sabato 20 luglio 2019

Fiaba per bambini - Artù e il ritorno del Santo Graal (2a parte)



Passarono gli anni. Passarono come se fossero pochi giorni o molti secoli al tempo stesso. Artù, sempre sotto la guida severa ma amorevole di Merlino, non era più un ragazzino. Dopo la morte dello zio, aveva preso congedo dalla zia rimasta sola e aveva raccolto intorno a sé un gruppo di giovani che come lui volevano lottare per riportare la Luce in Europa secondo gli antichi principi che erano appartenuti ai Cavalieri del Graal. A volte da solo, a volte con Merlino, parlava di questi valori e si allenava a lottare e combattere, iniziando col tempo ad attaccare i gendarmi e i Neri Esecutori, le loro carovane, le loro abitazioni più isolate, strappando loro via via il controllo di piccoli castelli o villaggi, ma iniziando col tempo a lanciare attacchi sempre più pericolosi e importanti.
Prima erano alcune decine di ragazzi e ragazze, poi col tempo erano diventati diverse centinaia, armati prima di tutto di coraggio e determinazione. Ma tra loro Artù, col consiglio di Merlino, aveva scelto i compagni più saggi, più equilibrati, i più compassionevoli, amorevoli e coraggiosi al tempo stesso.
Ne aveva scelti dodici e con essi, quando si ritrovavano, sedevano a una Tavola Rotonda allestita in qualche antico luogo sacro per discutere la conduzione della ribellione.
La loro lotta si era ingrandita sempre più, prima dalle foreste, le paludi e le montagne, fino a dentro le città ed era sempre più impegnativo organizzare tutti i combattenti che si univano ad Artù. Ma i suoi dodici cavalieri avevano anche un'altra missione molto importante che era stata affidata loro da Merlino: ritrovare gli ultimi superstiti tra le antiche Creature di Luce, streghe e stregoni, elfi, fauni, ninfe, fate e tutti quegli esseri che un tempo i Neri Esecutori avevano perseguitato spazzandoli via dall'Europa e che tutti credevano estinti.
"Non sono scomparsi, in realtà – spiegò una volta Merlino ad Artù e agli altri cavalieri – E il Tempio Nero lo sa. Certo, tutti coloro fra quelle creature che erano dotati di una forma visibile sono stati uccisi. Ma altri, anche se pochissimi, sono sopravvissuti perdendo la loro forma esteriore o i loro poteri... per ora. Questo è accaduto perché, senza l'energia che arrivava loro dall'amore degli esseri umani e dal rapporto con loro, non hanno più potuto mantenere la propria forma soprannaturale. Allo stesso modo streghe e stregoni hanno perso il proprio potere perché più nessuno lo ha alimentato con la propria fiducia, ma la loro conoscenza magica non è venuta a mancare. Bisogna solo ricostruire questo legame".

Ci vollero anni per completare questa missione. Istruiti da Merlino, Artù e i suoi cavalieri avevano con fatica cercato i discendenti di quelle fantastiche Creature sotto le loro prudenti sembianze umane e si erano a fatica guadagnati la loro fiducia superandone i timori e i sospetti.
E poi li avevano convinti a radunarsi vicino a una nuova comunità umana che andava nascendo e che avrebbe fermamente creduto in loro. Una comunità formata da Artù, da Merlino, da tutti i combattenti che si radunavano e dai loro amici e le loro famiglie.
Una comunità che risiedeva in una fantastica città fortificata circondata da campagne fertili a loro volta protette all'esterno da difese naturali come fiumi, paludi e montagne che i poteri di Merlino e dei suoi nuovi alleati fatati avevano realizzato in poche settimane nel cuore dell'Europa senza che nessuno del Tempio Nero o dei regni allora in piedi se ne accorgesse.

Questa nuova comunità umana aveva un nome: Camelot.

Camelot era la speranza che sorgeva quando la disperazione accompagnava ogni uomo sin dalla nascita.
Camelot era la Luce che si accendeva e brillava ancora più forte nell'oscurità.

