Quello che è accaduto
nelle settima scorse all'istituto di vigilanza North East Services
rappresenta un drammatico fallimento del capitalismo non solo in
quanto tale perché il caso, duole dirlo a me che vedo nell'Occidente
un tutto indistinto e antinazionale, presenta alcune caratteristiche
malsane assolutamente e tipicamente italiane.
Procedendo con ordine
verso chi non conoscesse la vicenda, la North East Services (Nes da
ora in avanti) è un istituto di vigilanza con sede a Treviso
considerato sino a pochissime settimane fa uno dei primi quattro in
Italia, operante non solo nei servizi di classica sorveglianza a
trasporto valori ma soprattutto nella contazione dei denari liquidi
di banche e supermercati1.
Il sottoscritto, dipendente di quest'azienda, lavorava proprio in questo particolare settore nella filiale di Bergamo (il gruppo conta circa quindici filiali tra nordest, Bergamo, Genova e Torino).
Il sottoscritto, dipendente di quest'azienda, lavorava proprio in questo particolare settore nella filiale di Bergamo (il gruppo conta circa quindici filiali tra nordest, Bergamo, Genova e Torino).
A fine settembre una
grossa richiesta di liquidità al caveau di Treviso da parte di due
banche clienti non viene soddisfatta per mancanza fisica di denaro ed
essendo la cosa contabilmente impossibile scattano le denunce e le
ispezioni di Banca d'Italia e della Guardia di Finanza.
Emerge quindi che da
Treviso sono stati prelevati negli anni circa trenta milioni di €
liquidi, soldi dei clienti, per volontà dello stesso titolare che si
è avvalso del responsabile dei caveau come facchino per "coprire"
i prelievi con assegni scoperti, a quanto riporta la stampa.
Conclusione, clienti che
rescindono i contratti dalla sera alla mattina, altarini che saltano
fuori uno dopo l'altro tra debiti verso le banche e fornitori, enorme
esposizione verso l'erario per l'Iva non pagata, tribunali e
prefetture che valutano rispettivamente il fallimento e la revoca
della licenza a lavorare per la Nes, circa 700 dipendenti sull'orlo
della Cassa Integrazione e seri rischi di non essere integralmente
riassorbiti dal settore nei prossimi anni.
Il motivo di tutto
questo? Il vizio del lusso del proprietario che non ha utilizzato i
soldi di cui si è appropriato per scopi aziendali ma per soddisfare
la propria fame di auto, moto, barche, accumulando con questi beni un
enorme patrimonio di cui probabilmente nemmeno riusciva a goderne2.
Quanto accaduto alla Nes
rappresenta in prima battuta un classico esempio delle ingiustizie
del capitalismo. Un'ingiustizia che consiste nel vincolare
l'esistenza di un determinato mezzo di produzione (la cui esistenza è
espressione di una necessità del tessuto sociale o di quello
economico) alla persistenza del proprietario.
In parole povere, la
Nes non avrebbe avuto alcuna ragione meramente operativa per chiudere
in quanto il portafoglio cliente di cui disponeva al momento dello
scandalo, pur logorato da una decandenza commerciale che ha
riguardato gli ultimissimi mesi, era sufficiente a consentire il
proseguo dell'attività e a sperare in un prossimo rilancio della
stessa. Si tratta di una differenza abissale rispetto a tutte quelle
aziende che vanno in crisi e devono chiudere per un'effettiva
mancanza di lavoro.
La concezione alla base
del capitalismo e quindi della proprietà privata dei mezzi
economici, in un caso come questo, impongono invece che alla fine del
proprietario per ragioni giudiziarie corrisponda necessariamente la
fine dell'azienda cui vengono revocate le licenze a operare sebbene
il personale operativo, ovvero i comuni lavoratori, non abbiano
alcuna responsabilità nell'accaduto e abbiano al contrario garantito
sino all'ultimo l'erogazione del servizio, mentre i mezzi a
disposizione dell'azienda (veicoli, locali, apparecchiature,
amministrazione) fossero ancora tutti potenzialmente funzionanti.
Questa situazione
rappresenta un quadro perfetto di quella che potrebbe essere
un'azienda rilanciata sotto una pubblica regia, per intenderci sul
modello venezuelano della cogestion, in cui lo Stato subentra
come socio parziale (50%) in un'impresa di fatto abbandonata dal
padrone capitalista mentre la quota restante diviene una cooperativa
di lavoratori. Il primo finanziamento pubblico e la collaborazione
coi sindacati devono garantire l'immediata prosecuzione dell'attività
e il rilancio della stessa non senza, evidentemente, una
ristrutturazione interna nel segno di una maggiore giustizia sociale.
La cultura economica
attuale invece, quella per la quale dobbiamo ringraziare gli Adam
Smith, i David Ricardo, i Milton Friedman e via discorrendo, non
ammette un discrimine tra capitale e lavoro tanto da svincolare il
destino del secondo da quello del primo e svuotando i lavoratori di
ogni legame con la società e la comunità in cui operano.
