Non è affatto facile
parlare in modo chiaro e condiviso sulla questione spirituale in
un'ottica antagonista rispetto alla modernità e alle stesse logiche
anticapitaliste.
La spiritualità infatti,
o meglio ancora le varie forme di spiritualità e religiosità sane1,
sono oggi sotto attacco da parte del conformismo dilagante come pochi
altri fattori decisivi per la conservazione della dignità umana e
comunitaria.
Lo spirito dell'uomo, per
percepire il quale occorre trascendere se stessi come corpo e come
mente, operazione tutt'altro che impossibile, è messo in discussione
vuoi da un ateismo che solo in poche persone dignitose conserva i
tratti del rispetto e della buona creanza, mentre più spesso
travalica i limiti del lecito per diventare esso stesso un
Fondamentalismo violento, vuoi da forme malsane di spiritualità che
sì, considerano l'esistenza di qualcosa di trascendente la
dimensione biologica della vita umana ma lo fanno in maniera
funzionale al potere insinuando l'idea che gli unici rapporti
possibili con la dimensione dello spirito siano la sudditanza
obbediente o, al contrario, la sua strumentalizzazione per perseguire
fini immediati e terreni a esclusivo vantaggio individuale,
alimentando più che mai l'Ego come presunto protagonista di questo
possesso dello spirito.
Sarebbe facile, e a mio
avviso sensato, dire che il miglior discrimine per distinguere la
spiritualità buona da quella cattiva sia il semplice affidarsi alla
Sensazione, quella sorta di voce ancestrale che possiamo, anche qui
facilmente, sentire dentro di noi ripulendola da ogni attaccamento
emotivo2.
Per essere meglio
compreso in questa fase occorre però usare un diverso registro e
sostenere che il modo migliore per individuare una sana pratica
spirituale è valutare quanto esssa contribuisca alla propria
liberazione personale, laddove con libertà non si intende "libero
di...". Questo ci rispedirebbe infatti nel medesimo
individualismo conformista che in realtà è la negazione dello
spirito in quanto lo spirito è, necessariamente, mezzo per entrare
in contatto con qualcosa che ora chiameremo Assoluto, e che alla fine
del percorso ognuno potrà legittimamente definire Dio, Krshna,
Universo, Principio, Pantheon, etc.
Il Ritorno all'Assoluto è
un cammino (ecco quindi che la religiosità si caratterizza come
processo dinamico e non come punto di arrivo statico) che comprende
senza dubbio tappe da compiere singolarmente, ma che va vissuto in
sostanza in modo comunitario, perché solo il reciproco legame tra
noi e gli altri a livello comunitario e spirituale può attivare il
più profondo legame tra noi e l'Assoluto.
Ogni richiamo al divino
declinato singolarmente quale Vieni a me!
non è nulla più che la sulfurea esalazione di un'invocazione
satanica o New Age.
Per meglio spiegare il
rapporto tra noi e l'Assoluto che va delineandosi, e al quale si
giunge spontaneamente seguendo questo tipo di ragionamenti e
pratiche, può servire una metafora invero alquanto ridicola e
irrispettosa, ma funzionale.
Immaginiamo una fonte
inesauribile di energia elettrica, una centrale, un generatore, e da
questa un impianto di conduzione che si dirami infine in tante
lampadine. L'energia nasce dalla fonte e si estende lungo l'impianto
sino alla lampada. Si estende come un tutto continuo senza soluzione
e nel suo momento finale illumina la lampadina che diventa così un
contenitore di luce. Le lampadine sono anche connesse tra loro e
quando una di esse, infine, si fulmina, l'energia ritorna alla fonte.
Questa struttura è costituita di tre parti distinte ma è al
medesimo tempo un tutt'uno in cui ogni parte si completa solo con le
altre.
Possiamo immaginare
quindi la fonte di energia come Dio, l'energia stessa che scorre
lungo l'impianto come la sua sostanza, uno spirito panteistico che
scorre ovunque, e l'essere umano come la luce che si accende
nel momento in cui l'energia arriva nella lampadina.