Raccoglieva tra le sue mura tutto il Bene che ancora era presente nel mondo e lanciava senza timore, quasi con irriverenza, la sua sfida mortale al male che pervadeva ogni cosa.

Lì, tra quelle mura e quella Natura invincibile, Artù, ormai uomo, divenne re e costruì un nuovo regno, una nuova nazione. Poteva sembrare poca cosa di fronte a tutti i potenti regni che sorgevano da secoli in tutto il continente, ma era solo un'apparenza perché Artù e i suoi fedeli compagni padroneggiavano ormai l'antico segreto che tanto il Tempio Nero temeva, l'arma che poteva rendere ogni uomo o donna più potente di ogni nemico o avversità e che nessuno aveva mai potuto cancellare se non nei ricordi perché risiedeva nel profondo dell'anima umana: il Santo Graal.
Intorno a questa conoscenza Artù aveva ricostituito gli antichi Cavalieri del Graal che ora, sedendo intorno alla grande tavola, si chiamavano Cavalieri della Tavola Rotonda.
Guardando a Camelot e ai Cavalieri come a una nuova speranza, assetati e ansiosi di bere al Graal della libertà e dell'illuminazione, sempre più persone si ribellavano contro i Neri Esecutori e i sovrani che controllavano.

Fino a quando tutta l'Europa ancora sottomessa fu chiamata dal Tempio Nero a una crociata contro Camelot per spazzarla via.
Sotto la guida e la predicazione feroce dei Neri Esecutori e dei gendarmi, decine di migliaia di soldati si radunarono e marciarono contro Camelot, Vennero dalle sponde del grande oceano, dal Mediterraneo, dalle steppe dell'est e dal gelido nord. Portavano con sé armi, cavalli, rifornimenti infiniti e un odio immenso verso tutto ciò che era buono, convinti dalla superstizione che solo con questa violenza avrebbero salvato il mondo.
Erano centinaia di volte più numerosi di tutti i combattenti di Artù e non potevano essere sconfitti in battaglia... non in una battaglia normale almeno. Merlino parlò dunque ad Artù: " Il tempo è contro di noi. Presto gli eserciti nemici supereranno le montagne e le paludi che circondano la nostra fortezza e ci circonderanno. Dobbiamo prepararci a resistere ma dobbiamo anche recuperare un oggetto che ci aiuterà nella lotta. Una spada".
"Ne ho già una" rispose Artù toccando con la mano l'impugnatura della Spada nella Roccia che portava al fianco.
"Te ne serve un'altra. La Spada nella Roccia ha custodito la saggezza e la testimonianza della cavalleria. Una nuova arma ti darà la forza di proteggere Camelot da ogni avversario. Ora i tempi sono pronti affinché tu te ne impossessi. Essa non giace lontano da dove hai trovato la tua prima spada, nella foresta in cui hai iniziato la tua istruzione. Là dovrai recarti in fretta e trovare il laghetto incantato nelle vicinanze. La tua nuova spada è stata forgiata sotto la superficie di quelle acque da una ninfa che per secoli ha vegliato sul corso degli eventi"
Senza fare troppe domande, come era sua solito dopo anni di approfondita conoscenza con il suo maestro, Artù si mise in cammino. La guerra incombeva e lui doveva affrontare diversi giorni di viaggio a cavallo in un territorio pericoloso.
Per un'intera settimana Artù cavalcò, tenendosi lontano dalle città e dai villaggi, accompagnato solo dai suoi sogni e dai suoi pensieri, fino a che non riconobbe la foresta in cui da ragazzo aveva incontrato Merlino, i resti ormai abbandonati della sua capanna e la grande roccia in cui aveva trovato conficcata la spada che ancora portava con sé.
Poche decine di metri più in là, proprio dove lo ricordava, al centro di una radura e coperto quasi magicamente da un tetto naturale di vegetazione, stava il laghetto con le acque brillanti color di smeraldo.
