In ogni persona di
coscienza, gli episodi di violenza suscitano naturalmente rigetto e
cordoglio, orrore e rabbia. E quanto più sono deboli e indifese le
vittime, rispetto ad aggressori sempre più brutali, tanto più
crescono le sensazioni di disprezzo.
E' normale quindi che di
fronte ai casi di violenza sulle donne1,
indipendentemente dalle condizioni in cui viene lasciata la vittima –
uccisa o meno – la pubblica opinione si stracci le vesti.
Come è tipico della
(in)civiltà occidentale accade tuttavia che nella filiera di
notizie, dibattiti, approfondimenti, commenti su questi brutti fatti
di cronaca, finisca inevitabilmente per mancare il pezzo più
importante dell'analisi.
Vale a dire, in omaggio
alla totale incapacità dell'occidente di interrogare e
problematizzare se stesso, non ci si chiede mai perché
si arrivi a queste barbare violenze dell'uomo sulla donna, quasi
queste violenze fossero un corpo estraneo rispetto alla nostra
società, un elemento inserito a forza dall'esterno e non piuttosto
un prodotto endogeno.
Non è certamente cosa
facile capire perché oggi, probabilmente più che in passato, una
donna sola debba continuamente guardarsi le spalle mentre cammina,
magari anche in luoghi frequentati e percorsi da altre persone, ben
sapendo che in caso di pericolo nessuno le verrà incontro.
Ma possiamo dire con
ragionevole certezza che questa motivazione risiede nell'aggressore,
nel maschio ed è in lui che dobbiamo, con distacco e razionalità,
cercare cosa vi sia che non va, cosa lo spinga a a violare e
massacrare colei che dovrebbe invece essere l'oggetto della sua
protezione, la destinataria del suo amore.
Perché se un uomo, in
assenza di una vera patologia, arriva a comportarsi in maniera così
diametralmente opposta alla propria natura è probabile che egli
stesso sia stato vittima di una violenza in passato... una violenza
certo di altro tipo, ma altrettanto profonda e, soprattutto,
condizionante.
Lo stupro, il
femminicidio non sono corpi estranei rispetto all'occidente. Ne sono
invece il naturale e inevitabile prodotto nel momento in cui
l'identità maschile è stata a sua volta “stuprata” dalla
cultura in cui vive.
Oggi tutto ciò che è
“maschio”2
è costantemente deriso, marginalizzato, additato come comportamento
sessista o, con un linguaggio politicamente corretto, “stereotipo
di genere”.
Chi volesse esprimere
cavalleria nei comportamenti, o dirottare un conflitto sul piano
fisico della forza, che è cosa ben diversa dalla violenza, chi
volesse un po' di sana competizione, che a sua volta è lontana dalla
competitività individualista del sistema, oggi è fuori posto e non
ha come esprimere se stesso nei confronti del proprio simile maschio
e del gentil sesso3.
La società vuole che le
più normali espressioni di virilità siano in tutti i modi
neutralizzate, represse, e che il maschio si tramuti in un essere
sempre più etereo, indistinto, che spinga la propria comprensione
dell'universo femminile sino a una pericolosa osmosi e confusione con
lo stesso.
Ma la psiche umana ha i
propri meccanismi di difesa e rigetto e così, ancora più a monte,
la Natura ha i suoi modi, tendenzialmente brutali, per ribellarsi
alla contro-natura.
Un maschio costantemente
fuori posto sin dai tempi della scuola, dell'asilo, può accumulare
frustrazione e repressione sino a un certo limite. Qualcuno col tempo
impara a coesistere con questa dimensione. Qualcun altro, più
elevato, trova il modo di sublimarla sottilmente. Ma una minoranza di
elementi non trova vie di fuga e di controllo per cui a un certo
momento la tempesta deve trovare un'altra strada... la strada
peggiore, quella della quale leggiamo spesso le cronache sui giornali
e sui notiziari in rete o che sentiamo alla tv.
