Il mondo occidentale è
caratterizzato da quello che il filosofo Diego Fusaro ha ben definito
“idiotismo specialistico”. Vale a dire, sempre meno si accettano
discipline di studio che approccino la realtà presa nella sua
Totalità e sempre più si incoraggia un approccio alla Parzialità
con discipline sempre più specialistiche. Il drammatico risultato è
la proliferazione di esperti e accademici che conoscono a memoria la
propria ristrettissima nicchia di competenza ma sono del tutto
incapaci di contestualizzarla nel quadro più generale cui in realtà
appartiene. Questo è il motivo per cui, guardando specificamente a
una cosa, un problema, un’idea, ci si può costruire su di essa
una certa opinione, ma contestualizzandola se ne ricava spesso
un’impressione del tutto contraria.
La crescente
specializzazione lavora palesemente per il motivo opposto a quello
preteso, ossia, anziché favorire la conoscenza, se ne allontana e
allontana gli stessi studiosi e le persone. I primi perché vittime
del loro stesso idiotismo specialistico, i secondi perché
prigionieri della convinzione che solo i primi, in virtù di titoli
di studio sempre più altisonanti, siano gli incontestabili
depositari del sapere.
Quest’ultima condizione
in particolare ha ingabbiato la conoscenza e l’ha spostata dal
popolo ai vertici negando alla gente comune il diritto a farsi
un’opinione e quindi espropriandola gradatamente della possibilità
di intervenire nei processi decisionali in un modo che l’ipocrita
Occidente definirebbe “democratico”.
Ecco quindi che solo un
economista impegnato nelle aule universitarie ha diritto a parlare
di economia mentre un cittadino, che l’economia la vive sulla
propria pelle, non si può esprimere anche quando avesse appreso da
sé migliori conoscenze. Un medico che non ha strutturalmente
prospettive di diverso approccio alla salute ha diritto a parlare di
medicina, mentre questo diritto non l’ha una persona che di nuovo
può aver acquisito un sapere maggiore e più vario. Presto solo gli
ingegneri e i fisici nucleari potranno esprimersi in referendum
sull’energia atomica in quanto solo loro competenti in materia.
Non che questo esproprio
sia avvenuto esclusivamente a causa di un’azione di forza dei
vertici contro il popolo. Anche quest’ultimo ha giocato la sua
parte lasciandosi depredare così da soddisfare un’antica
tentazione umana: la fuga dalle responsabilità. Delegare
l’esclusiva del sapere agli specialisti infatti significa anche
delegare loro la responsabilità delle scelte su questi argomenti ed
essere quindi al riparo da critiche oltre che avere una
giustificazione per il proprio disimpegno politico e sociale.
Illuminanti, perché
collegate senza alibi alla quotidianità, sono i casi riguardanti la
medicina e due atteggiamenti di doppiopesismo possono aiutare a
capire la gravità della cosa.
Vi sono per fortuna
coppie di genitori che decidono per l’obiezione risparmiando ai
propri figli le vaccinazioni obbligatorie. Ma la critica esplicita o
velata che viene rivolta a questi genitori è che essi non avrebbero
il diritto di decidere per gli altri, per i propri figli.
Naturalmente si tratta di un’assurdità che affonda le radici
proprio nella fede che l’uomo ha nella specializzazione altrui e
nella delega che gli si da a decidere. Se infatti è vero che sono i
genitori obiettori a decidere per i figli - e del resto non si
capisce perché non dovrebbero farlo -, vale altrettanto per quei
genitori che invece decidono di vaccinare. Sono loro, e non i medici
come illusoriamente vogliono credere autoconvincendosi della cosa, a
decidere che il proprio bambino di pochi mesi deve essere sottoposto
all’inoculazione di qualcosa che non si conosce. Pertanto imputare
agli obiettori un abuso per aver deciso qualcosa è accusa
assolutamente inconsistente. Ciò che in realtà succede, e che
costituisce una differenza che fa ben sperare nel caso specifico, è
che qualcuno ha consapevolmente deciso, anziché aver
inconsapevolmente delegato altri a farlo.
Un secondo atteggiamento
dubbio può valere per l’esempio precedente ma meglio ancora per un
altro esempio che possiamo portare, come il consigliare a una persona
a noi prossima una cura da seguire per il cancro. Sarebbe facile, nel
momento della paura e del bisogno di “certezze” immediate,
affidare la persona a una procedura ufficialmente accettata, come la
chemioterapia o la radioterapia. Si
affiderebbe in tutto e per tutto il nostro caro ad altri e se, come
altamente probabile, l’esito fosse fatale, ci si sentirebbe la
coscienza a posto. La colpa non è nostra, che abbiamo consigliato la
cosa sbagliata, e nemmeno dei medici, depositari del sapere, o della
procedura adottata, riconosciuta negli ambienti scientifici, ma è
della malattia, troppo forte per essere sconfitta. La persona che
dovrebbe assumersi la responsabilità delle cose, prendendo nelle
proprie mani quanto gli compete, è invece completamente
deresponsabilizzata perché è questo ciò che vuole. Se al contrario
si indirizzasse il proprio caro a una terapia non riconosciuta su di
noi, agli occhi degli altri, graverebbe il peso della decisione. Se
quella persona non dovesse farcela, i criteri di giudizio precedenti
sarebbero inspiegabilmente ribaltati. La colpa non sarebbe più della
malattia, magari davvero troppo forte per essere eradicata, ma della
terapia scelta, chiaramente inefficace, di chi l’ha applicata,
incompetente e mangiasoldi, e soprattutto nostra poiché
irresponsabilmente l’abbiamo consigliata. Così come del resto, per
collegarsi all’esempio precedente, se un bimbo dovesse subire un
(estremamente improbabile) danno da non-vaccino i genitori
finirebbero sotto il fuoco incrociato della pubblica opinione (che
improvvisamente si riscoprirebbe capace di pensare), mentre nel caso
dei numerosi bambini danneggiati per sempre dalle vaccinazioni i loro
genitori non sarebbero additati quali responsabili di una scelta
scellerata ma al contrario ritenuti vittime perché essi avrebbero
solo fatto quello che diceva la medicina. Ossia quello che diceva
qualcun altro che ha o avrebbe deciso per loro.
La vecchia saggezza
popolare metteva in guardia sul non prendere a scatola chiusa le
indicazioni dei saccenti chiedendo “e se si butta nel fosso ti
butti anche tu?”. Ma quella era una saggezza appunto “popolare”,
cioè di tutti, condivisa e quindi l’esatto opposto dell’idiotismo
specialistico imposto, con la complicità del popolo, affinché il
popolo stesso sia pronto più che mai a gettarsi nel fosso della
deresponsabilizzazione e della delega.
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