Artù si inginocchiò sul bordo osservando quell'acqua soprannaturale e toccandola leggermente con la mano, cercando di intuire cosa avrebbe dovuto fare. D'un tratto l'acqua davanti ad Artù iniziò a ribollire e mescolarsi assumendo magicamente i contorni di una frase scritta sulla superficie: "A nessuno servono due spade", diceva il laghetto.
Artù capì. Estrasse dal fodero la Spada nella Roccia e la appoggiò sulla superficie. Senza che il re si sorprendesse, la spada galleggiò e fu portata dal moto delle acque al centro dove pian piano iniziò a scendere fino a scomparire alla vista.
Poco dopo le acque iniziarono di nuovo ad agitarsi, questa volta con un movimento che dal centro del lago si avvicinava alla riva verso Artù. Pian piano, dalle acque emerse qualcosa di lucente... emerse sempre di più e sempre più luminosa sino a rivelarsi per ciò che Merlino aveva previsto. Una magnifica spada che brillava con tutta la Luce del Creato, sorretta da una misteriosa mano che emergeva di poco dalla superficie.
Artù allungò le braccia e afferrò con attenzione la bellissima spada. In quel momento iniziò ad emergere dall'acqua una bellissima figura di donna, la stessa creatura che evidentemente aveva retto la spada sott'acqua pochi istanti prima, e fece qualche passo indietro in segno di rispetto perché quella donna doveva essere certamente una di quelle Creature di Luce che negli ultimi anni lui e i suoi combattenti avevano aiutato a rivelarsi e radunarsi.
"Sono una ninfa – disse la figura intuendo i pensieri di Artù – E, proprio come il tuo insegnante Merlino, ero qui secoli fa il giorno in cui sono finiti i Cavalieri del Graal ed è stato allo stesso tempo gettato il seme della loro rinascita. Io ero qui e come Merlino ho assistito al gesto del cavaliere Leo, che già conosci, alla sua ribellione, al suo addio alla cavalleria".
"In questo laghetto – proseguì la ninfa – Leo aveva gettato la sua armatura e per secoli le acque hanno custodito il metallo e lo hanno intriso di potere magico. Ora che i tempi sono maturi, sono tornata, dopo che io stessa avevo abbandonato questi luoghi, e ho ripreso a vivere in queste acque. Mentre attendevo la venuta di un nuovo Cavaliere, con quell'armatura che è stata di Leo e con le mie arti magiche ho forgiato quest'arma per te... un'arma sacra, invincibile. Essa racchiude in sé tutto il potere di quel Dio in cui noi stessi siamo racchiusi. E' il segreto e il paradosso che la pervade e che solo tu puoi padroneggiare. Il suo nome è scolpito nel Sole e nella Luna: Excalibur".

Re Artù ammirò la sua nuova spada lucente per qualche lungo istante e iniziò a saggiarla fendendo l'aria davanti a sé. Quando volse di nuovo lo sguardo al laghetto la bellissima ninfa era scomparsa, sicuramente immersa di nuovo nelle acque. Artù osservò ancora qualche minuto la superficie limpida, sapendo che la creatura non sarebbe più riapparsa. Aveva compiuto la sua missione e ora era tornata al suo posto senza concedere a se stessa o ad altri nulla in più, nulla che non fosse necessario, come sempre avevano fatto le Creature di Luce per migliaia di anni.

Iniziò quindi il suo viaggio di ritorno verso Camelot con Excalibur al fianco. Montando a cavallo un tuono potente e sinistro esplose in lontananza proprio nella direzione del suo cammino. Era un rombo che ricordava ad Artù che la guerra ormai stava per iniziare e doveva sbrigarsi.

Quando Artù arrivò nelle vicinanze di Camelot, l'immenso esercito nemico si stava già accampando nelle pianure e nelle campagne intorno alla città. Ma per fortuna quel terreno, formato dalle arti magiche di Merlino e delle Creature, era pensato per proteggere la fortezza e lasciava sempre a chi lo conoscesse un passaggio sicuro e nascosto anche in presenza di molti soldati avversari.
Artù riuscì così a entrare tra le mura di Camelot senza essere visto e a prendere il comando della città poco prima che si scatenasse la battaglia.

