Oltre duemila anni di
storia non sono bastati al genere umano per metabolizzare il
drammatico conflitto che la predicazione di Gesù di Nazareth ha
involontariamente scatenato tra le antiche religioni pagane e i Suoi
insegnamenti. Del resto è un triste destino dei grandi maestri
vedere i propri messaggi fraintesi, manipolati o volutamente distorti
già pochi anni dopo la propria scomparsa e il giovane esseno non ha
costituito un'eccezione a dispetto del proprio illustre (dire
poco...) retaggio familiare.
Gli insegnamenti di Gesù,
ripuliti da ogni speculazione umana tanto più distante da ogni
corretta interpretazione quanto più radicati in una struttura
gerarchica quali le varie confessioni speculative che si sono formate
nel tempo, costituiscono in effetti una semplice, seppur consistente,
correzione di rotta delle antiche religioni che erano via via deviate
dalla propria tensione spirituale originaria sino a divenire incapaci
di permettere la trascendenza dell'uomo e l'illuminazione della
scintilla divina che ciascuno di noi porta dentro.
In questo senso la
predicazione di Gesù Cristo si è rivolta agli ebrei sì, ma anche
ai pagani come attestato dai Vangeli (motivo di scandalo per i
sacerdoti), accomunando in qualche modo i due culti tra i quali anzi
l'ebraismo, come vedremo, era quello che più nei millenni si era
allontanato dalla spiritualità originaria, ragion per cui in base il
principio evangelico secondo il quale il medico va tra gli
ammalati, proprio tra gli ebrei era stato mandato Gesù.
La Bibbia insegna che
l'uomo è stato creato a Sua immagine e somiglianza.
Tralasciando le interpretazioni più fantasiose in merito,
l'esperienza insegna che l'uomo è di per sé un essere di natura
spirituale, infinito nelle proprie capacità e proprietà creative,
per dirla in un ossimoro un'autentica porzione infinita di
quell'emanazione onnipresente che è lo spirito divino emanato
direttamente dal Principio al momento della creazione e che, nel
linguaggio biblico, è stato poi indicato come Spirito Santo.
Il corpo fisico dovrebbe
essere unicamente un veicolo grazie al quale fare una sorta di
viaggio terreno ed esperire in questo tempo e in questo spazio una
parte del nostro potenziale. Questo mezzo di libertà si è tuttavia
trasformato in una prigione nel momento in cui l'uomo, forte del
proprio potenziale, ha deciso di utilizzarlo non più in base alla
Legge divina ma seguendo una propria legge, nel più classico copione
del figlio che, crescendo, decide di abbandonare il cammino indicato
dai propri genitori1:
questo momento altro non è, per usare termini noti a tutti, che il
Peccato Originale.
L'uomo ha finito così
per essere oppresso dalla propria fisicità dimenticando
letteralmente, vuoi a causa delle fatiche vuoi al contrario dei
piaceri contingenti che il corpo comportava e offriva, la propria
natura spirituale e di conseguenza il proprio potenziale creativo.
Da questo momento
l'esistenza umana si è configurata come una continua elaborazione di
culti e rituali tesi a colmare quel vuoto che ha sempre oppresso nel
profondo l'essere umano, incapace di capire perché, per quanto
potesse sforzarsi di condurre una vita retta, per quanto potesse
diventare grande agli occhi degli altri, per quanto potesse
accrescere il proprio benessere, per quanto potesse abbandonarsi a
ogni sorta di godimento materiale, alla fine era sempre e comunque
infelice e incompleto.
In sostanza l'uomo ha
sempre cercato – e cerca - inconsciamente di tornare a Dio.
Il Paganesimo di stampo
greco e romano è la religione che, prima della nascita di Gesù, più
di ogni altra ha tentato di colmare questo vuoto rimanendo però
incapace di concepire la Totalità, forse in un eccessivo omaggio al
senso della misura degli antichi, e privilegiando invece un
accostamento parziale al Divino.
Per essere più chiari
l'uomo potrebbe risvegliare la propria natura con un abbandono allo
spirito divino che permea il Creato e ritornare in contatto con il
Principio, ritrovando tutte le proprie doti e le proprie qualità
originarie. Si tratta ovviamente di un'ascesi più facile a
descriversi che a farsi perché punto di arrivo di un difficile
percorso iniziatico, oltre che di un costante esercizio di preghiera
e meditazione, e che non a caso è sino ad oggi riuscito solo ai
pochissimi che non hanno desistito. Questa consapevolezza è andata
via via perdendosi nei secoli, nei millenni, e solo pochi retaggi
parziali sono stati raccolti ora da questa ora da quella religione e
il Paganesimo ne è stato in grado di trattenerne una buona parte
perdendo però, probabilmente sempre in un malinteso omaggio al
tipico senso della misura greco cui si è già accennato sopra,
l'idea della Divinità unica, infinita, totale e sostituendolo con
una pluralità di dei.
