Quando si parla di doppio
standard si indica quel modo disonesto di giudicare due fatti
analoghi per cui lo stesso gesto, compiuto da due soggetti, viene
considerato in modo diverso a seconda della simpatia o vicinanza che
nutriamo o non nutriamo per loro.
A livello di politica
internazionale l'Occidente costituisce il più spudorato applicatore
del doppio standard nel giudicare gli accadimenti globali e nel
prendere le misure conseguenti, per cui, banalmente, mentre le guerre
altrui sono sempre “aggressioni” le proprie sono “operazioni
umanitarie” e via discorrendo.
Ma due esempi dello
scorso finale d'anno possono darci un'idea esaustiva dei livelli
ormai grotteschi di arroganza e schizofrenia (non c'è altro termine
per definire queste ambiguità) da parte dell'Occidente e ci fanno
capire una volta di più perché questi episodi siano ad esso
strutturali.
Il 24 novembre scorso un
cacciabombardiere russo impegnato nella lotta al terrorismo in Siria
è stato abbattuto da un jet turco senza aver violato lo spazio aereo
di Ankara o, nella peggiore delle ipotesi, violandolo solo per pochi
secondi e senza costituire una minaccia. Contro ogni legalità e
persino contro le stesse procedure dell'alleanza di cui fa parte (la
Nato) la Turchia ha abbattuto l'aereo provocando indirettamente la
morte di uno dei due piloti e in seguito di uno dei militari mandati
in soccorso.
A fronte di questo
episodio la diplomazia americana ha sottolineato il diritto della
Turchia di difendersi, dissimulando il fatto che non c'era nulla da
cui difendersi, che l'alleanza egemonizzata da Washington prevedere
regole di ingaggio molto diverse e che lo sconfinamento del velivolo
russo resta tutto da dimostrare. L'Europa olografica invece ha solo
aggiunto un assordante silenzio, non avendo l'autorità per
esprimersi in nessun modo sulla questione, limitandosi a ribadire una
supposta negatività dell'intervento russo in Siria.
A inizio dicembre invece
oltre un centinaio di soldati turchi con svariati mezzi e carri
armati sono entrati in territorio irakeno, nella regione autonoma del
Kurdistan. In questo caso lo sconfinamento non solo non è
dissimulato, ma è dichiarato e rivendicato da Ankara col pretesto di
addestrare milizie curde contro l'Isis. Vi sarebbe molto da
riflettere sul fatto che proprio dei curdi, storici nemici della
Turchia, beneficerebbero di sostegno militare soprattutto dopo che la
Turchia stessa non si è fatta problemi a lasciare i curdi siriani di
Kobane da soli alle prese con i takfiri. Ma il punto più evidente è
che un paese non autorizzato ha violato, in modo unilaterale, la
sovranità territoriale di un altro stato, l'Iraq. Tutto ciò che
Ankara ha potuto portare a difesa della propria azione, oltre al già
citato addestramento per i curdi, è il consenso del governo della
regione autonoma in cui i propri militari sono penetrati. Un po' come
se forze armate austriache entrassero a Bolzano dicendo di avere il
consenso della regione a statuto speciale Trentino – Alto Adige. Il
debole Iraq sta protestando a livello internazionale ma nemmeno le
decantate Nazioni Unite sembrano capaci di accogliere queste
rimostranze mentre gli USA non dimostrano nel criticare la Turchia la
stessa solerzia vista quando c'è stata da difenderla ingiustamente.
L'Europa, ancora un volta, è olografica, mentre ogni nostalgia su
come l'Iraq dei tempi andati avrebbe reagito a un'invasione turca non
fa che aumentare i nostri rancori.
Sarebbe interessantissimo
approfondire il perché di questi doppiopesismi nei due casi
specifici, che in realtà costituiscono un caso unico, ma è sul
metodo che si vuole qui ragionare più che sul merito.
Il doppiopesismo, il
doppio standard appunto, applicato dagli occidentali in queste due
vicende così strettamente connesse l'una all'altra oltre che
grottesco ha qualcosa di esasperante. Un'esasperazione che, in un
osservatore di Coscienza, nasce dall'impossibilità a comprendere
come questo modo di affrontare la realtà possa passare inosservato
ai più. Ma anche dalla consapevolezza che il doppio standard è
tipico di un male che oggi attanaglia il mondo: l'unipolarismo, la
soggezione della quasi totalità del pianeta a un'unica superpotenza
che agisce perseguendo il male.
In questo contesto la
superpotenza dominante sa di non avere avversari che nell'immediato
possano metterne in discussione il ruolo e sa anche di avere un
dominio incomparabile sulla comunicazione mediatica. Pertanto essa ha
il potere di plasmare la realtà imponendo i propri punti di vista e
le proprie versioni senza preoccuparsi della loro effettiva
lontananza dalla realtà. Un'ingiustizia è tale solo se a
commetterla è un antagonista, ma se è un alleato o la superpotenza
stessa allora è un atto giustificato.
Un mondo multipolare
oppone invece a una maggioranza egemonizzata da un solo gendarme, una
varietà di blocchi di nazioni e alleanze molto più livellati al
proprio interno e senza quell'oppressione che è tipica dei dominanti
sui dominati nell'unipolarismo. E l'allargarsi del numero di attori
protagonisti porta, in un modo che potremmo dire inversamente
proporzionale, a uniformare i criteri di giudizio proprio perché la
credibilità dei soggetti dovrà essere oggettiva e non sarà più
legata alla propria capacità di manipolazione.
Unipolarismo vuol dire
dunque, strutturalmente, doppio standard.
In altre parole, menzogna
che si fa sistema affinché il sistema riproduca se stesso.
1 commento:
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