Dobbiamo credere che
nell'Universo esista un equilibrio. Un equilibrio fondato su qualcosa
che evidentemente trascende la materia e che alla peggio, se non ha
una natura spirituale, inerisce per lo meno la coscienza e
l'interiorità dei singoli esseri viventi.
Non siamo così ingenui
da credere che da qualche parte lassù esista un Dio
veterotestamentario che da e che prende secondo i propri capricci e
crediamo piuttosto che l'Armonia di questo nostro Kosmos stia
nella capacità del medesimo non di dare e prendere quanto di offrire
e chiedere e questa Sacra Armonia diventa allora nostra
responsabilità attiva nel prendere con saggezza ciò che occorre e
nel dare ciò che abbiamo quando questo può portare Armonia ad altri
o altrove.
Quando qualcuno spezza
questa ortodossia, prendendo senza misura e non dando mai nulla,
l'equilibrio si rompe e l'Armonia viene meno creando quello che
unanimemente riconosciamo come Male.
E' facile da parte di chi
di noi si sia sempre comportato rettamente venire meno ai propri
principi quando tutti intorno sembrano averlo già fatto e iniziare
ad agire in modo sbagliato nascondendosi dietro la necessità
dell'autodifesa dalle ingiustizie altrui secondo l'immorale principio
del mors tua, vita mea. La realtà è che così facendo ci
lanciamo anche noi nel circolo vizioso in cui il Male alimenta il
Male e questo finisce per ritorcersi presto o tardi contro di noi
spingendoci a fare ancora più Male. Prigionieri di questa spirale di
odio e disarmonia continueremo ad imputare agli altri tutti i mali e
le ingiustizie di cui noi stessi siamo in realtà coresponsabili. Il
Male che vediamo nel Kosmos altro non è che la proiezione del Male
che abbiamo dentro.
L'unico modo per rompere
questo kharma maledetto, destinato a trasmettersi non solo nello
spazio sino a tornare a noi ma anche nel tempo sino a infierire sui
nostri figli e nipoti, è un atto di forza suprema, doloroso
nell'immediato per noi, ma che si propagherà come una palla di neve
può scendere lungo una montagna sino a provocare una valanga. Vale a
dire, tornare ad agire in modo etico, dando e prendendo
secondo ragione ed equlibrio quando tutti intorno a noi fanno
diversamente perché se anche loro non saranno sensibili
immediatamente al nostro esempio, questo è destinato ad arrivare
loro addosso presto o tardi con effetto travolgente, tanto più
luminoso quanto più fitta sarà l'oscurità che il Male avrà
intessuto.
Questo per ciò che
concerne l'agire delle singole persone. Ma il principio può e anzi
deve valere anche per gruppi e comunità di persone in particolare
per la comunità individuata per eccellenza come soggetto politico
ribelle fondamentale, ossia la Nazione.
Mi riferisco in
particolare alla condotta che una Nazione rivoluzionaria deve tenere
in questo decisivo contesto di oggi nei confronti delle potenze in
mano all'Ordine Mondiale attuale con un richiamo particolare alla
Geopolitica.
Questa disciplina,
rivisitata dalla prospettiva eurasiatista e quindi come momento di
liberazione dell'Europa e dell'Asia dalla dominazione americana (a
sua volta strumento contingente di élite sovranazionali), si è
rivelata valida e scientificamente fondata. Chi scrive ne è un
discreto appassionato. Certamente la Geopolitica nel prescrivere
quelle che devono essere le linee guida della politica estera di una
Nazione per perseguire una propria logica di potenza, è efficace. E'
indubbio che agendo all'estero in base alla propria natura geografica
una Nazione non solo avrà più facilmente successo nell'imporsi come
egemone regionale ma favorità anche la propria forza economica
interna.
Questo è un approccio è
ben sostenuto e argomentato in un ottimo articolo di Enrico Galoppini
La
Geopolitica è "immorale"? Note su alcune obiezioni
all'apprroccio geopolitico nel quale lo studioso spiega le
necessità, per esempio per l'Italia, di perseguire una politica
estera coerente con la propria natura geografica. Questa necessità
contingente non affonda le proprie radici in una volontà di potenza
imperiale fine a se stessa quanto nel bisogno di difendersi dal
cattivo immanente, gli Stati Uniti d'America.
Fino a che ci saranno
loro, in sintesi, se non vogliamo prenderle dobbiamo rafforzarci di
conseguenza, e per farlo occorre anche costituire un'area di
influenza coerente con la geopolitica Italiana: egemonia
sull'Adriatico e sul Mediterraneo centrale, Libia come nostra "quarta
sponda", controllo di Albania, Malta, Tunisia aggiungeremmo.
Nel merito nulla da
ridire. La ricetta di politica estera indicata da Galoppini è
certamente efficace, coerente e in linea con le caratteristiche
dell'Italia tanto da poter quasi garantire il classico massimo
risultato con il minimo sforzo. Lo stesso potrebbe valere
tranquillamente per altre nazioni europee sottomesse all'America
tanto che la somma delle rispettive emancipazioni geopolitiche
potrebbe davvero portare alla cacciata degli americani dal Vecchio
Continente1.
Quello su cui si vuole
qui ragionare, senza contestare un amico stimato come Enrico
Galoppini e una disciplina appassionante come la Geopolitica, è il
metodo.
