mercoledì 12 novembre 2014

Cristianesimo e Paganesimo: parabole coincidenti


La cultura occidentale ha sempre messo l’antico Paganesimo e il Cristianesimo in totale e conflittuale contrapposizione. E se non si può negare che tra le due concezioni vi siano in effetti importanti discontinuità, è anche evidente a una più attenta analisi che il solco che le separa è stato strumentalmente reso più profondo da un Occidente che non perde occasione per applicare anche nel campo della spiritualità l’immancabile strategia del “divide et impera” così da impedire sinergie tra tutti coloro che potenzialmente potrebbero unirsi a combatterlo e derubricare a subculture dell’attuale pensiero unico ciò che invece gli si potrebbe opporre.
Una cosa che in realtà Cristianesimo e Paganesimo hanno in comune, al netto (repetita iuvant) delle oggettive differenze, è la decadenza cui entrambi sono andati incontro a un certo punto della loro storia nel momento in cui si sono rivelati un impaccio rispetto ai costumi decadenti, ma graditi, della società.
Condivisibile o no, gli insegnamenti cristiani se applicati seriamente sono incompatibili con stili di vista e sistemi politico-economici dell’Occidente. In parole povere non è coerentemente possibile essere dei veri cristiani (cattolici e ortodossi in particolare) e abbracciare allo stesso tempo i “valori” occidentali del libero mercato, del materialismo, dell’individualismo, della riduzione del tutto a merce, il trionfo degli ego interiori, il permissivismo su tutto ciò che è distruttivo per la collettività nel nome della religione laica dei “diritti umani”, l’universalità dell’Occidente stesso che si propone quale nuova Babele a tutte le specificità del resto del mondo.
Nel momento in cui sedicenti cristiani riescono acrobaticamente ad abbracciare questi disvalori, ciò significa che la loro cristianità è solo formale e autoreferenziale, ma non reale e sostanziale.
E’ anche per questo in fondo che le varie sfaccettature del Cristianesimo più lontane dall’Occidente sono in pratica, se non sulla carta, sotto l’attacco di tutti gli apparati a disposizione del sistema.

Ma pochi hanno probabilmente notato che questa parabola si è già verificata almeno una volta nella storia della nostra fetta di mondo e precisamente durante la lunga agonia dell’antico Impero Romano. Spesso in effetti si è mostrato come la decadenza di Roma antica a livello politico, militare ed economico non fosse altro che il riflesso di una crisi interiore e collettiva dell’intero popolo romano ormai ridotto, come molti oggi in Occidente, a una massa propensa all’individualismo, al profitto illimitato, alle sfrenatezze, al lusso, alla fuga dalle responsabilità pubbliche e collettive, all’omosessualismo1. Ma si è poco riflettuto su come a fianco di questa decadenza vi fosse un'altra degenerazione, quella spirituale.
Infatti quel Paganesimo che erroneamente può essere preso in considerazione come un'unica religione, aveva in realtà vissuto una profonda rottura per cui il vero2 Paganesimo degli antichi era ormai stato accantonato dalla maggior parte della classe dominante e da molti del popolo comune. I romani dell’età imperiale, in particolare quella più tarda, non veneravano quasi più Giove Tonante, Minerva o Marte, dei che non avevano retto alla commistione con le culture avanzate dei popoli coi quali Roma era venuta in contatto nel corso dei secoli, in particolare di quelli orientali. Il vero Paganesimo era stato quindi soppiantato dalle reinterpretazioni dei culti di Iside e Osiride, Mitra, Attis, più che mai compatibili con le mollezze e gli agi cui la classe dirigente romana si era ormai abbandonata ma del tutto incompatibile con il mantenimento dell’unità e un alto livello di responsabilità pubblico e familiare cui era invece strutturale l’antico pantheon latino.
Il nemico cui l’antico Paganesimo non riuscì a opporsi era lo stesso che oggi viene coscientemente contrapposto al Cristianesimo, ossia la pratica spirituale consumistica e fai-da-te.
In altre parole potremmo dire che il Paganesimo latino (e perché no, greco) ormai d’impaccio a una società allergica al rigore morale e materiale era stato sostituito dalla New Age dell’epoca così come oggi agli attacchi al Cristianesimo si accompagna la continua sponsorizzazione della New Age propriamente detta.
La differenza effettiva sta nel fatto che mentre al tempo di Roma il processo è stato per così dire naturale e dal basso, oggi esso è in massima parte indotto da un’oligarchia che ha ben compreso come tutto quanto sia tradizionale va eliminato indipendentemente dal suo valore qualitativo in quanto ostacolo all’ascesa di un sistema materialista e consumista.
La consapevolezza di una comune decadenza può e deve comunque indurre tutto coloro che siano guidati da una spiritualità sana, sincera e comunitaria (e quindi i cristiani e i pagani autentici), a una storica riconciliazione, a tralasciare lotte intestine e a unire gli sforzi nel comune intento di sradicare ogni degenerazione nichilista e individualista che già una volta ha fatto echeggiare nei templi i propri canti di gioia alla caduta di una grande civiltà.
1 Che è cosa ben diversa dall’omosessualità, urge questa precisazione perché mentre essa è sempre stata ben presente nelle antiche civiltà mediterranee senza che la cosa fosse d’impaccio alla creazione di famiglie tradizionali, e quindi alla fertilità del popolo, l’omosessualismo ha costituito invece una novità e motivo di conflitto come avviene oggi
2 Ci permettiamo questo termine in barba a ogni relativismo assoluto perbenista occidentale

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