Occorre fare un bella
distinzione tra una malattia grave e una malattia diffusa. Per quanto
una patologia possa essere debilitante, o anche mortale, non
significa necessariamente che essa o il patogeno che la diffonda si
nascondano dietro ogni angolo pronti a infettare il primo ospite di
passaggio. Certamente andrà combattuta con ogni mezzo non appena si
presentasse ma predisporre una campagna di prevenzione militarizzata
non solo non risolverà il problema, ma anzi lo aggraverà favorendo
la diffusione di un male che con la sua gravità era però raro, come
dimostrano i precedenti storici. Questo accade sia per ragioni
energetico/spirituali, ossia attirando a sé l'oggetto della propria
attenzione (la malattia), sia per ragioni pratiche (un'eccessiva
manipolazione del virus per sperimentazioni e vaccini).
La diffusione della
poliomielite in quella fascia di Africa subsahariana detta polio-belt
è stata causata proprio da campagne di prevenzione della malattia in
una zona in cui essa era rara, a dispetto delle sue gravi
conseguenze. Ma la vaccinazione con conseguente diffusione dei virus
“inattivati” a causa delle cattive condizioni igieniche hanno
infine scatenato quell'epidemia che si sarebbe voluta evitare e per
la quale sarebbe bastato spendere molti meno soldi per fognature e
acqua corrente.
E' qui che si aggancia il
recente epilogo totalitarista dell'Eurovision, il festival musicale
internazionale al quale avrebbe vinto la transessuale austriaca
Conchita Wurst.
Questo risultato pone
almeno due importanti questioni, il pericolo di una reale esplosione
dell'omofobia e l'atteggiamento servile di una parte del mondo LGBT
che alimenta un “divide et impera” utile al sistema dominante e
totalitario.
L'omofobia è un fatto
grave, sgombriamo il campo da dubbi, poi la buona fede di chi lo
scrive è al giudizio della buona fede di chi legge. Vi sono in
Italia e in Europa persone omofobiche ma questo non può significare,
alla luce di quanto avvenuto sino ad oggi, che Italia ed Europa siano
realtà omofobiche tout court. Come la poliomielite
dell'esempio essa è sì grave e da tenere d'occhio, punendo con
severità i casi che si presentano sia a livello di discriminazione
che di violenza fisica, ma l'insistenza nel dipingere ad esempio il
nostro paese come una riserva di caccia contro la comunità LGBT è
fastidiosa per tutti coloro, ossia la stragrande maggioranza, che non
si riconoscono in questa discriminazione ed anzi la respingono. Essa
[l'insistenza] ha il sapore del populismo che vuole mascherare
problemi anche più gravi e generali in nome di un politicamente
corretto che metterà davvero eterosessuali contro omosessuali e
“omosessualisti”. Chi non ha nulla, ma veramente nulla contro
gay, lesbiche e transessuali (la maggioranza, ripetiamolo), può a
ragione sentire la propria coscienza forzata nel vedersi propinare
continuamente un allarmismo sull'omofobia e un quadro omofobico
nazionale in cui non può onestamente riconoscersi. A questo fanno da
contraltare le proposte (per non dire le imposizioni) di modelli
forzatamente omosessualisti nei palinsensti tv, nella musica, nelle
mode, negli insegnamenti scolastici e, in cauda venenum,
nell'eugenetica. La persona si sente colpita e colpevolizzata per un
problema strumentalmente amplificato e reagisce nell'unico modo che
la natura umana gli lascia: la contrapposizione, il rigetto verso la
vittima di quel problema.
Ecco allora che
l'omofobia prende a strisciare sul serio poiché si vede
nell'omosessuale, nel travestito, nel transessuale, il colpevole di
tutta questa pressione mediatica e culturale oltre che l'oggetto di
attenzioni politiche (spesso più propagandate che attuate, altro
punto su cui riflettere) che scavalcano le priorità reali e a volte
drammatiche dei più.
Con l'intento di
combattere la malattia, la si è creata. E dopo averlo fatto
si avranno di nuovo a disposizione, in numero crescente, tanti casi
di violenza e discriminazione da giustificare retroattivamente quello
che si era fatto: avete visto, l'omofobia dopo tutto esiste.
Si sarà allora creata
nella società una nuova guerra tra poveri e chi scrive ha osservato
queste dinamiche tante di quelle volte da poter dire con certezza che
la cosa è stata intenzionale. Italiani contro stranieri, destra
contro sinistra, euro contro no-euro e infine LGBT contro... contro
chi? Contro quelli che saranno tutti dipinti strumentalmente come
omofobici, non c'è altro termine.
Gruppi di persone che non
avrebbero nulla per cui combattersi prenderanno a farsi la guerra,
finanche a odiarsi per far godere, tra i due litiganti, il famigerato
terzo.