Mi si perdoni l'apparente
mancanza di tatto, perché in realtà non voglio prendere in esame il
singolo caso concreto, ma la situazione generale, ma non ha alcun
senso lamentarsi e gridare di dolore per dei drammi che ci siamo
prodotti da soli. Non si possono creare stupratori e pretendere che
si comportino da eroi del Romanticismo. Non si possono creare
stupratori e sperare che non stuprino...
La parte peggiore è
quella che infine si consuma a fatti avvenuti. Del tutto incapace di
mettere in discussione se stesso, l'occidente, nella sue
sovrastrutture (scuola, media, governi, associazioni a tema, etc)
spera di risolvere il problema della violenza contro le donne non con
un cambiamento di paradigma che riscopra il valore dei sessi e il
loro equilibrio naturale (che è simbiotico e non osmotico) ma al
contrario reiterando quegli stessi meccanismi repressivi della natura
che hanno prodotto la violenza.
Di fronte allo stupro la
classe dirigente, non solo politica, ma anche medico-psicanalitica, è
incapace di rivedere il modello di educazione maschile e si riduce
all'imposizione di un generico quanto sterile “rispetto” per
l'alterità femminile4
non riscoprendo la virilità, che per una semplice questione di onore
impone la sacralità della donna, ma al contrario mortificandola
ancora di più attraverso improbabili ideologie di genere e
decostruzione di presunti stereotipi.
La
società occidentale è in fondo anche impossibilitata a condannare e
arginare la violenza sessista perché essa stessa è una società
che si regge sulla violenza e, in modo strisciante, deve invece
giustificarla. Chi vuole esprimere una condanna contro un
femminicidio non è coerente se su un altro versante permette e
incoraggia sottobanco per esempio il bullismo. Una forma di violenza,
quest'ultima, altrettanto odiosa perché attuata dai palesemente
forti contro i drammaticamente deboli sin dalla tenera età e che ha
lo scopo di insinuare nella popolazione l'idea di far parte di un
insieme di paesi legittimati a usare la violenza sulle nazioni a loro
volta più povere e indifese.
La ragion d'essere di
questo articolo non sta nel voler proporre in una manciata di minuti
la formula magica per eliminare la violenza maschile dalla società.
Si vuole invece evidenziare la paurosa contraddizione della società
stessa, che di fronte agli sbagli dei propri figli non sa assumersene
la colpa, nel nome del più sfacciato individualismo. E' una società
che non sa interrogarsi perché concentrata sul presente edonistico e
godereccio. Non guarda al futuro perché non le interessa ed è
allora condannata a non averne uno, riproducendo sistematicamente
quelle dinamiche autodistruttive di cui si è parlato.
Non si straccino le vesti
le femministe di retroguardia, o i paladini dei diritti civili, solo
perché la loro condizione privilegiata gli fornisce parecchi ricambi
d'alta moda nel guardaroba: gli stupratori, e le donne vittime di
stupro, sono i lori figli e le loro figlie.
Ma pare non se ne rendano
conto.
1Non
interessa qui approfondire se i casi di femminicidio o stupro siano
effettivamente in aumento o se la loro crescita apparente sia solo
il frutto di una maggiore eco mediatica. Interessa solo la
comprensibile reazione per i fatti che effettivamente si verificano.
2E
lo è in base alla Natura, soggetto che non deve giustificare se
stesso, pertanto non è lecita alcuna discussione in proposito
3Attenzione
a usare questo termine perché a sua volta costituisce stereotipo...
4Come
se uno stupratore già non sapesse, in teoria, che una donna va
rispettata, un concetto che ha ben chiaro ma che non ha
assolutamente intenzione di seguire
2 commenti:
Quando si decide di trattare l'argomento "violenza", non si non si può e non si deve prescindere dalle altre sue principali forme: FISICA, VERBALE, PSICHICA E PSICOLOGICA ..... senza aver prima approfondito il '68 !!!!!!!
In effetti non conosco bene il '68. Secondo lei come può aver influenzato?
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