Questo ha comportato per
l'uomo antico la necessità di accostarsi al divino in termini certo
anche efficaci ma frammentari. Impossibilitato a tornare alle
origini, l'uomo greco e romano ha creato degli dei a propria
immagine e somiglianza, richiamandosi poi a loro ogniqualvolta
potevano aver bisogno di una dote che trascendesse i limiti
altrimenti imposti dalla dimensione umana. Ecco allora le invocazioni
ad Ares/Marte per avere la forza di vincere una battaglia, le offerte
ad Aphrodite/Venere per avere appagamento in amore, la richiesta di
assistenza ad Athena/Minerva per ottenere il necessario intelletto, e
così via. E' da questo tipo di approccio che scaturisce tutta quella
mitologia antica di uomini, quali Ercole o Odisseo, particolarmente
eccezionali pressoché in un'unica caratteristica, l'unica che
avessero risvegliata ai massimi livelli grazie all'accostamento
parziale al divino, un tipo di accostamento sicuramente più facile
da ottenere ma allo stesso tempo limitato nei risultati e,
evidentemente, alle necessità contingenti. Ci si rivolgeva agli dei
per soddisfare i propri bisogni terreni e per questo non si aveva
alcuna difficoltà a far scendere gli dei sulla terra intrecciando le
loro vicende con quelle umane.
L'ebraismo ha segnato
invece il punto di massimo allontanamento dalla spiritualità
originaria in quanto non solo si è persa la possibilità di
risveglio totale della scintilla divina, ma anche quella di una sua
accensione parziale, alla maniera pagana. L'ebraismo infatti non
conosce le singole sfaccettature della divinità tipiche del
Paganesimo e ancor meno prevede la possibilità dell'abbandono totale
alla sostanza divina che sarà poi ricordato da Gesù, il ritorno
integrale al Principio. Il Dio ebraico è un Dio in tutto e per tutto
trascendente che si pone come padre-padrone nei confronti dei suoi
figli, non esitando a usare verso di loro una severità al limite
della crudeltà, proprio perché l'uomo si percepisce ora come un
suddito che deve solo obbedienza a questa sorta di monarca assoluto
celeste.
Per correggere questa
distorsione ecco allora arrivare Gesù di Nazareth, Figlio di Dio in
quanto il concepimento nel ventre di Maria - figura che dovrebbe far
riflettere sul ruolo che la donna riveste in campo spirituale come
portale tra la dimensione celeste e quella terrena – è avvenuto
non per mezzo dell'uomo ma dello Spirito Santo, ossia la medesima
sostanza divina con la quale è permeato il Creato sin dal primo
istante. Compito di Gesù è stato essenzialmente quello di
rilanciare il piano della Creazione, ricordando letteralmente
all'uomo, dimentico della propria origine divina, quale fosse il
proprio vero potenziale attraverso gli insegnamenti e i miracoli.
Ciò che purtroppo è
avvenuto già pochi anni dopo la morte del Nazareno è esattamente
quello che era successo ai tempi della Creazione originale, ossia i
figli hanno cessato di dare ascolto ai padri pensando di poter fare
di testa propria. E così gli insegnamenti di Gesù, che pure avevano
permesso ai primi cristiani quali gli apostoli Pietro e Paolo di fare
esattamente quello che faceva il loro Maestro, sono stati presto
dimenticati e il valore del ritorno a Dio per mezzo dello Spirito è
stato completamente svuotato del suo significato e ridotto dalla
dimensione spi-rituale a quella rituale, a puro cedere
e ricevere la particola consacrata quale atto di rispetto verso il
Figlio di Dio, quasi a voler rinnovare formalmente la fede, ma senza
che da questa comunione rituale derivi necessariamente (ne è anzi
verosimilmente inibita) la comunione spirituale, raggiungibile solo
in preghiera, meditazione e ascesi mistica.
Rivisitando i livelli di
possibile accostamento e ritorno alla natura divina dell'uomo -
parziale nei pagani, totale nei cristiani, o meglio in quei cristiani
che veramente hanno seguito le orme del maestro – l'insegnamento di
Gesù appare quindi non un elemento di rottura tra il Paganesimo e il
successivo Cristianesimo, quanto una cerniera, un momento di
continuità, in cui rilancia un'antica sapienza andata parzialmente
perduta. Ovviamente i panni nei quali Gesù si trova inizialmente a
operare sono quelli apparentemente di un ebreo, per i motivi già
detti. L'ebraismo, a dispetto della condivisione col Cristianesimo di
una buona parte di scritture, incarnava in sostanza la confessione
più distante dalla spiritualità autentica e in questa sede il
messaggio di un Cristo, nel pieno rispetto della sua sfaccettatura
umana, poteva essere ancor più radicale e rivoluzionario.
1Questo
momento permette di problematizzare diversamente la comparsa del
Male nell'esistenza umana. Perché, ci si può chiedere, se il
Creatore è perfetto e la Creazione è a Sua immagine e somiglianza,
l'uomo ha deciso di allontanarsi dalla Legge divina lasciandosi
sedurre dalla tentazione di Lucifero? Come accennato, i figli
tendono sempre, a un dato momento della propria maturità, ad
allontanarsi dagli insegnamenti dei genitori, eppure madre e padre
non insegnano loro il male. Si tratta di un normalissimo percorso
iniziatico che vede sempre il ritorno dei figli ai padri dopo aver
esperito la fallacia delle altre vie, e permette di apprezzare una
volta di più la bontà degli insegnamenti ricevuti, perfezionando
così la propria ascesi. La storia dell'uomo, allontanatosi da Dio e
in eterna ricerca di un ritorno alle origini, altro non è che la
millenaria storia di un figlio che si è allontanato dal padre.
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