mercoledì 12 marzo 2014

Crisi ucraina, il festival del surreale



Quanto è avvenuto nelle ultime settimane in Ucraina è surreale al punto da far apparire la reazione della Federazione Russa sin troppo galante.
Nonostante una certa fiducia nella possibilità che Janukovich (incapace e corrotto, ma legittimo capo di governo del paese) fosse in grado di fermare l'ondata golpista, quest'ultima ha infine prevalso mettendo sul piatto un mix di affaristi in salsa liberal (i vecchi "arancioni"), vaghi dimostranti per altrettanto vaghi diritti civili (gli stessi dietro i quali in Occidente si mascherano gli untori del nichilismo) e i neofascisti atlantici di servizio dell'estrema destra.
Non è necessario scomodare sin da subito i massimi sistemi per analizzare la crisi ucraina essendo già abbastanza sconcertanti le sue premesse.
Prima di accusare la Federazione Russa di violazione dei vecchi accordi internazionali presi a tutela dell'integrità ucraina, è bene ricordare che il paese guidato da Yanukovich era stato invitato alla conferenza di Vilnius dall'UE (novembre 2013) per negoziare il proprio ingresso nell'unione in quanto ritenuto paese democratico. Almeno secondo l'idea che Bruxelles ha di democrazia.
Ma il governo di Kiev, fatti i legittimi conti, ha preso preso atto che la proposta economica dell'UE era meno conveniente rispetto al partenariato offerto dalla Russia ed ha quindi declinato l'invito al vertice.
E' qui che mediaticamente l'Ucraina è stata improvvisamente trasformata in un paese non democratico e Yanukovich, ritenuto solo poco prima un interlocutore credibile, un dittatore corrotto al soldo di Putin. Improvvisamente nel paese sono fioccate prima le manifestazioni filo-europee e poi gli squadristi, in un movimento multiforme sempre dipinto come "nazionalista".
Questa composita fazione europeista ha goduto sin da subito di appoggi politici e mediatici da parte dell'UE e degli USA ed entrambi gli attori hanno rivendicato – solo fino a pochi mesi fa avrebbero occultato il tutto – gli aiuti economici e logistici forniti ai dimostranti antigovernativi.
Yanukovich, incapace negli scorsi anni di dotare il paese di una linea politica credibile, è infine stato sconfitto più da se stesso che dal movimento europeista in quanto quest ultimo, pur non coinvolgendo assolutamente la maggioranza della popolazione, non è stato però ostacolato da una forte fazione filo-governativa (come avviene invece, per esempio, in Venezuela e in Siria).
Ma la cosa più grave è che con questa massiccia infiltrazione nell'opinione e nel corso delle cose in uno stato sovrano, UE ed USA hanno violato il diritto internazionale, ragion per cui appare quanto meno equivoca l'accusa rivolta ora da questi due attori alla Russia di aver violato gli accordi di Budapest del 1994 in base ai quali Mosca si impegnava a rispettare l'integrità territoriale di Kiev.
Non è in sostanza corretto accusare il Cremlino di aver cestinato accordi e regole che altri in precedenza avevano già affossato.
Sconcertante è inoltre la disinvoltura con la quale l'Occidente agisce secondo il "criterio" del doppiopesismo, con particolare riferimento alla recentissima situazione in Crimea. Se infatti Bruxelles e Washington sono stati lesti a riconoscere nella minoranza europeista ucrania un campione sufficientemente rappresentantivo tale da considerare tutta l'Ucraina come schierata dalla loro parte, sono proprio gli europei e gli americani a rimangiarsi questo criterio nel non accogliere la volontà realmente filorussa della popolazione della Crimea, una regione da sempre a maggioranza russofona (come del resto gran parte dell'Ucraina) e storicamente legata più a Mosca che non a Kiev (la penisola passò dalla Russia all'Ucraina per volontà di Nikita Kruschev nel 1954).
Le mosse militari con le quali Mosca sta di fatto occupando la Crimea e la promozione di un referendum che sicuramente sancirà la volontà espressa dal nuovo parlamento anti-golpista della regione, non sono altro che una legittima azione di difesa da parte di una Russia sempre più clamorosamente aggredita lungo i propri confini strettamente geografici o geopolitici. Se l'Occidente ha preteso di avanzare con la forza - il golpe attuato in Ucraina, anche considerando i suoi lati violenti, altro non è stato che un atto di forza - per centinaia di chilometri verso est, ricacciando il baricentro russo in Asia centrale, è del tutto naturale che Mosca cerchi almeno di limitare i danni recuperando fasce "cuscinetto" e strategiche di territorio in direzione opposta.
E alla fine di questo scontro tra titani dovremo ricordarci, come nelle liti tra bambini capricciosi, chi è che ha cominciato per individuare il vero colpevole di questa grave crisi.

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