Esiste una via, ed è
anzi d'obbligo percorrerla, che rispetti la sensibilità di tutti e
tuteli la comunità LGBT. Questa via non è una prevenzione
fallimentare di una malattia che esploderà proprio a causa di
protocolli medici ossessivi. Questa via deve essere uno stile di vita
sano, per rimanere nella metafora sanitaria, ossia l'insegnamento del
rispetto dell'altro ed una legislazione che venga di conseguenza. Ma
senza mai creare contrapposizione o risentimento controproducente.
Perché una cosa è che
una transessuale possa partecipare a un festival della musica con le
stesse possibilità degli altri, altra cosa è che essa venga
politicamente imposta come vincitrice1
praticamente da prima dell'inizio perché si deve dare alla gente una
lezione di libertà. Una cosa è educare al rispetto della persona,
altra cosa è imporre a tutti un pensiero unico e totalitario
sull'omosessualità all'infuori del quale si è “omofobici”.
Imposizione e libertà non vanno d'accordo.
Sull'episodio nuovamente
ricordato si aggancia la seconda riflessione che inerisce più da
vicino la figura di Conchita. Anche qui occorre sgombrare il campo da
un dubbio. La musica moderna, così come la gran parte dell'arte in
genere, è pura spazzatura, indipendentemente dal sesso o
dall'orientamento sessuale del protagonista. Conchita Wurst in questo
senso non poteva fare eccezione e sino a un certo punto non le si
possono ascrivere colpe di scadimento culturale superiori a quelle
che avrebbero tutte le cantanti tutte-tette e niente melodia o le
band di ballerini prodotti in serie e dall'improbabile taglio di
capelli. Ma quel limite, in realtà, è stato superato. E' stato
superato nel momento in cui è stato messo in scena come una creatura
del circo, un uomo che vuole essere una donna che vuole mostrare la
barba. Perché è proprio al circo che rimanda la figura della donna
barbuta, una figura che affondava il proprio successo non
nell'abilità o nell'amore del pubblico, ma nella derisione e della
ridicolizzazione di se stessa. Certo, la cantante austriaca avrà
anche pensato di usare questo aspetto esteriore come provocazione, ma
una provocazione è tale solo quando può essere compresa
correttamente. Quello che si è visto è invece l'umiliazione di una
figura umana ridotta, come si diceva, a baraccone da circo. Questa
evidenza porta a interrogarsi sul livello di consapevolezza con la
quale la comunità LGBT affronta le proprie rivendicazioni di
diritti. I gruppi che storicamente hanno lottato e avanzato richiesta
di riconoscimento del proprio status hanno sempre preteso in primo
luogo la dignità ed hanno assunto verso la società un atteggiamento
coerente, come i lavoratori delle lotte operaie o gli afroamericani.
Quello che stupisce della piega presa negli ultimi anni dalle lotte
LGBT (che è bene ricordare non sono rappresentative di tutti gli
omosessuali) è invece la propensione a dare un'immagine di sé
settaria e buffonesca. Da Socrate a Pasolini, passando per
Tchaikovsky e Oscar Wilde, l'omosessualità è sempre esistita con
l'aspirazione, più che altro dopo l'avvento del Cristianesimo, di
inserirsi nella società e di esserne giustamente accettata, non di
aggredirla e di creare una società parallela fondata
sull'esasperazione del proprio modello (ecco perché l'uso anche in
questo articolo della parola “omosessualismo”). Possibile quindi
che un'intera comunità, con tutte le sue intelligenze e capacità
critiche, possa accettare di essere rappresentata nella lotta sociale
da una Conchita Wurst? Possibile che a fronte di una società come
quella italiana fondata sul clientelismo e il parassitismo, questa
stessa comunità tolleri che personaggi indecorosi come Nichi Vendola
o Aldo Busi li rappresentino dall'agone politico a quello culturale
non per meriti o capacità oggettive ma solo perché omosessuali e
quindi messi lì in nome del politicamente corretto?
Occorre prendere atto di
una cosa troppe volte tralasciata per voler idealizzare gli altri.
Gay, lesbiche, transessuali, transgender sono persone e in quanto
tali hanno la pericolosa propensione a farsi del male e ad agire in
modo scellerato esattamente come la gente fa in qualunque altro
campo. Ecco perché una causa di per sé valida finisce per diventare
una baracconata da circo. Ma l'essere strumentalizzati e
ridicolizzati ha portato nella storia alla sollevazione contro le
icone di queste ridicolizzazioni e strumentalizzazioni. Non posso far
altro che concludere augurando a tutta la comunità LGBT quel
risveglio interiore che auguro quotidianamente all'intera umanità
perché la loro rivendicazione possa elevarsi a livelli più
illuminati e illuminanti.
1http://www.independent.co.uk/arts-entertainment/music/news/eurovision-2014-voting-controversy-after-uk-jury-revealed-to-place-conchita-first—but-british-public-voted-for-donatan--cleo-9351644.html;
http://www.statopotenza.eu/11653/eurovision-2014-scandalo-e-manipolazione-anti-russa
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