Se vogliamo davvero
migliorare il mondo, e qui si pretende di farlo senza perdere il
tempo con inutili palliativi di circostanza, dobbiamo perseguire la
giustizia e quindi incarnare questo obiettivo con un'azione coerente.
Cacciare un occupante
dalla propria terra significa anche mettere al bando i suoi metodi e
il suo retaggio, diversamente si rischia solo di cambiare l'uniforme
del padrone senza che la sua nazionalità abbia più alcuna
importanza. Ecco quindi che perseguire l'emancipazione nazionale e
continentale sponsorizzando la somma di geopolitiche delle potenze
regionali eurasiatiche significa in sostanza riproporre in scala lo
stesso modus operandi degli atlantisti dei quali tutto
si può dire meno che non considerano i criteri geopolitici come
fondamentali nella loro agenda imperialista, e quindi diventare in
qualche modo come loro. Questo significa appunto applicare il
principio del mors tua vita mea di cui sopra che, a differenza
della Geoplitica (neutra, in quanto disciplina da usare a nostra
discrezione) è realmente immorale.
Da un punto di vista
pratico, per la verità, l'utilizzo della Geoplitica in chiave di
egemonie regionali per contrastare l'imperialismo americano tralascia
di considerare che queste egemonie rischiano di collidere tra loro
creando tra i paesi euroasiatici anche motivi di contrasto per nulla
fertili ai fini della liberazione continentale. Si pensi ad esempio
alle linee di azione geopolitica di Francia e Germania,
strutturalmente in contrasto l'una con l'altra già sulla zona
renana, o di Germania e Russia nell'est Europa e nei Balcani.
Naturalmente non è pensabile allo stato dell'arte concepire una
lotta di liberazione all'America in cui Francia, Germania e Russia
non siano in buoni rapporti reciproci.
Ma vista la premessa
spirituale di questo articolo è bene anche considerare il dazio
kharmico che questo utilizzo spregiudicato della Geopolitica
comporterebbe. Utilizzare un male (espansionismo regionale degli
europei) per combattere un altro male (espansionismo universale
dell'America) non farebbe altro che alimentare il Male in assoluto e
quindi riprodurlo in nuove forme imprevedibili... magari inducendo le
élite che oggi dominano in America a tornare qui in Europa per
sfruttare una nuova potenza emergente come guardiana dell'Ordine
Mondiale totalitario.
Per spezzare questo
kharma che rischia di trascinare l'umanità in un'eterna spirale tra
dominatori e dominati i paesi europei dovranno sì tenere in buon
conto l'uso della forza militare per liberarsi dal dominio atlantista
(altri più capaci di me, come il filosofo Costanzo Preve, hanno
dimostrato l'idiozia di ogni velleitaria emancipazione non-violenta2)
ma utilizzando questa forza con etica, cosa che gli americani sino ad
oggi non hanno mai evidentemente fatto.
Personalmente, da
italiano, ritengo scontato piantare la nostra bandiera là dove
Dio volle il Tricolore, ma ritengo altrettanto scontato che non
vada piantato dove lo volesse arbitrariamente qualche italiano senza
misura, poiché il sacrosanto rispetto per la propria Nazione ha
titolo di esistere solo se accompagnato dal rispetto per le nazioni
altrui.
Ecco quindi che i paesi
europei desiderosi di emanciparsi dal padrone a stelle e striscie
devono sì armarsi ma rifiutando i criteri e i modi del nemico
puntando piuttosto alla collaborazione, alla cooperazione e alla
condivisione e suddivisione dei compiti su scala continentale per la
cacciata degli americani senza usare violenza a fini utilitaristici
su paesi terzi considerati strategicamente importanti.
La conclusione è che
questo modo di agire non contraddice la Geopolitica proposta da
Enrico Galoppini, ecco perché ho parlato poco sopra di ragionamento
e non di polemica, ma solo di una rivisitazione di questa disciplina
dalla chiave offensiva-regionale a quella difensiva-globale
(e difensiva
non significa molle),
cosa che costituisce un validissimo compromesso tra un agire morale e
uno geoplitico.
Le nazioni in sostanza
non devono perseguire proprie logiche di potenza per affrancarsi dal
dominio USA trincerandosi all'interno di un piccolo impero non
necessariamente stabile, semmai dovranno intervenire anche
congiuntamente per contrastare, sempre sulla base di criteri
geopolitici, un ulteriore espansionismo americano in Eurasia ed
avviare contro gli americani un processo di roll-back che li
cacci dal continente strappando via via dal loro controllo tutti i
tasselli fondamentali del mosaico.
Ecco quindi che
ragionando in termini sempre geoplitici ma anche etici, pensare di
emanciparsi dall'America egemonizzando Albania e Libia non
costituisce certo un'opzione, mentre lo è impedire la penetrazione
americana in Tibet, la loro cacciata dall'Asia centrale, il ritiro
della OTAN dall'Europa dell'est.
Questo compromesso si
basa sul perseguimento di un oggetto fondamentale che è ciò a cui
massimamente aneliamo, una cosa che non possiamo togliere ad altri
per averla noi stessi ma che al contrario vogliamo condividere con
tutti i popoli e nel nazioni del mondo: la Libertà.
1In
questo ragionamento naturalmente stiamo facendo finta di dimenticare
che gli stati non sono soggetti sovrani ma sottomessi alle
oligarchie...
2Costanzo
Preve, Elogio del Comunitarismo
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