Un primo discrimine
oggettivo che possiamo tracciare tra una spiritualità corretta e una
che non lo è riguarda proprio questo momento. L'uomo, abbiamo detto,
è la luce e non la lampadina. L'errore esiziale che separa l'uomo
dall'Assoluto consiste proprio nell'identificarsi con la lampadina,
la materia grezza, e questo comporta sia la fine della sinergia col
Divino che l'accettazione di una dimensione finita del sé. La
vita fisica, così come la durata di una lampadina, sono solo una
fase contingente, un particolare modo di esperire di una luce che è
invece infinita. Identificandosi con la lampadina, quando questa
arriva infine a fulminarsi, si identifica la sua fine con la fine
della luce e quindi della vita. E' ciò che in qualche modo potremmo
anche chiamare Inferno.
Questa visione delle cose
può essere vissuta da ciascuno di noi senza vincoli religiosi
ufficiali, ma allo stesso tempo si applica perfettamente a parte
della maggiori fedi codificate. Essa rappresenta bene anche la
sostanziale immagine divina dell'uomo che in questo schema
metaforico, si ricordi bene, non è la lampadina ma la Luce che si
accende nella medesima. La lampadina è solo uno strumento, un
contenitore o, fuor di metafora, un mezzo di trasporto fisico che
consente all'Anima (vera natura umana) di effettuare il proprio
viaggio terreno su questa Terra.
Inoltre il rapporto
diretto con l'Assoluto a mezzo di una "parzialità" divina
risolve finalmente la dialettica tra Immanente e Trascendente e
formare una divinità davvero completa con l'ausilio di tutte le
singole anime che anelano ad essa.
Oggi abbiamo però un
conformismo dilagante che tende a deviare da questo tipo di ricerca
sia proponendo nuove forme di spiritualità malsana sia inquinando
quelle già esistenti.
Esempi clamorosi possono
essere, per quanto riguarda il primo caso di deviazione, il Reiki,
disciplina in cui attraverso lo spirito il master può davvero
guarire le malattie di altre persone ma, attenzione, con la falsa
consapevolezza di essere lui il protagonista della guarigione anziché
un semplice tramite dell'Assoluto. Sostituendo se stesso
all'autentico soggetto divino che da la salute il master pensa di
essere divinità esso stesso (anziché una parte di essa) e tralascia
la fondamentale parte del ringraziamento per essere stato
strumento di una Potenza divina.
Una simile pecca può
anche essere imputata al movimento New Age, vero e proprio meccanismo
di riciclaggio di stampo mafioso del satanismo tout court, in cui la
spiritualità è addirittura commercializzata e consumata
capitalisticamente e tutto è vissuto in un individualismo
fondamentalista che pretende di ricongiungersi al Divino al solo fine
utilitaristico di piegarlo alla propria volontà particolare.
All'interno della
Cristianità, per venire invece al secondo tipo di deviazione attuata
all'interno di culti millenari, abbiamo invece la marginalizzazione
della Comunione, la sinergia totale col Divino. Sulla metafora
energetica di cui sopra può essere perfettamente cucito il
meccanismo cristiano del Padre (fonte di energia), Figlio (i fedeli,
e non semplicemente Gesù che è stato un particolare Figlio con
un'altrettanto particolare funzione) e Spirito Santo (l'energia che
va dal Padre al Figlio e torna al Padre quando la vita terrena
cessa). La Comunione cristiana così come ce la spiegano i Vangeli
canonici, e non qualche infiltrato anticlericale, altro non è che
l'abbandono del fedele allo Spirito in preghiera e meditazione per
sentirsi un tutt'uno col Padre, percependosi finalmente a sua
immagine e somiglianza e risveglaindo quindi, con la propria identità
divina, tutte le proprie potenzialità che gli consentono di attuare
cose meravigliose nel tempo e nello spazio che la Grazia avrà
concesso.
Oggi invece, vuoi per la
passività dei fedeli che spesso sono tali solo per inerzia
educativa, vuoi per la poca attenzione dei sacrdoti e catechisti che
non insistono troppo su questo aspetto per un malinteso senso di
sudditanza a Dio, non solo la fondamentale pratica della Comunione
viene derubricata a un rituale "mangiare Gesù" incarnato
nella particola, quasi l'immanenza di Dio si riducesse alla
materialità storica del Nazareno, ma viene del tutto espulso il
terzo soggetto, lo Spirito Santo, ponte tra Creatore e Creato,
ridotto a un nonsoche indistinto (chiedere a chi frequenta Messa per
avere conferma).