Ma il dramma della Nes
ha indubbiamente anche caratteristiche tipicamente italiane in
quanto la vicenda è macchiata e si macchierà di assurdità che
difficilmente avremmo visto fuori dai nostri confini.
L'Italia dimostra ad
esempio rispetto a Spagna, Francia e alla stessa Grecia dei mesi
passati una capacità di mobilitazione dei lavoratori scarsissima e
che rispecchia in grande quello che è il disinteresse del lavoratore
nel partecipare alle vicende dell'azienda in cui lavora. Questa
drammatica spirale individualista è considerata da molti,
probabilmente non a torto, il prodotto di oltre vent'anni di
televisione berlusconiana, i cui messaggi hanno indotto i lavoratori
a rinunciare all'identificazione reciproca in un unico ceto sociale
abbracciando al contrario l'idea che fosse meglio svendere i propri
"simili" per diventare un domani uguali al "padrone".
Da qui la drammatica
crisi strategica del sindacato e, nel caso specifico della vigilanza,
una sottosindacalizzazione organica che ha permesso alle aziende
negli ultimi anni di acquisire un potere enorme sui dipendenti.
E' su questo terreno che
si è sviluppato il collasso della Nes laddove una truffa è stata
portata avanti nel più totale disinteresse di lavoratori che davano
per scontato, nell'illusione di poter un domani arrivare chissà
dove, di dover eseguire le più assurde disposizioni della dirigenza
e dei responsabili (ricordate la vecchia domanda provocatoria, ma
se ti dicono di buttarti nel fosso...?). Tristemente esemplare è
quanto dichiarato dal responsabile dei caveau, colui che
materialmente ha prelevato i denari a favore del titolare,
difendendosi dicendo "era la disposizione di un superiore, che
dovevo fare?" 3.
Come se la disposizione di un superiore travalicasse il discrimine
tra giusto e ingiusto, tra lecito e illecito.
Basandosi su quanto
sentito personalmente, è anche sicuro che tra i dipendenti fossero
in molti a Treviso a sapere come funzionassero determinate cose ma
nessuno ha mai mosso un dito nemmeno in forma anonima.
Diventa assolutamente
ipocrita a questo punto da parte di ciascun lavoratore
deresponsabilizzare se stesso e lamentarsi del fatto che nel corsi
degli anni non ci siano mai stati controlli da parte di Banca
d'Italia, della Guardia di Finanza o della Questura, controlli che
avrebbero in qualche modo potuto evidenziare la truffa con largo
anticipo, quando i primi controllori della qualità e della legalità
del lavoro dovrebbero essere i lavoratori che lo svolgono.
L'altro aspetto che
conferisce una triste italianità alla vicenda è la sicura impunità
sostanziale a cui andranno incontro i responsabili. Di fatto chi
ha rubato i soldi per soddisfare un oscuro egoismo possessivo
(altra devianza tipicamente capitalista) non subirà pene
sensibili dopo aver goduto per anni di un estremo benessere
materiale mentre coloro che si sono messi in affari con lui vendendo
auto e barche di lusso in cambio di contanti potrebbero non essere
coinvolti in questa storia. Il patrimonio sequestrato potrebbe anche
coprire buona parte delle truffe e dei buchi dell'azienda ma non la
salveranno dal suo destino ineluttabile e anzi a goderne sarà chi,
già ricco, potrà acquistare all'asta beni altrimenti di prezzo
superiore.
Nessun beneficio andrà
invece ai lavoratori che vedono seriamente compromessa la propria
posizione e tutto questo, è bene ribadirlo, per una situazione che
nulla ha a che vedere con le dinamiche dell'economia attuale o con un
contesto di crisi industriale.
L'atomizzazione estrema
quindi, tipica dell'occidente e portata a livelli buffoneschi da
vent'anni e più di Berlusconi, è una delle maggiori concause di
questo disastro.
A nessuno escluso,
sottoscritto compreso, spetta il diritto di sfuggire dalla propria
parte di responsabilità.
Materiali: la prima parte del video sul presidio dei lavoratori Nes a Venezia il 16 ottobre (Arcadianet su Youreporter)
Materiali: la prima parte del video sul presidio dei lavoratori Nes a Venezia il 16 ottobre (Arcadianet su Youreporter)
Seconda parte
Terza parte
1http://www.youreporter.it/video_Lavoratori_della_North_East_Services_a_Venezia_-_1a_parte
2http://tribunatreviso.gelocal.it/cronaca/2013/10/10/news/prendi-i-soldi-e-portameli-in-sede-svelato-il-metodo-compiano-per-vuotare-il-caveau-di-silea-1.7898406
3http://vigilanzaprivatagpg.wordpress.com/2013/10/10/north-east-services-schiavon-svela-il-sistema-compiano/
2 commenti:
Ottimo articolo, complimenti ;)
Carissimo Kevin, la ringrazio.
In questa sede facciamo del nostro meglio e questa era una questione conosciuta in prima persona in cui era d'obbligo lavorare bene ;-)
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