So che esordendo in
questo modo rischio di violare il principio latino "excusatio
non petita...". Ma è bene fugare ogni dubbio per mantenere la
massima attendibilità sull'analisi che andiamo a fare. Ricordiamo
quindi che solo un malato di mente o uno sprovveduto di ingenuità
abissale potrebbero pensare che chi scrive abbia simpatie per la Lega
Nord, per Forza Italia o, non sia mai, il Movimento Cinque Stelle. Ma
non è certo necessario essere un sostenitore di una qualunque altra
forza politica per capire, dati di fatto alla mano, che il Partito
Democratico rappresenta oggi il peggior pericolo per l'incolumità
nazionale. Peggio, anche dal punto di vista storico, il PD è quanto
di peggio sia mai stato abortito dall'agone politico italiano –
insieme ai Radicali – in tutta la storia unitaria del nostro paese.
E questo non è frutto
del caso ma di una precisa strategia che va dalla genesi del partito
sino alle sue manifestazioni esteriori e ai modi di comunicare.
Esistono due motivi
principali per cui possiamo affermare, in vista delle prossime
elezioni del 4 marzo, che il PD sia la peggior forza cui dare il
proprio voto.
Innanzi tutto, nessuna
delle forze politiche in campo, nemmeno tra le minori e più
originali, è stata capace di proporre un programma realmente
rivoluzionario o quantomeno ad alto impatto. Ma oltre a questo fra
quelle tradizionali nessuna è nemmeno in grado di proporre un
progetto almeno sensato di gestione ordinaria della cosa pubblica
poiché tutte, da destra a sinistra, soffrono di lacune e incoerenze
tali da dimostrare la loro incapacità d'analisi. Nessuno è
perfetto, insomma.
Solo che il Partito
Democratico è andato ben oltre e, a differenza di Lega o Cinque
Stelle, ha stilato sì un programma organico e coerente ma ribaltando
clamorosamente in un modo che va ben oltre l'opinabile le necessità
del paese e del popolo. Se negli altri partiti si possono trovare a
macchia di leopardo e slegati dal progetto generale alcuni singoli
punti interessanti, il progetto del PD sembra tutto organicamente
studiato per fare del male alle singole persone e danneggiare
l'Italia facendone punto su punto il disinteresse conclamato:
economia, banche, lavoro, immigrazione, sanità, politica estera,
tutto è all'insegna dell'anti-Italia e mirato al malessere degli
italiani.
Ma c'è di più, e siamo
al secondo motivo per cui il PD rappresenta la cloaca
dell'intelligenza politica italica.
L'esperienza insegna che
una classe politica o un esecutivo, per quanto possano essere diretti
da poteri forti o poteri oscuri, sono sempre disinteressate alle
sorti del popolo. Silvio Berlusconi ha governato per esempio al solo
scopo di trarre vantaggi personali dal suo ruolo politico. Il fatto
che migliaia, decine di migliaia di persone in tutta Italia abbiano
sofferto per questa sua disonestà, perdendo lavoro o salario, lo ha
semplicemente lasciato indifferente. Così come indifferente lo ha
lasciato chi, in qualche modo, ha invece beneficiato del suo governo.
Berlusconi ha perfettamente incarnato il modello del politico che
persegue un obiettivo individualista incurante delle sorti del
popolo, fossero anche positive per una parte di esso.
Il Partito Democratico e
le sue drammatiche espressioni, da Renzi a Gentiloni, senza contare i
satelliti non propriamente PD quali Laura Boldrini, Beatrice Lorenzin
ed Emma Bonino, hanno invece governato e mirano a governare con un
obiettivo ben diverso: ottenere coscientemente e precisamente il male
degli italiani. Il peggioramento delle condizioni di vita di questi
ultimi, la loro sfiducia, il senso di insicurezza, i problemi di
salute indotti da difficoltà economiche e tagli ai servizi non sono,
nel caso del PD, le conseguenze accidentali di una politica
maldestra. Sono esattamente ciò a cui il PD mira per meri fini di
controllo sociale.
Il Partito Democratico
incarna, questo sì, una vera antipolitica, non nel senso
comune di protesta o malcontento contro la politica da parte del
popolo, ma di antitesi, di contrapposizione palesata agli interessi
della polis.
Tale processo di
antipolitica e quindi di ribaltamento della missione naturale di una
forza partitica prende corpo sin dalle espressioni esteriori adottate
e dallo schema di comunicazione.
Sin dal nome, l'attributo
che vi appare, democratico, rimanda a un'idea totalmente
sovvertita dalla prassi dal partito sin da quando è al governo. Dal
tentativo di riforma costituzionale, alla propensione ad agire
tramite l'esecutivo a suon di decreti per arrivare alle direttive di
partito imposte dall'alto ai singoli parlamentari (tutto verificato)
in modo che questi assecondassero le linee del governo (ma l'Italia
non è una repubblica parlamentare?), nella cultura del
Partito Democratico il kràtos da tutti può essere esercitato
tranne che dal demos.