In questo modo il
rispettoso rapporto filiare che si potrebbe avere con Dio viene
degradato anche nel Cristianesimo a una sottomissione indiscriminata
e senza tramiti, in cui l'unica gerarchia è costituita da un
Padre-padrone e da un Figlio subalterno. E' il ritorno a un Dio
veterotestamentario, che non concede Comunione con se stesso, il Dio
ebraico che, concretamente, comanda "ammazzate il palestinese"
e il fedele risponde "sì padrone" senza alcuna dialettica.
E' il ritorno a un Dio veterotestamentario che doveva essere mandato
in soffitta con le evidenti incoerenze tra Vecchio e Nuovo Testamento
da giustificarsi attraverso la Comunione "ricordata" da
Cristo agli uomini dimentichi della propria vera natura. Ma
un'imperialismo teologico e conformista ha evidentemente travalicato
il limite tra le Scritture e il vecchio Dio imperfetto ebraico e ha
colonizzato anche gli ultimi libri della Bibbia inchiodando più che
mai Cristo alla Croce e rendendolo oggetto non più immanente ma
trascendente e quindi, senza lo Spirito intermediario,
irraggiungibile.
Mi si perdonerà la
digressione consistente sulla Cristianità, del resto la deviazione
interna a una fede millenaria che potenzialemte raggiunge un miliardo
di persone è più grave degli sparuti per quanto deplorevoli seguaci
luciferini della New Age.
Tornando sui passi
iniziali, la pratica spirituale è quindi marginalizzata in due modi:
ora accusando di ogni male possibile le religioni tradizionali
costringendo le medesime alla difensiva e a una progressiva
secolarizzazione e impoverimento teologico che le rende quindi sempre
più incapaci di rispondere adeguatamtente alle esigenze interiori
della gente; ora incanalando il disagio interiore delle persone verso
un ateismo spacciato per libertario, autentico meccanismo di
autodifesa psicologica che illude il soggetto atomizzato di essere
realmente libero, ora verso una spiritualità deviata o addirittura
controproducente (satanismo o New Age in primo luogo, ma anche il
protestantesimo e il calvinismo ne sono un esempio) che regala anche
in questo caso la falsa sicurezza di aver messo la propria anima in
salvo.
Naturalmente il livello
di efficacia di una determinata pratica spirituale che, si ripete,
può essere assolutamente autonoma (non si vuole certo qui
incoraggiare frettolosi atti di conversione e nemmeno di apostasia),
può in realtà essere percepito dal livello di conflitto che questa
scatena contro il conformismo dilagante e quella malsana forma di
pensiero forte mascherato da somma di pensieri deboli che è il
pensiero unico dominante oggi in Occidente.
Cristianesimo, Islam,
Paganesimo tradizionalista, Gnosi sono puntualmente sotto il fuoco
incrociato della disinformazione di sistema a diversi livelli
sebbene, in concreto e al di là dell'imperfezione a volte grave dei
vertici di questi culti (in particolar modo la Chiesa Cattolica), non
si capisce bene di cosa questi culti siano accusati e quale siano i
miglioramenti che l'umanità non riesce a perseguire per colpa loro.
Il Buddhismo viene
spogliato della sua originaria nobiltà e meraviglia e ridotto al
buffonesco passatempo di quei figli di papà che se un tempo
giocavano alla rivoluzione contro i genitori miliardari, oggi
venerano Siddartha Gautama, senza sapere chi sia, solo per
indispettire la Croce.
Di contro i pericoli del
satanismo e della New Age sono invece artificialmente circoscritti a
pochi fatti di cronaca nera di sbandati da tre soldi senza che se ne
investighi la pericolosa diffusione tra le alte sfere sociali.
L'ateismo infine prosegue
indisturbato, o peggio, nelle vesti di finto martire, l'opera di
sistematizzazione di quel pensiero unico che eliminando lo spirito
non fa altro che portare all'estremo la scomposizione dell'individuo
al suo momento non più divisibile e quindi massimamente manipolabile
(atomismo) puntellando poi la sete di spiritualità dello stesso con
il fideismo fondamentalismo su cui lo stesso atesismo deve però
poggiarsi per "garantire" almeno la certezza di un momento
ontologico zero, senza il quale l'individuo, privato di un fine
nella propria esistenza, non vedrebbe nemmo un inizio crollando
indefinitamente nell'abisso.
Ma questo è l'inizio di
un altro saggio.
1Ve
ne sono, ma già a questo punto qualcuno potrebbe obiettare: quale è
il criterio per distinguere una spiritualità sana da una insana?
2Vedasi
il documentario Lo Sfidante,
http://losfidante.marenectaris.net/
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