I gendarmi e tutti gli altri nemici iniziarono a scagliare contro le mura di Camelot enormi massi di pietra e palle di fuoco con le loro macchine da guerra. I primi colpi si schiantarono contro la fortezza senza fare danni ma le mura non avrebbero resistito all'infinito.
Artù radunò i suoi dodici Cavalieri alla Tavola Rotonda e insieme recitarono una preghiera che risvegliasse in loro e nei loro combattenti il vero potere del Santo Graal, la Luce che nasce dentro ognuno di noi e che ci guida verso il bene. Come ultima invocazione, prima di andare in battaglia, tutti insieme ripeterono il giuramento degli antichi cavalieri:

Dedicherò la mia Anima alla Luce
Non combatterò per distruggere quel che odio
ma per difendere quel che amo
Giuro di proteggere sempre e ovunque i deboli, gli oppressi e i bambini
Lotterò per portare la Libertà, la Giustizia e la Verità

Guidò allora i suoi cavalieri e le Creature di Luce sulle mura tutto intorno alla città e ordinò che tutti si prendessero per mano l'un l'altro.
Poteva sembrare un ordine strano in una battaglia e infatti i gendarmi e i Neri Esecutori che li guidavano, a quella vista iniziarono a ridere e la loro risata malvagia riempì tutta la pianura e le campagne intorno a Camelot.
Ma la loro risata fu presto coperta da un canto che proveniva proprio dalle mura. Gli elfi, le streghe, i fauni e le fate, i maghi e le ninfe a centinaia stavano intonando tutti insieme un vero incantesimo e alla base delle mura di Camelot iniziò a formarsi una nuvola di energia dorata che pian piano prese a salire sino a proteggere tutta la città come una cupola. Quando i gendarmi ripresero a lanciare pietre e proiettili infuocati contro Camelot, questi si disintegrarono contro quella barriera magica, mentre le Creature di Luce continuavano la loro melodia.
Poi i soldati di Camelot che, al riparo dietro le mura, non stavano ancora partecipando alla battaglia, iniziarono a pregare e cantare anche loro come i Cavalieri del Graal avevano insegnato per dare ancora più forza alla Creature di Luce. E poco dopo anche tutti gli abitanti non combattenti, i bambini, i cuochi, i falegnami, le guaritrici, si unirono tutti insieme, tenendosi per mano tra le vie della città, ad alimentare con la propria energia e la propria devozione sincera quella barriera magica rafforzandola oltre ogni limite.
Fu allora che appena sotto la cupola dorata apparvero strane strisce azzurre che sembravano volare sotto la sua superficie assumendo man mano una forma sempre più definita sino a rivelarsi come le più potenti Creature di Luce che si potessero invocare: gli angeli. Volteggiavano vicino alla barriera unendo il proprio canto a quello di tutti gli altri e al loro passaggio una cascata celeste scendeva lungo la superficie dorata sino a trasformarsi in onde di energia che partivano dalle mura verso i soldati nemici e le loro macchine da guerra spingendoli via con forza, ma senza uccidere o ferire nessuno.
Re Artù si volse a guardare soddisfatto quell'incredibile e soprannaturale spettacolo. Finché la barriera avesse retto nessun filo di oscurità, nemmeno il buio di una notte senza Luna, sarebbe entrato in città

