Esiste almeno un tipo di
resistenza fortemente radicato nell'animo umano che continua ad
essere di difficile comprensione a dispetto di ogni esercizio di
umiltà da parte di chi è riuscito a scuotere almeno in parte la
propria coscienza: la resistenza al cambiamento di rotta in un
momento in cui il cammino ci porta inevitabilmente verso uno
strapiombo.
Per secoli le varie
civiltà umane che si sono succedute anche qui in Europa hanno avuto
una visione cosidetta "futurocentrica". Mettere il futuro
al centro della propria riflessione significa non tanto distrarsi
rispetto al presente, quanto avere la capacità prima di tutto di
immaginare e poi di progettare un futuro migliore a fronte di un
presente ingiusto.
Dato che spesso, ahinoi,
il presente è stato ricco di ingiustizie nel corso della storia
umana, la visione futurocentrica ha sempre permesso all'uomo di
elaborare risposte alternative al presente e di metterle in pratica,
ora attraverso un cambiamento culturale, ora con una rivoluzione
violenta, ma sempre riproducendo in qualche modo la concezione
triadica della storia di Hegel, tesi-antitesi-sintesi.
E' in questa tensione
generale reiterata cocciutamente per secoli che è maturata la
saggenza popolare secondo cui "la speranza è l'ultima a
morire". Per quanto il mondo potesse essere brutto e iniquo,
esso era pur sempre il prodotto dell'uomo e l'uomo stesso aveva
quindi le potenzialità per cambiarlo con un atto di volontà e
forza. Questo ha portato a un flusso di eventi storico vivace,
nel bene e nel male, ma sicuramente a grandi conquiste politiche e
civili oltre ad aver dato nutrimento a uno spirito umano naturalmente
indomito, essendo la giustizia, a dispetto di una vile e fuorviante
propaganda moderna, uno dei fini cui l'essere umano ambisce.
La questione è
radicalmente mutata negli ultimissimi decenni con l'invasione da
parte del sistema capitalista di ogni spazio della nostra esistenza
che non fosse solo economico. Il capitalismo si è fatto politica,
cultura (parola grossa...), religione e filosofia. Proprio
atttraverso la filosofia del postmodernismo è stata sentenziata la
cosidetta "fine della storia", salutando il mondo attuale,
il "migliore dei mondi possibile", come l'ultimo quanto a
modello di esistenza proposto.
Il dogma del capitalismo,
per bocca della filosofia postmoderna, è che dopo di esso non ci può
essere nient'altro, ossia ancora lui stesso.
Idealmente siamo di
fronte a un duplice omicidio in quanto la fine della storia ha
ucciso sia l'immaginario umano che la sua potenzialità ideologica di
elaborare nuovi sistemi in senso tecnico e non solo ideale.
Occorre a questo punto
fare bene attenzione poiché il proclama postmoderno in sé non
avrebbe alcuna efficacia. Il problema è che questo dogma, nel
miglior stile di una religione fondamentalista, è stato inserito
come sottofondo in ogni contesto spendibile con il pubblico.
Dall'istruzione al mondo dei bambini, dalla pubblicità ai film e ai
programmi tv, in ogni contesto si da per scontato che questo stato di
cose non abbia mai a cambiare e questo non tanto attraverso una
discussione su questo tema, ma proprio con l'assenza di ogni
discussione seria, stante ad indicare che il problema non si pone.
Come a dire che se la malattia non esiste, non serve farvi una
ricerca scientifica.
Il risultato facilemente
riscontrabile è che l'uomo è oggi incapace di concepire anche solo
lontanamente un'alternativa. Il sistema può peggiorare nelle proprie
storture, può diventare sempre più iniquo e insopportabile, ma in
ultima battuta si è fatto incontestabile. Se nei decenni passati vi
era ancora almeno la possibilità di arginare le singole ingiustizie
tramite battaglie di settore condotte per esempio dai sindacati, oggi
anche queste sono divenute quanto mai marginali per la sfiducia
maturata verso movimenti che in fondo fanno parte del sistema stesso.
In molti, troppi oggi
pensano che la filosofia sia una disciplina di parole inutili,
dimenticando che per secoli essa ha dato le basi alla creazione di
sistemi nel loro complesso. Qual è allora la conseguenza immediata
che gli insegnamenti del postmodernismo, arrivati per osmosi nella
società, produce sul singolo? Ancora una volta è tutto molto
evidente: il mal di vivere. Un mal di vivere poco compreso dalla
massa e dall'individuo che lo porta dentro.
L'essere umano ha
evidentemente perso la luce, la gioia. Il domani, nell'immaginario
collettivo, è sempre cupo e difficile, non si ha più quella
speranza ultima a morire, e ora effettivamente morta.
Questo mal di vivere si
mostra comunque nei modi, potremmo dire coi sintomi, che più
conosciamo. La depressione, gli esaurimenti nervosi, la salute fisica
che si fa mediamente più cagionevole e poi il rifugio – sempre e
comunque individualista – negli svaghi che maggiormente forniscono
una "rassicurante" astrazione dalla realtà, come i cattivi
programmi tv, certi generi musicali, la malnutrizione, il consumo di
alcoolici e di droghe (magari non propriamente dette).
Tutto ciò accade perché,
impossibilitato (non senza una propria responsabilità, si badi bene)
a sperare in un futuro migliore, l'essere umano è diventato incapace
di esprimere costruttivamente la propria angoscia e il proprio
disagio, situazione che lo obbliga a incanalarli sterilmente proprio
in quelle false consolazioni che il sistema ha progettato per lui o,
peggio, verso l'autodistruzione individuale, premessa necessaria per
quella collettiva.
Esiste però una speranza
non ancora morta, poiché è d'obbligo per noi rimanere in piedi. A
dispetto della generale arrendevolezza che l'umanità ha sinora
dimostrato di fronte ai dettami filosofici del capitalismo, resta
ancora possibile rifiutarli. Come accennato, sino ad oggi all'uomo è
sembrato sfuggire che il sistema è il prodotto di un puro atto di
volontà e che può quindi essere sconfitto da un atto di volontà
contraria.
Occorre non demordere su
questa consapevolezza e insistere nella proposta di alternative da
parte di chi ancora non è cascato nela trappola per sbloccare
l'impasse.
Il problema non è che il
postmodernismo ha affermato che la storia è finita, il problema è
averci creduto: ma a fronte degli effetti nefasti della menzogna e
della sincerità che accompagna invece il nostro lavoro, la scelta di
campo del genere umano alla fine non potrà che essere una scelta di
vita.
2 commenti:
Ciao Simone, semplicemente un bagno di umile e sacrosanta verità.
Come hai precisato tu e come dovrebbe essere di incoraggiamento a cambiare subito secondo me, è che l'uomo ha posto in essere questo perverso meccanismo non è un'entità extraterrestre.....ma possibile siamo diventati così pigri e vigliacchi?
un abbraccio,
Barbara
Sì, siamo diventati prigri e vigliacchi.
Ma in fondo, se continuamo a battaerci, vuol dire che ancora ci crediamo, anche se a volte diciamo il contrario!
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