La
cultura occidentale ha sempre messo l’antico Paganesimo e il
Cristianesimo in totale e conflittuale contrapposizione. E se non si
può negare che tra le due concezioni vi siano in effetti importanti
discontinuità, è anche evidente a una più attenta analisi che il
solco che le separa è stato strumentalmente reso più profondo da un
Occidente che non perde occasione per applicare anche nel campo della
spiritualità l’immancabile strategia del “divide et impera”
così da impedire sinergie tra tutti coloro che potenzialmente
potrebbero unirsi a combatterlo e derubricare a subculture
dell’attuale pensiero unico ciò che invece gli si potrebbe
opporre.
Una
cosa che in realtà Cristianesimo e Paganesimo hanno in comune, al
netto (repetita iuvant) delle oggettive differenze, è la decadenza
cui entrambi sono andati incontro a un certo punto della loro storia
nel momento in cui si sono rivelati un impaccio rispetto ai costumi
decadenti, ma graditi, della società.
Condivisibile
o no, gli insegnamenti cristiani se applicati seriamente sono
incompatibili con stili di vista e sistemi politico-economici
dell’Occidente. In parole povere non è coerentemente possibile
essere dei veri cristiani (cattolici e ortodossi in particolare) e
abbracciare allo stesso tempo i “valori” occidentali del libero
mercato, del materialismo, dell’individualismo, della riduzione del
tutto a merce, il trionfo degli ego interiori, il permissivismo su
tutto ciò che è distruttivo per la collettività nel nome della
religione laica dei “diritti umani”, l’universalità
dell’Occidente stesso che si propone quale nuova Babele a tutte le
specificità del resto del mondo.
Nel
momento in cui sedicenti cristiani riescono acrobaticamente ad
abbracciare questi disvalori, ciò significa che la loro cristianità
è solo formale e autoreferenziale, ma non reale e sostanziale.
E’
anche per questo in fondo che le varie sfaccettature del
Cristianesimo più lontane dall’Occidente sono in pratica, se non
sulla carta, sotto l’attacco di tutti gli apparati a disposizione
del sistema.
Ma
pochi hanno probabilmente notato che questa parabola si è già
verificata almeno una volta nella storia della nostra fetta di mondo
e precisamente durante la lunga agonia dell’antico Impero Romano.
Spesso in effetti si è mostrato come la decadenza di Roma antica a
livello politico, militare ed economico non fosse altro che il
riflesso di una crisi interiore e collettiva dell’intero popolo
romano ormai ridotto, come molti oggi in Occidente, a una massa
propensa all’individualismo, al profitto illimitato, alle
sfrenatezze, al lusso, alla fuga dalle responsabilità pubbliche e
collettive, all’omosessualismo1.
Ma si è poco riflettuto su come a fianco di questa decadenza vi
fosse un'altra degenerazione, quella spirituale.
Infatti
quel Paganesimo che erroneamente può essere preso in considerazione
come un'unica religione, aveva in realtà vissuto una profonda
rottura per cui il vero2
Paganesimo degli antichi era ormai stato accantonato dalla maggior
parte della classe dominante e da molti del popolo comune. I romani
dell’età imperiale, in particolare quella più tarda, non
veneravano quasi più Giove Tonante, Minerva o Marte, dei che non
avevano retto alla commistione con le culture avanzate dei popoli coi
quali Roma era venuta in contatto nel corso dei secoli, in
particolare di quelli orientali. Il vero Paganesimo era stato quindi
soppiantato dalle reinterpretazioni dei culti di Iside e Osiride,
Mitra, Attis, più che mai compatibili con le mollezze e gli agi cui
la classe dirigente romana si era ormai abbandonata ma del tutto
incompatibile con il mantenimento dell’unità e un alto livello di
responsabilità pubblico e familiare cui era invece strutturale
l’antico pantheon latino.
Il
nemico cui l’antico Paganesimo non riuscì a opporsi era lo stesso
che oggi viene coscientemente contrapposto al Cristianesimo, ossia la
pratica spirituale consumistica e fai-da-te.
In
altre parole potremmo dire che il Paganesimo latino (e perché no,
greco) ormai d’impaccio a una società allergica al rigore morale e
materiale era stato sostituito dalla New Age dell’epoca così come
oggi agli attacchi al Cristianesimo si accompagna la continua
sponsorizzazione della New Age propriamente detta.
La
differenza effettiva sta nel fatto che mentre al tempo di Roma il
processo è stato per così dire naturale e dal basso, oggi esso è
in massima parte indotto da un’oligarchia che ha ben compreso come
tutto quanto sia tradizionale va eliminato indipendentemente dal suo
valore qualitativo in quanto ostacolo all’ascesa di un sistema
materialista e consumista.
La
consapevolezza di una comune decadenza può e deve comunque indurre
tutto coloro che siano guidati da una spiritualità sana, sincera e
comunitaria (e quindi i cristiani e i pagani autentici), a una
storica riconciliazione, a tralasciare lotte intestine e a unire gli
sforzi nel comune intento di sradicare ogni degenerazione nichilista
e individualista che già una volta ha fatto echeggiare nei templi i
propri canti di gioia alla caduta di una grande civiltà.
1
Che è cosa ben diversa dall’omosessualità, urge questa
precisazione perché mentre essa è sempre stata ben presente nelle
antiche civiltà mediterranee senza che la cosa fosse d’impaccio
alla creazione di famiglie tradizionali, e quindi alla fertilità
del popolo, l’omosessualismo ha costituito invece una novità e
motivo di conflitto come avviene oggi
2
Ci permettiamo questo termine in barba a ogni relativismo assoluto
perbenista occidentale
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