Mai i Neri Esecutori, che come Merlino aveva spiegato custodivano segretamente l'antico potere della Luce, avevano visto una simile potenza e i loro sacerdoti più importanti si consultarono per decidere come attaccare Camelot.
La barriera magica era impenetrabile per loro che non sapevano lanciare incantesimi. Ma non poteva durare per sempre perché era alimentata da creature e da persone che a loro volta non avrebbero potuto resistere al'infinito.
Lasciarono quindi che passassero il pomeriggio e la notte e l'indomani iniziarono di nuovo a scagliare contro Camelot ogni sorta di proiettili. Di nuovo tutti si unirono nell'incantesimo che proteggeva la città con la barriera magica con gli stessi effetti, ma questa volta i Neri Esecutori, senza rispetto per le vite dei loro stessi soldati, ordinarono ai gendarmi di iniziare ad assalire la città con le armi in pugno per cercare di aprirsi un passaggio.
Quei poveri uomini, a migliaia, si lanciarono contro la barriera sperando di passare laddove nemmeno le loro immense pietre erano riuscite, convinti dalle parole degli Esecutori che la magia di Camelot poteva fermare solo i corpi inanimati. Avevano mentito, e molti gendarmi finirono inutilmente scaraventati a terra, scottati dal tocco di quell'energia, schiacciati dai propri stessi compagni e alcuni, purtroppo, morirono.
Ma ogni loro assalto costringeva le Creature di Luce e la gente di Camelot e intonare l'incantesimo con sempre maggiore forza e col passare delle ore le energie iniziarono a diminuire mentre l'immenso esercito nemico continuava i suoi assalti.

Artù, che aveva lasciato il cerchio per fare un giro intorno alle mura, sapeva che Camelot non poteva limitarsi a difendersi all'infinito in quel modo e che presto i suoi combattenti non avrebbero avuto abbastanza forza per alcun genere di azione.
Poiché, come prevedibile, i Neri Esecutori non avevano intenzione di ritirarsi, bisognava attaccarli e costringerli ad arrendersi.
Artù si ritirò qualche minuto in un piccolo Tempio del Graal che sorgeva al centro della fortezza proprio sopra la stanza della Tavola Rotonda e lì venne raggiunto da Merlino. Si inginocchiò davanti alle vetrate colorate attraverso cui passava la luce del giorno tenendo ben stretta Excalibur in mano per concentrarsi e chiamare a sé il potere della spada.
Merlino gli spiegò: "Ciò che i combattenti di Camelot hanno fatto sinora è servito solo per difendersi. Ora dovrai incanalare tutto il loro potere in Excalibur per scacciare i nostri nemici. Il potere di quell'arma è invincibile purché si abbia fede in essa".
Artù passò tutto il resto del giorno e la notte in profonda meditazione con la spada tra le mani, rimandendo in silenzio, immobile e con gli occhi chiusi tanto da sembrare quasi addormentato. Con i poteri dei Cavalieri del Graal che aveva appreso in quegli anni poteva sentire tutta la forza generata dai difensori della fortezza e dalla loro magia che scorreva tutti intorno. La sentiva diminuire col passare delle ore mentre la ferocia e l'aggressività dei loro nemici continuava. Ma lui ora era un Cavaliere del Graal completo e poteva servirisi di entrambe quelle forze per prepararsi.
All'alba, ai primi raggi del Sole, Artù aprì finalmente gli occhi. Merlino, che non lo aveva disturbato per tutte quelle ore, era ancora vicino a lui nel piccolo Tempio del Graal: "Pronto?" gli chiese.
"Pronto - rispose il re – Il Sole e la Luna tra i quali è scritto il nome di Excalibur oggi ci aiuteranno. L'ho sentito chiaramente".
Artù tornò finalmente sulle mura dove Cavalieri e Creature di Luce furono felici di rivederlo. Stavano resistendo senza riposo da moltissime ore e molti tra loro iniziavano a cedere e la barriera magica a indebolirsi, tanto che alcuni dei colpi scagliati dalle macchine da guerra nemiche iniziavano a superarla e schiantarsi contro le mura, mentre in alcuni punti soldati nemici erano riusciti a scalare la muraglia ed era stato necessario respingerli con le armi in pugno.
Artù scelse un punto da cui poteva vedere davanti a sé, nella pianura, il grosso dell'accampamento nemico con la maggior parte dei Gendarmi e dei Neri Esecutori che li guidavano. Da lì avrebbe lanciato il suo attacco solitario, per ottenere il massimo risultato possibile, ma non era ancora il momento. Qualcosa stava per accadere in cielo, anche se non sapeva bene cosa, ma era certo che lo avrebbe aiutato.
Aspettò... passarono ancora due ore, tre. Il Sole tornò alto nel cielo del pomeriggio e lui continuava immobile a fissare la pianura davanti a sé, mentre i difensori di Camelot, anche se sempre più stanchi, continuavano a resistere senza fare domande, sicuri che Artù avesse nella sua testa il piano giusto.
Poi finalmente qualcosa accadde. Un immenso disco apparve improvvisamente in cielo davanti al Sole. Poco alla volta avanzava limitando sempre più la luce del giorno ed era evidente che presto l'avrebbe oscurato quasi del tutto. A quella strana vista i gendarmi, non sapendo che quella era la Luna che in pieno giorno stava ruotando passando davanti al Sole generando un'eclisse, spaventati dal buio che stava calando in pieno giorno, si fermarono e sospesero la battaglia.
Era il momento che Re Artù aspettava, quello in cui poteva servirsi, come già durante le sue preghiere, del potere della Luce e di quello dell'Ombra. Artù aspettò che la Luna fosse proprio al centro del Sole, oscurandolo del tutto tranne che per una sottile corona tutta intorno, poi alzò la spada Excalibur sopra di sé per raccogliere allo stesso tempo la forza di quei raggi solari che ancora passavano e del cono d'ombra lunare. Excalibur si illuminò improvvisamente di un bagliore accecante, poi sembrò quasi incendiarsi e tutto intorno ogni cosa tremava.
Artù resse la spada sino a che non sentì in essa il massimo potere. Poi, con decisione, la calò e puntò verso il grande accampamento nemico. Un potente bagliore, una fiammata, lampi e scariche di energia divamparono dalla lama e si diressero con la forma di un drago verso la pianura. La potenza di Excalibur toccò terra tra le tende e i carri dell'esercito dei gendarmi e generò un'enorme esplosione che spazzò via tutto per centinaia di metri con un frastuono assordante, mentre lo spostamento d'aria faceva volare ogni cosa come in una tempesta.

