E'
successo all'improvviso. Una sera come tante altre, rientrando a casa
dal lavoro, ho osservato la solita, triste teoria di ragazze giovani
e sicuramente di ogni nazionalità ai lati della strada che si
prostituivano.
Non
so quante lo facciano con coercizione e quante per scelta, non so
quante lo facciano volentieri e quante invece maledicano ogni singolo
cliente che si presenta loro.
Quello
che so è che all'improvviso il mio sentire verso di loro
improvvisamente, solo poche sere fa, è mutato.
Dall'insensibile
ingenuità giovanile che me le faceva sembrare quasi uno spettacolo
vivente, con le gambe scoperte e i modi provocanti, all'indifferenza
rassegnata della maturità, sono ora approdato a qualcosa di nuovo,
di diverso e che causa sofferenza. Vedendole per la prima volta ho
provato compassione.
Compassione
significa sostanzialmente “soffrire con”. Certamente è
presuntuoso da parte di un maschio che non ha mai nemmeno
lontanamente potuto comprendere quel mondo pensare di poter capire
quale sofferenza provino le giovanissime ragazze che ogni sera, ogni
notte devono calcare i lati delle strade per soddisfare... chi?
Adolescenti coi brufoli alla disperata ricerca di una “prima volta”
che non ottengono dalle coetanee? Magari. Soddisfano padri di
famiglia. Uomini nel fiore degli anni e delle potenzialità che hanno
tutte le possibilità, ma che dico, hanno il dovere di cercare
l'Amore come si deve. Anziani che provano ormai repulsione per il
corpo decaduto della compagna di una vita e non vogliono credere che
il disfacimento ha ormai colpito anche loro e pur di non accettarlo
sono disposti a sottrarre tempo alla moglie o ai nipotini pagando una
giovane prostituta affinché almeno lei, quel disfacimento, non lo
veda.
Perché
il denaro, se non tutto, compra molte cose.
No,
un maschio non potrebbe capire in mille anni la sofferenza cui una
giovane donna è sottoposta durante una simile vita. Ma è proprio
quello che ho iniziato a provare dentro di me a darmi lo stimolo per
questa riflessione. Se vedendo tutte quelle giovani posso soffrire,
devo anche chiedermi allora quanto grande sia per esse una simile
sofferenza moltiplicata per cento, per mille. Le speranze di una vita
frustrate, le delusioni, le violenze, le minacce, la droga, il caldo,
il freddo, le umiliazioni, il disgusto, il disincanto e poi l'odio
che cresce verso il genere maschile, verso il genere umano che sembra
tutto concentrato a far loro del male anziché capire la loro
sofferenza e offrire un abbraccio, una via d'uscita.
E
mi chiedo perché il primo responsabile di questa carneficina
interiore, il mio fratello maschio, non si ponga lo stesso problema,
mi chiedo perché non la smetta di causarlo, il problema.
Se
lo scopo di una prestazione sessuale con una prostituta è il
godimento, il mio fratello si è mai chiesto se il prezzo pagato
valga veramente quell'atto? No, non sto parlando del prezzo in
denaro. Parlo del prezzo che lui e lei stanno pagando a un livello
diverso, più profondo. Lei, una volta di più sfruttata, umiliata,
condannata, magari per il maggior guadagno di uno sfruttatore. Lui
una volta di più esausto, prodigo nel gettare al Nulla le sue
migliori energie, un passo più vicino a una Morte insulsa. Mi chiedo
perché il mio fratello, dopo averla caricata in macchina, non provi
a guardarla negli occhi, magari anche solo un attimo prima di aver
commesso quell'errore per il quale non c'è rimedio, per vedervi
qualcosa in più di un oggetto sessuale. Perché se il piacere che il
mio fratello ricerca è solo per se stesso, la donna ai suoi occhi
non può essere nulla più che un'attraente mano con cui farsi
masturbare e l'atto che consuma con lei ha la pura essenza
dell'individualismo.
E
lei, lei a sua volta svuotata delle potenzialità con le quali era
venuta in questo mondo, costretta a chiedersi se è davvero quello
tutto ciò che può fare nella vita e se là in strada non vi sia
nessuno che possa cercare in lei qualcosa di più. Stuprata
nell'anima, se non è già uno stupro quello nel corpo.
Mi
chiedo come possa il mio fratello non provare uno schiacciante senso
di colpa per tutto questo. Come possa non alzarsi nel cuore della
notte, incapace di prender sonno, e correre da lei a chiederle
“scusa”. E magari portarla da qualche parte a prendere un caffè
bollente per ascoltare quello che ha da dire. Se quel mio fratello
maschio è nato eroe può decidere di non riportarla più in strada.
Altrimenti, se non potrà salvarla così da un momento all'altro,
sarà stato un primo, piccolissimo passo per lui e per lei, un passo
che fa già parte del viaggio. Lui ha capito che lei non è un
oggetto. E lei... la stessa cosa.
Perché,
fratello maschio, non puoi fermarti un attimo a riflettere su questo,
perché non puoi capire che i tuoi atti non si esauriscono in te
stesso ma possono disastrosamente ricadere su qualcun altro?
Perché
non puoi avere fede in lei, credere che come già una Donna ha
fatto duemila anni fa, anche lei non possa portare e portarti
qualcosa di grande?
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