scaricare le proprie incapacità addosso a un nemico immaginario responsabile di ogni fallimento che in realtà è personale. E' facile ribattere a questa visione ricordando che la psicologia e la psichiatria accademiche all'oggi non sono affatto discipline scientifiche3 bensì convenzioni pure il cui scopo è quello di dare a posteriori una giustificazione presumibilmente psicologico-psichiatrica alle posizioni che nel corso del tempo la politica ha deciso di trasmettere alla società.
Un esempio, pur uscendo leggermente dal seminato, può dare un'idea di questo processo e riguarda la necessità attuale della politica di imporre un appiattimento delle diversità, anche sessuali, ragion per cui a posteriori la psicologia viene chiamata a sentenziare, in ossequio alla volontà politica, che uomo e donna si differenziano solo per un accidente biologico ma che nel complesso non esistono identità e caratteristiche maschili e femminili e queste sarebbero solo il frutto dell'educazione ricevuta.
Possiamo inoltre ben dire che la psichiatria è anche a detta di molti professionisti del settore una non-scienza organicamente costruita al solo fine di conservazione sociopolitica4.

Per cui il voler dire che un complottista altro non è che un disagiato non è che un facile accomodamento in una categoria preconfezionata e senza supporti scientifici per poter aprioristicamente considerare fandonia tutto ciò che racconta: se un pazzo è considerato tale prima di esprimersi, e non dopo, qualunque discorso interessante possa fare sarà percepito come il discorso di un pazzo e quindi non solo rimarrà inascoltato ma anzi servirà a confermarne la pazzia in un circolo senza uscita che non ha nulla di scientifico.
Sarei inoltre curioso di sapere quali sono i criteri in base ai quali sono state (s)tirate queste conclusioni. Il mondo dei complottisti ('n'altra volta...) è obiettivamente molto variegato... proprio come lo è tutto il genere umano, altra grande scoperta scientifica che i professori in questione potrebbero annotare. Ragion per cui se per tracciare simili bilanci vengono presi in considerazione soggetti un po' "colorati", con la carta stagnola in testa per non farsi leggere le onde cerebrali dagli alieni... chiaro che il risultato ottenuto corrisponderà a quello che a monte si voleva ottenere, ossia, vediamo ancora una volta, l'inverso di una ricerca scientifica razionale.
Personalmente ricordo di aver sempre approcciato e poi condiviso questo sistema di strategie di dominio politico in periodi di particolare pace, soddisfazione professionale, materiale e familiare. Al contrario determinati disagi possono essere subentrati dopo l'aver accolto questa visione. Per esempio, da giovane giornalista in erba e in rapida ascesa (ed era il lavoro che avevo sempre voluto fare), ho volontariamente abbandonato la professione dopo aver appreso dei legami particolari tra editoria, politica e poteri forti. Per cui sicuramente, direi all'autore di Medbunker, ho sofferto anche insoddisfazioni ma ribaltando clamorosamente il rapporto di causa effetto tracciato da lui e da quelli che la raccontano come lui. E la storia si è poi ripetuta nel corso degli anni.
Certamente io sono un caso singolo e non un campione rapppresentativo. Le decine di persone che conosco che hanno un vissuto simile al mio oppure anche più roseo – che hanno cioè accettato il compromesso ed hanno una posizione sociale di successo ma consapevoli della strategia di dominio soprastante – sicuramente sarebbero un nucleo che, sottoposto a seria indagine psicologica, darebbe un quadro ben più dignitoso dei complottisti da fumetto che si vuole far passarre ufficialmente.
Infine, per concludere questa osservazione con un sorriso, sarebbe facile chiedersi quale genere di disagio possa affliggere un elettore di Matteo Renzi, un fan di Lady Gaga, un telespettatore di Daria Bignardi, un seguace New Age, considerati i contenuti alquanto discutibili dei loro "lavori".
3) Un pastone di idee senza riscontri nella realtà
Un terzo punto alquanto discutibile adottato nel denigrare il complottismo (mo' basta!) riguarda la mescolanza assolutamente arbitraria tra diversi temi e personalità, ragion per cui il complottista non accetta un'unica teoria cospirativa, le accetta tutte (proprio questo si afferma sempre qui5). Evidentemente si tratta di un luogo comune che non ha riscontro nella realtà e che, riguardando al massimo alcuni gruppi di persone, viene esteso a rappresentare tutta la galassia complottista così come ai debunkers piace immaginarla. E si tratta di qualcosa già fatto per esempio dallo stesso Paolo Attivissimo.
Questa teoria è tanto più fantasiosa nel momento in cui vengono messe insieme (dai debunkers, si intende) presunte teorie cospirative assolutamente lontane, le prime analizzate in modo serio e dal peso rilevante per la nostra storia, quali l'11 settembre o i vaccini, le seconde demenziali e di alcun peso specifico, come i rettiliani o la morte di Elvis.
E' evidente che c'è una dose di consapevole malafede in quell'autore che fa un pastone indistinto nel denigrare una diversa ricostruzione degli attentati dell'11 settembre (fatto di per sé esiziale e su cui sono state fatte ricerche serie) e la morte di Lady Diana dovuta alla sua conoscenza dell'identità rettile della regale suocera (da far ridere se non facesse piangere e comunque chissenefrega di Diana).
Ma perché, di nuovo, questa mancanza di scientificità nel metodo e questa produzione a monte di un quadro che andrebbe invece scovato con rigore a valle? Ovviamente la comodità nel rilanciare la figura di un complottista come allocco che crede per fede ad ogni sciocchezza che venga messa sul mercato fa molto più comodo ed è più spendibile rispetto all'immagine di uno scettico, di un critico che non accetta la verità per decreto e che si limita a dubitare con cognizione di causa. Ed è un'immagine di allocco assolutamente in linea col quadro, a sua volta ascientifico, delineato nel secondo punto di questa analisi. Mi occupo di determinati temi da qualche anno e non ho mai rilevato alcuna sovrapposizione di conclusioni tale per cui configurare un totalitarismo complottisa.
Semmai, ma qui la controanalisi sta prendendo contorni sgradevoli, inizia a prendere corpo l'immagine di un complottista commerciale, una figura vendibile da blog e libri di debunkers e che rispecchia l'idea che loro hanno rispetto a chi approccia la realtà diversamente ma che non ha nulla a che vedere con la formazione e il pensiero delle persone appunto reali.

(Continua...)


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