Tutto intorno a Camelot inmprovvisamente calò il silenzio. Gendarmi e Neri Esecutori, a migliaia, giacevano a terra senza vita o feriti. Chi era sfuggito al potente attacco di Excalibur stava fuggendo verso le paludi. I difensori della fortezza avevano cessato il proprio canto lasciando spegnere la barriera magica che ormai non serviva più. Quando la Luna continuando il suo corso lasciò il Sole nuovamente scoperto, la luce del giorno tornò a splendere rivelando gli effetti di quanto accaduto.

La battaglia, anzi, la guerra era finita. Artù, Merlino, i Cavalieri della Tavola Rotonta e le Creature di Luce avevano vinto.

I combattenti e i difensori di Camelot passarono tra le mura il resto della giornata e tutta la notte seguente. Solo il giorno successivo il re, accompagnato da Merlino, dai dodici Cavalieri e da alcune Creature, uscì dirigendosi a piedi verso ciò che restava degli accampamenti nemici.
Camminarono tra rovine, tende e carri bruciati, persone a terra senza vita.
Non era però con quella sofferenza che il nuovo mondo poteva essere costruito, altrimenti sarebbe stato uguale al precedente, al mondo del Tempio Nero, dei Neri Esecutori, delle Creature di Luce perseguitate e imprigionate e del mistero del Graal nascosto alla gente.

Di nuovo, i Cavalieri e le Creature di Luce si presero per mano in mezzo a quel silenzio e quella rovina. Raccolsero tutte le proprie forze e intonarono un nuovo canto... non più un canto di guerra, stavolta, ma un canto di vita.
Una strana onda magica iniziò a spargersi tutto intorno a terra... e pian piano le persone morte iniziarono a tornare in vita, a riprendere conoscenza, a rialzarsi, stupite da quel che era capitato e cercando di capire cosa fosse successo. E, soprattutto, illuminate da quella incredibile esperienza.
Quando tutti si furono ripresi e gli effetti della battaglia furono cancellati, Artù comandò ai gendarmi e agli esecutori riportati in vita di tornare alle proprie case. Non era solo la guerra ad essere finita, ma un'intera epoca di oscurità. La Luce si sarebbe espansa da Camelot in tutta Europa e sarebbe stata patrimonio di tutti così che il male non sarebbe mai più potuto tornare.