La campagna elettorale di
questi giorni sta invece esasperando questa strategia di ribaltamento
dei significanti con una serie di manifesti elettorali nei cui slogan
il PD è associato a un valore positivo, spacciato appunto come
pertinenza esclusiva del PD stesso quando la realtà sta
diametralmente agli antipodi. Il PD è con la scienza, il PD è con
il lavoro, il PD è con i diritti, il PD è con la cultura.
Tutto drammaticamente
falso, come dimostrano i provvedimenti presi in quest'ultima
legislatura e sostenuti proprio dal PD in primis, dal ddl vaccini,
all'ideologia di genere inserita nei programmi scolastici, dalla
riforma del lavoro alla scuola-lavoro, dal salva-banche alle cessioni
di sovranità nazionale, tutto indica che il PD ha agito contro la
scienza, contro il lavoro (e i lavoratori), contro la cultura, contro
i diritti sociali e politici.
Considerando i legami
degli esponenti del Partito Democratico con la grande finanza (a
partire a suo tempo dalla famosa tessera numero uno di De Benedetti),
col grande capitale e con la massoneria sarebbe troppo facile
inquadrare questa forza politica non come l'espressione di una
precisa cultura politica di una parte del popolo (come tutto sommato,
continuano ad essere la maggior parte degli altri partiti di destra e
di sinistra) ma come una creazione a monte di detti poteri quale
proprio strumento di azione nelle istituzioni.
Ma c'è un passaggio che
sta ancora più in alto e di tipo politico-filosofico che non si può
tralasciare.
Il Partito Democratico
rappresenta il traguardo finale di una parabola discendente che,
partendo dal Partito Comunista Italiano, è poi degradata attraverso
il PDS, i DS arrivando infine al PD stesso. Questa è però solo una
mezza verità. L'altra metà sta nel fatto che, discendendo e
degradando da sinistra, questa parabola ha coinvolto anche il centro
democristiano tradizionale del nostro paese.
Non si è trattata solo
di un'operazione di trasformismo tipica della tradizione politica
pasticciona italiana, ma di qualcosa di più complesso e meditato dai
poteri che stanno fuori dell'agone politico ufficiale.
L'insolito connubio tra i
nipotini dei comunisti e quelli dei democristiani ha avuto lo scopo
di eliminare i valori positivi di entrambi gli schieramenti
d'origine, in particolare quei valori che, pur da prospettive
diverse, arginavano il dilagare del sistema capitalista.
Nella visione marxista
infatti, detentrice del potere nel capitalismo è la borghesia la
quale però è vittima della sua stessa "coscienza infelice",
ossia la consapevolezza della borghesia della contraddizione tra lo
sfruttamento lavorativo da essa gestito con la promozione dei valori
positivi ed emancipativi di cui si vorrebbe allo stesso tempo
portatrice. Ragion per cui la borghesia stessa averebbe un giorno
avuto secondo Marx un ruolo nella caduta del capitalismo.
La parabola che ha
condotto al PD partendo dai due opposti comunista e democristiano ha
proprio avuto lo scopo di creare un soggetto politico rappresentativo
di un capitalismo post borghese, dominato dunque non più
dalla borghesia ma dalle élite anonime antinazionali. A sinistra il
PD non conosce spazio per i valori del comunismo originale, barattati
in cambio della distruzione della borghesia. Analogamente al centro
non concede spazi ai valori borghesi dell'emancipazione ma anche
della famiglia e della tradizione, arginati a favore della
ricomposizione del conflitto di classe.
La coscienza infelice
borghese, incoffessata speranza dei vecchi comunisti e scintilla
liberatrice dei vecchi democristiani, è stata spazzata via.
Proprio qui, nella
distruzione stessa di una particolare coscienza, e quindi addirittura
di una forma di interiorità, sta in buona parte la pericolosità del
PD. Un partito capace di sconvolgere, prima ancora che la materialità
delle classi sociali, addirittura la loro antropologia e quella
dell'essere umano. Un partito capace, con una comunicazione
menzognera e nonostante tutto efficace (ma giornali e tv non erano
tutti di Berlusconi?) di ribaltare totalmente la realtà, di
annullare i conflitti di classe basati su diritti sociali e politici
spostandoli su falsi conflitti per i diritti cosidetti civili e di
coagulare quindi determinate parti sociali scagliandole contro i
propri interessi ma riuscendo bene ad apparire come difensore degli
stessi in visrtù delle proprie origini catto-comuniste, tanto
lontane quanto tradite.
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