Poi il re salutò i suoi amici e combattenti per un ultimo viaggio. I dodici Cavalieri della Tavola Rotonda sarebbero tornati a prendersi cura di Camelot. Le Creature di Luce, ormai senza più nulla da temere, sarebbero pian piano tornate a popolare il mondo e convivere con la gente comune.
"Sicuro di quel che stai per fare?" Chiese Merlino ad Artù prima della sua ultima partenza.
"Sicurissimo" rispose il re con un sorriso. E in quell'espressione serena, liberata forse dagli ultimi anni di severità e responsabilità, Merlino rivide il ragazzo di sedici anni che un tempo aveva accolto e guidato come un figlio, quando tutto ancora poteva essere felicità e spensieratezza.

Solo col suo cavallo, Artù tornò ancora alla foresta dove aveva conosciuto il suo maestro, dove aveva trovato la Spada nella Roccia e dove la ninfa aveva per lui forgiata Excalibur.
E proprio Excalibur era venuto a restituire.
Artù si inchinò sulle sponde del laghetto dove già era stato pochi giorni prima e dove il cavaliere Leo, un tempo, aveva messo al sicuro ciò che rimaneva dell'antica cavalleria.
"Sono venuto a riportare ciò che non serve più a me o ad altri" disse, sapendo che la ninfa del lago lo stava ascoltando da sotto la superficie.
E così Artù posò delicatamente sulle acque Excalibur, che galleggiò magicamente, e la spinse verso il centro dove pian piano si immerse nelle profondità del lago.
Poi, attraverso il tetto naturale di vegetazione, guardò il cielo e un'ultima volta, con le mani unite a coppa, ripetè il gesto del giuramento dei Cavalieri del Graal e raccolse dentro di sé la luce del Sole chi filtrava tra le fronde.
Infine si rialzò. Pose un piede dentro l'acqua. Poi l'altro. E iniziò a camminare, finendo, un passo dopo l'altro, sempre più immerso nel laghetto. Continuò come se nulla fosse, sereno, finendo poi completamente sott'acqua, mentre il suo corpo si tramutava lentamente in un'aura dorata di energia e diventava tutt'uno con il lago... sino a sparire.

Era l'ultimo dono che re Artù, il primo cavaliere della nuova epoca, lasciava all'umanità.
Insegnare che gli esseri umani sono perfetti così. Che non hanno bisogno di un re. Di Cavalieri. Di Creature di Luce. Di spade magiche. Loro sono già tutto ciò che serve. Sono la Luce che troppo spesso cercano al di fuori e che invece portano già in sé.

Gli esseri umani erano, sono e saranno il Santo Graal.


2 commenti:

Simone ha detto...

Amici miei... di seguito i collegamenti ordinati a tutti gli episodi della saga del Graal nel corretto ordine di lettura:

- primo episodio, "I Cavalieri del Graal", https://arcadianet.blogspot.com/2018/04/i-cavalieri-del-graal-fiaba-per-bambini.html

- secondo episodio, "Leo, l'ultimo cavaliere", https://arcadianet.blogspot.com/2018/11/fiaba-per-bambini-leo-lultimo-cavaliere.html

- terzo episodio, "Artù e il ritorno del Santo Graal - 1a parte", https://arcadianet.blogspot.com/2019/07/artu-e-il-ritorno-del-santo-graal-1a.html

- quarto episodio "Chi è Merlino?", https://arcadianet.blogspot.com/2019/07/artu-e-il-ritorno-del-santo-graal-chi-e.html

Fedora Rigotti ha detto...

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